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Incaricato di pubblico servizio: il caso degli operatori

La Corte di Cassazione ha stabilito che gli operatori ecologici di una ditta privata che gestisce un servizio comunale possono essere qualificati come ‘incaricato di pubblico servizio’. La sentenza si basa sulla natura delle loro mansioni, che non erano meramente manuali ma includevano compiti di vigilanza e valutazione discrezionale dei rifiuti conferiti. Di conseguenza, è stato confermato il reato di peculato per alcuni operatori che si erano appropriati indebitamente di materiali riciclabili per venderli a terzi.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Incaricato di pubblico servizio: la qualifica si estende all’operatore ecologico

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un’importante questione giuridica: un operatore ecologico dipendente di una società privata che gestisce un appalto comunale può essere considerato un incaricato di pubblico servizio? La risposta affermativa della Corte ha conseguenze dirette sulla configurabilità di reati contro la Pubblica Amministrazione, come il peculato.

I Fatti del Caso

Tre operatori ecologici, dipendenti di una società aggiudicataria dell’appalto per la gestione dei rifiuti in un comune, erano stati posti agli arresti domiciliari. L’accusa era quella di peculato, in quanto, in qualità di addetti a un’isola ecologica, si erano impossessati di rifiuti “nobili” (materiali di valore come metalli e altri riciclabili) conferiti dai cittadini, per poi venderli illecitamente a terzi ricavandone un profitto personale.

La difesa degli imputati aveva proposto ricorso in Cassazione sostenendo che gli operatori non potessero essere qualificati come incaricati di un pubblico servizio. Secondo i legali, i loro compiti erano puramente manuali ed esecutivi: prendere in consegna i rifiuti, inserirli negli appositi cassonetti e compilare una scheda. Un ruolo, a loro dire, paragonabile a quello di un usciere, privo di qualsiasi potere decisionale o valutativo.

La qualifica di incaricato di pubblico servizio

Il fulcro del ricorso verteva sulla corretta interpretazione dell’art. 358 del Codice Penale. La difesa sosteneva la mancanza di poteri decisionali o di discrezionalità in capo agli operatori, elementi che avrebbero escluso la qualifica di incaricato di pubblico servizio. La loro attività, secondo questa tesi, si limitava a mansioni di ordine e alla prestazione di un’opera meramente materiale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno chiarito che, a seguito della riforma del 1990, la qualifica pubblicistica di un’attività non dipende più dal rapporto di dipendenza formale con un ente pubblico, ma dalla natura dell’attività stessa. Ciò che conta è il contenuto del servizio svolto.

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato come le mansioni degli operatori ecologici non fossero affatto meramente esecutive. Essi svolgevano compiti di custodia e vigilanza dell’area, ma soprattutto avevano funzioni valutative cruciali. Era loro responsabilità:

* Distinguere tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.
* Identificare i materiali destinati allo smaltimento rispetto a quelli destinati al recupero.
* Valutare la conferibilità dei rifiuti, potendo anche rifiutarli se non conformi alla normativa, per tutelare la salute, l’ambiente e la sicurezza.

Queste attività, hanno concluso i giudici, presuppongono una “valutazione discrezionale” a monte e una “autonoma decisione” a valle, che vanno ben oltre il semplice lavoro manuale. Pertanto, la qualifica di incaricato di pubblico servizio è stata correttamente attribuita.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per determinare la qualifica di incaricato di pubblico servizio, è necessario guardare alla sostanza delle mansioni svolte (criterio funzionale) e non alla forma del rapporto di lavoro. Anche un dipendente di un’azienda privata può assumere tale status se l’attività che compie è disciplinata da norme di diritto pubblico e implica poteri di valutazione e discrezionalità, seppur minimi. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso a tutela del corretto funzionamento dei servizi pubblici, anche quando gestiti da soggetti privati in appalto.

Un operatore ecologico dipendente di una ditta privata può essere considerato un incaricato di pubblico servizio?
Sì, secondo la Corte di Cassazione la qualifica non dipende dal rapporto di impiego (pubblico o privato), ma dalla natura dell’attività svolta. Se il servizio è disciplinato da norme pubbliche e le mansioni non sono puramente materiali ma includono compiti di valutazione e controllo, l’operatore assume tale qualifica.

Quali compiti specifici hanno portato la Corte a riconoscere la qualifica di incaricato di pubblico servizio?
La Corte ha valorizzato le mansioni di custodia e vigilanza dell’area, ma soprattutto le funzioni valutative sulla natura dei rifiuti conferiti. In particolare, la necessità di distinguere tra rifiuti pericolosi e non, decidere sulla loro destinazione (smaltimento o recupero) e valutare se accettarli o meno in base alla normativa.

Perché è stata rigettata la tesi difensiva che paragonava gli operatori a meri esecutori o uscieri?
La tesi è stata rigettata perché i compiti degli operatori non si limitavano a un’azione meccanica. Essi dovevano esercitare una valutazione discrezionale sulla tipologia e natura dei rifiuti e prendere la decisione autonoma di accettarli o rifiutarli, attività che supera le semplici mansioni d’ordine o meramente materiali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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