LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso stupefacenti: la decisione

La Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso stupefacenti di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. I motivi sono stati ritenuti non specifici e meramente ripetitivi delle argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, che aveva correttamente escluso l’uso personale basandosi su peso, principio attivo e confezionamento della sostanza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: Quando l’Appello è Destinato a Fallire

L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso per stupefacenti davanti alla Corte di Cassazione, delineando i requisiti di specificità che un’impugnazione deve possedere per superare il vaglio di legittimità. Quando i motivi di ricorso sono generici o si limitano a riproporre questioni già decise, l’esito è quasi sempre una condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, senza che il merito della questione venga riesaminato.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, nella sua forma di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. Non accettando la condanna, proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali argomentazioni: l’assenza dell’elemento soggettivo del reato e l’erronea valutazione della destinazione della sostanza, a suo dire per uso esclusivamente personale.

Le Ragioni dell’Inammissibilità del Ricorso Stupefacenti

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per due ragioni distinte ma complementari, che evidenziano errori comuni nella redazione dei ricorsi di legittimità.

Primo Motivo: Mancanza di Specificità

Il ricorrente contestava l’insussistenza dell’elemento soggettivo (il dolo), ma secondo la Corte lo faceva in modo del tutto generico. Il motivo di ricorso era “privo di specificità” perché non si confrontava criticamente con la motivazione della sentenza impugnata. In altre parole, non basta affermare di non avere avuto l’intenzione di spacciare; è necessario smontare punto per punto il ragionamento logico-giuridico con cui il giudice di merito ha invece accertato quella volontà, dimostrando un vizio di legge o un’illogicità manifesta. Un’affermazione generica non è sufficiente.

Secondo Motivo: Ripetitività della Censura

Il secondo motivo, relativo alla destinazione della sostanza ad uso personale, è stato giudicato come la mera riproposizione di una tesi difensiva già ampiamente esaminata e motivatamente respinta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima aveva correttamente basato la sua decisione su criteri oggettivi e consolidati, quali:
* Il dato ponderale: la quantità complessiva della sostanza sequestrata.
* Il principio attivo: la concentrazione della componente drogante.
* Le modalità di confezionamento: la suddivisione in dosi o altre modalità che suggeriscono una preparazione per la vendita a terzi.
Poiché il ricorso non introduceva nuovi elementi di diritto o vizi logici nella valutazione del giudice di merito, ma si limitava a ripetere una tesi già disattesa, è stato considerato inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti, ma controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato le loro decisioni in modo logico e coerente. Un ricorso è ammissibile solo se evidenzia specifici errori di diritto o vizi di motivazione. I motivi generici, che non si confrontano con le argomentazioni della sentenza impugnata, o quelli che ripropongono questioni di fatto già decise, non hanno spazio in questa sede. La decisione di condannare il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende funge da sanzione per aver attivato inutilmente il complesso meccanismo della giustizia di ultima istanza.

Conclusioni

Questa ordinanza serve da monito: per avere una chance di successo in Cassazione, un ricorso deve essere tecnicamente impeccabile. È essenziale che l’atto individui con precisione i vizi della sentenza impugnata, argomentando in punto di diritto e non semplicemente riproponendo la propria versione dei fatti. In caso contrario, come dimostra la vicenda in esame, l’esito non sarà solo il rigetto, ma anche una condanna economica che si aggiunge a quella già subita nei gradi di merito.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché il primo motivo era privo di specificità, non confrontandosi adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, e il secondo era una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte con motivazione corretta dal giudice di merito.

Quali elementi ha considerato il giudice per escludere l’uso personale della sostanza?
Per escludere la destinazione all’uso personale, il giudice ha valutato una serie di criteri oggettivi, tra cui il dato ponderale (la quantità), la percentuale di principio attivo e le specifiche modalità di confezionamento della sostanza, ritenendoli indicativi dell’intenzione di cederla a terzi.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la conferma della condanna impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, che in questo caso è stata fissata in tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati