Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del giudizio di legittimità, dichiarando l’inammissibilità di un ricorso stupefacenti presentato da un imputato condannato per un reato di lieve entità. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere non solo i limiti del ricorso in Cassazione, ma anche i criteri di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo nel dettaglio la pronuncia e le sue implicazioni.
I Fatti di Causa
Il caso nasce da un ricorso promosso da un individuo condannato dalla Corte d’Appello per violazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, una fattispecie che punisce i fatti di lieve entità legati al traffico di sostanze stupefacenti. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandolo su tre motivi principali: la contestazione della sua responsabilità penale, la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto) e la presunta eccessività della pena inflitta.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 4367/2024, ha dichiarato il ricorso integralmente inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle questioni sollevate, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che l’impugnazione non possedeva i requisiti necessari per essere esaminata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Analisi dei Motivi di Inammissibilità del Ricorso Stupefacenti
La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, evidenziando difetti strutturali che ne hanno precluso l’esame.
Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti nel Giudizio di Legittimità
Il primo motivo del ricorso è stato giudicato inammissibile perché, di fatto, chiedeva alla Corte di Cassazione di compiere una nuova e diversa valutazione delle prove. Il ricorrente non ha evidenziato vizi di legge o di motivazione nella sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal giudice di merito. La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un “terzo grado” di giudizio, ma si limita al controllo sulla corretta applicazione della legge (sindacato di legittimità), senza poter sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti.
La Non Applicabilità della “Particolare Tenuità del Fatto”
Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ritenuto manifestamente infondata la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La sentenza impugnata, infatti, aveva messo in luce come le modalità della condotta – in particolare la “dimestichezza” dell’imputato nel muoversi per procurarsi la sostanza e piazzarla immediatamente a chi l’aveva richiesta – fossero indicative di un fatto non particolarmente tenue. Questa valutazione, secondo la Cassazione, è dirimente e giustifica la non applicazione dell’istituto invocato.
La Genericità del Motivo sulla Pena
Infine, il terzo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato liquidato come “del tutto generico”. Il ricorrente si era limitato a lamentare una pena sproporzionata senza fornire argomentazioni specifiche o criticare in modo puntuale i criteri utilizzati dal giudice di merito per la sua determinazione. Un motivo così formulato non supera il vaglio di ammissibilità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche dell’Ordinanza
L’ordinanza in esame è un chiaro monito sull’importanza di redigere ricorsi per Cassazione che rispettino i rigidi paletti procedurali. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Non si può chiedere alla Cassazione di rifare il processo: I motivi di ricorso devono denunciare violazioni di legge o vizi logici manifesti della motivazione, non proporre una rilettura alternativa delle prove.
2. La “tenuità del fatto” non è automatica: Anche per i reati di lieve entità, l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. dipende da una valutazione complessiva della condotta, e la familiarità con dinamiche criminali può essere un elemento ostativo.
3. Un ricorso inammissibile costa caro: La dichiarazione di inammissibilità del ricorso stupefacenti (e di qualsiasi ricorso penale proposto “in colpa”) comporta non solo la condanna alle spese processuali, ma anche il pagamento di una sanzione pecuniaria, come previsto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano conformi ai requisiti di legge: il primo motivo chiedeva una rivalutazione delle prove, non consentita in Cassazione; il secondo era manifestamente infondato; il terzo era formulato in modo troppo generico.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Non è stata applicata perché, secondo la valutazione dei giudici, le modalità della condotta dell’imputato – in particolare la sua dimestichezza nel procurarsi e cedere la sostanza stupefacente – lasciavano trasparire una non particolare tenuità del fatto, rendendo l’istituto non applicabile.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente, quest’ultimo viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4367 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza indicata in epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
rilevato che il ricorso è inammissibile perché il primo motivo proposto, con cui il ricorrente ha censurato l’affermazione della responsabilità per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, è teso a sollecitare una rivalutazione e/o alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, e è meramente riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal Giudice di merito (si vedano le pagine 3 e 4 della sentenza impugnata);
considerato che il secondo motivo, concernente la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., è manifestamente infondato, atteso che le modalità della condotta, come descritte nella sentenza impugnata, in cui si è posta in risalto la dimestichezza dell’imputato nel muoversi e adoperarsi al fine di procacciarsi la sostanza stupefacente e di piazzarla immediatamente a colui che gliela aveva richiesta, lasciano trasparire la non particolare tenuità del fatto: il che è diriment al fine della valutazione in ordine all’applicabilità dell’istituto invocato;
rilevato, infine, che il terzo motivo è del tutto generico, essendosi il ricorrente limitato a dedurre l’eccessività della pena;
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000), della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023