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Inammissibilità ricorso stupefacenti: la Cassazione

La Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di due fratelli condannati per spaccio. Si chiarisce che una precedente condanna non crea ‘bis in idem’ se i fatti sono diversi. L’abitualità, che esclude la tenuità del fatto, può derivare da più reati giudicati insieme. Negate anche le attenuanti generiche per mancanza di prove di un lavoro lecito.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: la Cassazione su Bis in Idem e Tenuità del Fatto

Con l’ordinanza n. 757 del 2024, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di inammissibilità del ricorso per stupefacenti, fornendo chiarimenti cruciali su tre istituti fondamentali del diritto penale: il principio del ne bis in idem, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la concessione delle circostanze attenuanti generiche. La decisione ribadisce l’orientamento consolidato della giurisprudenza, respingendo le doglianze di due imputati condannati per plurimi reati di spaccio.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda due fratelli condannati dalla Corte d’Appello di Milano per diversi episodi di cessione di sostanze stupefacenti. Avverso tale sentenza, i due hanno proposto un unico ricorso per cassazione, basandolo su tre distinti motivi:
1. Per uno degli imputati, la violazione del principio del ne bis in idem, sostenendo di essere già stato giudicato per reati di spaccio commessi nello stesso periodo.
2. Per l’altro, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), data la lieve entità dei reati a lui ascritti.
3. Per entrambi, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

L’Inammissibilità del Ricorso Stupefacenti: I Tre Motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i motivi del ricorso, considerandoli in parte riproduttivi di censure già esaminate e respinte in appello, e in parte manifestamente infondati perché in contrasto con la giurisprudenza consolidata.

Il Principio del “Ne Bis in Idem”: Non si applica a fatti diversi

Il primo motivo è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che il divieto di un secondo giudizio (ne bis in idem) opera solo quando vi è identità del fatto storico. Nel caso di specie, il precedente procedimento a carico di uno degli imputati riguardava specifiche contestazioni di spaccio nei confronti di altri acquirenti. I fatti oggetto del nuovo processo erano, invece, distinti e diversi, sebbene commessi nello stesso arco temporale. La Cassazione ha sottolineato che una contestazione “aperta” non copre tutti gli episodi illeciti avvenuti in un dato periodo, ma solo quelli concretamente individuati e provati nel relativo processo.

La Particolare Tenuità del Fatto e il Comportamento Abituale

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La difesa invocava l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., ma la Corte ha ribadito che tale beneficio è escluso in presenza di un “comportamento abituale”. Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (sent. Tushaj, 2016), ha affermato che l’abitualità può essere desunta anche dalla commissione di più illeciti, persino se giudicati nello stesso procedimento. Nel caso in esame, i plurimi reati di spaccio commessi in un arco temporale non breve integravano proprio quella condotta abituale che osta al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Infine, la Corte ha respinto la censura sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La decisione della Corte d’Appello era basata su una motivazione logica e sufficiente: i ricorrenti non avevano fornito alcuna prova di svolgere una regolare attività lavorativa. Di conseguenza, il giudice di merito aveva legittimamente concluso che gli imputati vivessero, almeno in parte, con i proventi dell’attività di spaccio, un elemento che giustifica pienamente il diniego delle attenuanti.

Le Motivazioni della Decisione della Corte

La Suprema Corte ha basato la sua decisione di inammissibilità su argomentazioni solide e coerenti con i principi giuridici consolidati. La motivazione principale risiede nel fatto che i ricorrenti hanno proposto censure non consentite in sede di legittimità, tentando di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti, già adeguatamente ponderata nei gradi precedenti. Gli argomenti difensivi sono stati qualificati come “riproduttivi” di questioni già vagliate e disattese, e le doglianze relative al trattamento sanzionatorio sono state respinte a fronte di una motivazione sufficiente e non illogica della sentenza impugnata. In particolare, la Corte ha evidenziato come le tesi sul bis in idem e sulla tenuità del fatto si ponessero in “palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità”, rendendo il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza, pur non introducendo nuovi principi, consolida importanti orientamenti giurisprudenziali. In primo luogo, riafferma che il ne bis in idem richiede una perfetta sovrapponibilità del fatto storico, non essendo sufficiente una mera coincidenza temporale. In secondo luogo, conferma che la pluralità di reati, anche se unificati dal vincolo della continuazione e giudicati insieme, può configurare quel “comportamento abituale” che preclude l’applicazione della particolare tenuità del fatto. Infine, ribadisce che la concessione delle attenuanti generiche è una valutazione di merito del giudice, insindacabile in Cassazione se motivata in modo logico, come nel caso di mancata prova di fonti di reddito lecite. La decisione si conclude con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, conseguenza diretta della declaratoria di inammissibilità.

Quando si può dire che una persona viene processata due volte per lo stesso fatto (bis in idem)?
Il principio del ‘bis in idem’ si applica solo quando i fatti storici oggetto dei due processi sono esattamente gli stessi. Come chiarito dalla Corte, una precedente condanna per spaccio non impedisce un nuovo processo se questo riguarda episodi di cessione di stupefacenti diversi, con acquirenti diversi, anche se avvenuti nello stesso periodo di riferimento.

Commettere più reati nello stesso processo impedisce di ottenere il beneficio della particolare tenuità del fatto?
Sì, può impedirlo. La Corte ha confermato che il comportamento è considerato ‘abituale’, e quindi ostativo alla concessione del beneficio, quando l’autore ha commesso almeno due illeciti oltre a quello in esame. Questi illeciti possono essere anche quelli giudicati nello stesso procedimento, come nel caso di plurimi episodi di spaccio.

Per quale motivo la Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche sono state negate perché i ricorrenti non hanno dimostrato di svolgere una regolare attività lavorativa. La Corte d’Appello ha quindi logicamente dedotto che gli imputati vivessero, almeno in parte, con i proventi dello spaccio, e questa valutazione di merito è stata ritenuta corretta e non sindacabile dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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