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Inammissibilità ricorso stupefacenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per detenzione e spaccio di stupefacenti. Il ricorso è stato respinto perché le censure sollevate riguardavano il merito dei fatti, già valutati correttamente dai giudici precedenti. La gravità del reato, accentuata dalla detenzione di 18,5 grammi di cocaina e dalla cessione di hashish in presenza di un minore, ha giustificato sia l’esclusione della non punibilità per particolare tenuità del fatto, sia la conferma della pena e della recidiva. L’ordinanza ribadisce che il giudizio di legittimità non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: La Cassazione Conferma la Condanna

Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, dichiarando l’inammissibilità del ricorso stupefacenti presentato dall’imputato. Questa ordinanza, la n. 18568/2024, offre spunti importanti per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e i criteri utilizzati per valutare la gravità dei reati in materia di droga, specialmente quando sono coinvolti dei minori.

I Fatti del Processo

Il ricorrente era stato condannato nei gradi di merito per reati legati agli stupefacenti. Nello specifico, era stato trovato in possesso di 18,5 grammi di cocaina, già suddivisi in 28 involucri pronti per la vendita. Inoltre, era stato colto nell’atto di cedere una dose di hashish a un’altra persona. A rendere il quadro ancora più grave era la circostanza che la cessione fosse avvenuta in presenza di un soggetto minorenne.

Contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando censure che, tuttavia, sono state ritenute non ammissibili nel giudizio di legittimità.

La Decisione della Cassazione: I Limiti del Ricorso e l’Inammissibilità

Il punto centrale della decisione è la natura del giudizio di Cassazione. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di valutare nuovamente le prove, attività che spettano ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il suo ruolo è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso in esame, il ricorso dell’imputato si concentrava su aspetti fattuali già ampiamente esaminati e decisi, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove. La Corte ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello era esente da vizi logici o giuridici e, pertanto, le censure erano inammissibili.

Le Motivazioni della Condanna

I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza del ragionamento seguito nei gradi precedenti. La Corte ha evidenziato diversi elementi che hanno giustificato sia la condanna sia la determinazione della pena:

1. Esclusione della non punibilità: È stata respinta l’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale (particolare tenuità del fatto). La quantità di cocaina (18,5 grammi), la suddivisione in 28 dosi, la cessione di hashish e, soprattutto, la presenza di un minore sono stati considerati elementi indicativi di una “seria gravità” del fatto, incompatibile con l’ipotesi di lieve entità.

2. Riconoscimento della recidiva: La Corte ha ritenuto giustificato il riconoscimento della recidiva, basandosi non solo sul precedente penale specifico, ma anche sulla “maggiore capacità a delinquere” dimostrata dall’imputato attraverso la vendita di stupefacenti e la detenzione illecita in presenza di un minore.

3. Congruità della pena: La pena inflitta è stata giudicata adeguata e non arbitraria, in quanto determinata nel rispetto dei criteri stabiliti dall’art. 133 del codice penale.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce che un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Quando i giudici dei gradi precedenti hanno valutato le prove in modo logico e coerente, senza violare norme di legge, la Suprema Corte non può fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso. In questo caso, la condanna dell’imputato è diventata definitiva, con l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse alla sentenza d’appello riguardavano la valutazione dei fatti e delle prove, aspetti che non possono essere riesaminati dalla Corte di Cassazione. Il suo compito è solo verificare la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e la logicità della motivazione, che in questo caso erano presenti.

Quali elementi hanno impedito l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’applicazione di tale causa di non punibilità è stata esclusa a causa della “seria gravità” del fatto, desunta da più elementi: il possesso di 18,5 grammi di cocaina suddivisi in 28 dosi, la cessione di hashish e, in particolare, la circostanza che lo spaccio sia avvenuto in presenza di un minore.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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