LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso: ubriachezza non giustifica

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato sosteneva la mancanza di dolo e l’incapacità dovuta a ubriachezza, ma la Corte ha ribadito che l’intossicazione volontaria da alcol non esclude la responsabilità penale e che le censure erano una mera richiesta di rivalutazione dei fatti, non ammissibile in sede di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ubriachezza e Resistenza: La Cassazione sull’Inammissibilità del Ricorso

La recente ordinanza della Corte di Cassazione sul tema dell’inammissibilità ricorso offre spunti fondamentali sulla responsabilità penale in stato di ubriachezza. Il caso riguarda un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale che ha tentato di giustificare le proprie azioni adducendo uno stato di alterazione alcolica. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato la questione, confermando principi consolidati del nostro ordinamento.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Roma per il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.), ha presentato ricorso per Cassazione. La sua difesa si basava principalmente su due argomenti:
1. L’assenza del dolo specifico richiesto dalla norma, ovvero la volontà cosciente di opporsi a un atto d’ufficio.
2. La mancata applicazione delle norme sull’incapacità di intendere e di volere (artt. 88 e 89 c.p.) o, in subordine, sulla cronica intossicazione da alcol (art. 95 c.p.), a causa del suo stato di ubriachezza al momento dei fatti.

Secondo il ricorrente, la sua condizione psicofisica alterata avrebbe dovuto escludere la sua colpevolezza.

La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità Ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a un livello precedente, stabilendo che le ragioni presentate dal ricorrente non erano idonee a essere esaminate in quella sede. Di conseguenza, la condanna è diventata definitiva e al ricorrente sono state addebitate le spese processuali e una sanzione pecuniaria.

Le Motivazioni della Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda su argomentazioni precise che ribadiscono i limiti del giudizio di legittimità e i principi in materia di imputabilità.

La Rivalutazione dei Fatti non è Compito della Cassazione

Il primo e fondamentale motivo di inammissibilità risiede nella natura delle doglianze sollevate. La Corte ha osservato che le argomentazioni del ricorrente non denunciavano un errore nell’applicazione della legge, ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove (le “fonti probatorie”). Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità, il cui compito è verificare la corretta interpretazione delle norme, non ricostruire i fatti. I motivi, inoltre, sono stati giudicati come meramente riproduttivi di censure già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello.

L’Ubriachezza Volontaria e la Responsabilità Penale

La Corte ha affrontato direttamente il punto sull’ubriachezza. Ha richiamato il consolidato principio secondo cui lo stato di alterazione psicofisica dovuto all’assunzione volontaria di alcol non esclude né diminuisce l’imputabilità. In altre parole, chi sceglie di bere fino a ubriacarsi e poi commette un reato non può usare il suo stato come scusante. La Corte ha inoltre precisato che nel processo non era mai stata dedotta una condizione di intossicazione cronica, l’unica che avrebbe potuto, in astratto, incidere sull’imputabilità ai sensi dell’art. 95 c.p. Di conseguenza, le condotte di violenza e minaccia poste in essere per opporsi agli atti della polizia sono state correttamente attribuite alla piena responsabilità dell’imputato.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma due importanti lezioni. In primo luogo, dal punto di vista procedurale, evidenzia che un ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legittimità (errori di diritto) e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. I motivi devono essere specifici e non una generica riproposizione di argomenti già vagliati. In secondo luogo, sul piano del diritto penale sostanziale, ribadisce un principio cardine: la responsabilità personale per le azioni commesse in stato di ubriachezza volontaria. Salvo il caso eccezionale e patologico dell’intossicazione cronica, chi commette un reato dopo aver assunto alcol non può invocare una diminuzione della propria capacità di intendere e di volere per sfuggire alle conseguenze penali.

L’ubriachezza volontaria può essere usata come scusa per il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No. Secondo l’ordinanza, l’alterazione psicofisica derivante dall’assunzione volontaria di alcol non esclude né diminuisce l’imputabilità e, quindi, la responsabilità penale per il reato commesso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non denunciavano errori di diritto, ma si limitavano a chiedere una nuova valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione. Inoltre, i motivi erano generici e riproducevano censure già respinte dal giudice di merito.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base a quanto stabilito in questo provvedimento, alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati