Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: Quando la Consapevolezza si Desume dai Fatti
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi affronta un tema cruciale nel diritto penale degli stupefacenti: l’inammissibilità del ricorso stupefacenti quando i motivi proposti mirano a una rivalutazione dei fatti già logicamente accertati dai giudici di merito. Il caso riguarda il trasporto di un’ingente quantità di cocaina e la questione della piena consapevolezza del corriere.
I Fatti di Causa
Il ricorrente era stato condannato per aver trasportato diciannove chilogrammi di cocaina a bordo di un furgone. In sua difesa, l’imputato aveva proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti. In primo luogo, sosteneva di non essere pienamente consapevole dell’enorme quantitativo di droga trasportata, chiedendo quindi l’esclusione di un’aggravante specifica. In secondo luogo, contestava la decisione della Corte d’Appello di non concedergli le circostanze attenuanti generiche.
Le indagini e le dichiarazioni dello stesso imputato avevano rivelato che egli aveva effettuato numerosi viaggi simili, percependo un compenso molto elevato, tra i sei e gli ottomila euro per ogni trasporto. Questo elemento economico è diventato un punto focale nella valutazione della sua consapevolezza.
Le Motivazioni della Corte sull’Inammissibilità Ricorso Stupefacenti
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, confermando la decisione impugnata. Le motivazioni fornite sono di grande interesse per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.
La Consapevolezza e la Valutazione dei Fatti
Sul primo motivo, relativo alla presunta inconsapevolezza del quantitativo di stupefacente, la Cassazione ha chiarito un principio fondamentale. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché di “natura valutativa”, ovvero tendeva a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. Quest’ultima, infatti, non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un giudice della legittimità delle decisioni.
La Corte ha ritenuto che il ragionamento della Corte d’Appello fosse pienamente logico e non implausibile. L’elevatissimo compenso percepito per ogni viaggio trovava una giustificazione plausibile solo nell’ingente quantitativo di droga trasportata. È stato considerato inverosimile che chi affida un carico di tale valore non metta al corrente il trasportatore della sua entità, almeno in termini generali. Pertanto, la piena consapevolezza del ricorrente è stata correttamente desunta da elementi fattuali concreti.
La Negazione delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo, riguardante il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato ritenuto inammissibile. La Corte ha sottolineato come la decisione dei giudici di merito fosse basata su una valutazione di fatto non manifestamente illogica e, quindi, non criticabile in sede di legittimità.
La condotta “negativa” del ricorrente è stata decisiva. Egli aveva “pervicacemente” fornito generalità diverse alle autorità in più momenti: durante il controllo dei carabinieri, nell’interrogatorio di garanzia davanti al g.i.p. e persino alla polizia penitenziaria durante la detenzione. Questo comportamento, finalizzato a ostacolare la giustizia e a guadagnarsi l’impunità, è stato considerato un elemento ostativo alla concessione di qualsiasi beneficio premiale.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato. Le valutazioni sul merito dei fatti, se sorrette da una motivazione logica, coerente e non contraddittoria, non sono sindacabili in sede di legittimità. Nel caso specifico, elementi come l’alto compenso e la condotta processuale dell’imputato sono stati ritenuti indicatori sufficienti per fondare, rispettivamente, la piena consapevolezza del reato e l’assenza dei presupposti per una mitigazione della pena. La decisione di condannare il ricorrente anche al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende è la diretta conseguenza processuale dell’inammissibilità di un ricorso presentato senza che vi fosse assenza di colpa.
È possibile contestare in Cassazione la valutazione del giudice sulla consapevolezza della quantità di droga trasportata?
No, se il motivo del ricorso si limita a una diversa valutazione dei fatti (definita di ‘natura valutativa’) e la motivazione della corte di merito non è manifestamente illogica. La Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della decisione.
Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti sono state negate a causa della condotta negativa e pervicace del ricorrente, il quale ha fornito generalità false in più occasioni (al momento del controllo, al giudice e alla polizia penitenziaria) nel tentativo di garantirsi l’impunità.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una sanzione pecuniaria (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13295 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13295 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il primo motivo del ricorso proposto da COGNOME NOME, che deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 59, comma 2, cod. pen. e 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, è inammissibile perché di natura valutativa – come risulta dal motivo stesso, che riporta ampi brani di prove dichiarative – e, comunque, non scandito dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata, la quale ha ribadito la piena consapevolezza del ricorrente in relazione al quantitativo di cocaina pari a diciannove chilogrammi, trasportato sul furgone condotto dallo stesso COGNOME -, sulla base delle dichiarazioni dell’imputato medesimo, il quale aveva riferito di aver effettuato cinque o sei viaggi per il trasporto di stupefacente percependo la somma di sei-otto mila euro per ogni viaggio, compenso elevato che – come ritenuto dalla Corte in maniera non implausibile sul piano logico trova giustificazione, appunto, nell’ingente quantitativo di droga trasportata, ed essendo inverosimile che, in considerazione del valore della merce, chi aveva affidato il carico al COGNOME non lo avesse messo al corrente del quantitativo di sostanza stupefacente da trasportare e custodire;
ritenuto che il secondo motivo, che eccepisce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è parimenti inammissibile, avendo la Corte di merito, con una valutazione di fatto non manifestamente illogica, e quindi non censurabile in sede di legittimità – ribadito l’assenza dei presupposti per una mitigazione della pena in ragione della negativa condotta del ricorrente, il quale ha pervicacemente fornito generalità diverse, anche per tentare di guadagnarsi l’impunità, al momento del controllo dai carabinieri, al g.i.p. in sede di interrogatorio di garanzia e financo alla polizia penitenziaria durante l’esecuzione della custodia in carcere;
letta la memoria del difensore AVV_NOTAIO, che, nel richiamare le argomentazioni dedotte nel ricorso, non aggiunge elementi di sostanziale novità;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15/03/2024.