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Inammissibilità ricorso stupefacenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti. La decisione si fonda sulla pianificazione del viaggio (oltre 120 km) e sul quantitativo non minimale (89 grammi) della sostanza acquistata, elementi che hanno reso il ricorso manifestamente infondato, configurando una colpa nell’impugnazione. L’inammissibilità ricorso stupefacenti è stata quindi confermata con condanna alle spese e a un’ammenda.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: Quando l’Appello è Destinato a Fallire

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di inammissibilità del ricorso stupefacenti quando i fatti contestati sono talmente evidenti da rendere l’impugnazione un atto quasi temerario. Questo principio sottolinea che il diritto di difesa non può tradursi in un abuso degli strumenti processuali. Analizziamo come la pianificazione di un viaggio e la quantità di droga acquistata possano sigillare l’esito di un ricorso, portando a conseguenze economiche significative per chi lo propone.

Il Contesto del Caso Giudiziario

I fatti alla base della decisione sono emblematici. Un soggetto, dopo essere stato condannato in appello, ha presentato ricorso in Cassazione. Dalla ricostruzione era emerso che l’imputato aveva ammesso di aver acquistato sostanze stupefacenti, giustificando il proprio coinvolgimento con l’impossibilità di tornare a casa con i mezzi pubblici.

Tuttavia, altri elementi rendevano questa giustificazione poco credibile: l’acquisto era avvenuto in un comune diverso, situato in un’altra provincia, a una distanza considerevole (oltre 120 km). Questo implicava una pianificazione anticipata del viaggio. Inoltre, il quantitativo di sostanza non era affatto trascurabile, ammontando a 89 grammi. A completare il quadro, mancava qualsiasi prova di uno stato di dipendenza o di uso frequente di stupefacenti da parte del ricorrente, elementi che avrebbero potuto, in contesti diversi, assumere una certa rilevanza.

La Decisione della Corte: l’Inammissibilità del Ricorso per Stupefacenti

Di fronte a questo quadro fattuale, la Corte di Cassazione ha preso una decisione netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa declaratoria non entra nel merito delle questioni sollevate, ma le blocca a monte, ritenendole prive dei requisiti minimi per essere esaminate.

La conseguenza diretta per il ricorrente non è stata solo la conferma della condanna precedente, ma anche l’imposizione di ulteriori sanzioni economiche: il pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione e il versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende.

Le Motivazioni

La motivazione alla base dell’ordinanza è concisa ma estremamente chiara. La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile perché esistevano evidenti “profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità”. In parole semplici, il ricorrente e la sua difesa avrebbero dovuto comprendere che, alla luce dei fatti accertati, non c’erano margini per un’impugnazione fondata.

Gli elementi considerati decisivi sono stati:
1. La pianificazione del viaggio: Un tragitto di oltre 120 km per acquistare droga non è compatibile con una situazione occasionale o necessitata, ma indica una chiara premeditazione.
2. Il quantitativo non minimale: 89 grammi di sostanza stupefacente sono una quantità significativa che, in assenza di prove di dipendenza, difficilmente può essere ricondotta a un uso puramente personale.
3. L’assenza di prove di dipendenza: Questo elemento ha ulteriormente indebolito la posizione del ricorrente, escludendo possibili argomentazioni legate a uno stato di necessità soggettivo.

La combinazione di questi fattori ha reso il ricorso manifestamente infondato, una delle cause principali che portano a una declaratoria di inammissibilità. La Corte, in sostanza, ha sanzionato il tentativo di portare avanti un’impugnazione priva di seria prospettiva di accoglimento.

Le Conclusioni

Questa decisione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’impugnazione è un diritto, ma deve essere esercitato con responsabilità. Presentare un ricorso palesemente infondato, basato su argomentazioni che si scontrano con l’evidenza dei fatti, non solo non porta a un esito favorevole, ma espone a conseguenze economiche negative. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo serve da monito: è essenziale una valutazione critica e realistica delle possibilità di successo di un’impugnazione prima di adire la Suprema Corte, per evitare che uno strumento di tutela si trasformi in un’ulteriore condanna.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato, data la presenza di colpa da parte del ricorrente nel determinarne le cause. Gli elementi di fatto, come il viaggio pianificato di oltre 120 km e il quantitativo non minimale di droga (89 grammi), rendevano le argomentazioni insostenibili.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

Il quantitativo di sostanza stupefacente ha influito sulla decisione?
Sì, il quantitativo definito “non minimale” (pari a 89 grammi), unito alla distanza percorsa per l’acquisto e alla mancanza di prova di dipendenza, è stato un elemento chiave per la Corte nel ritenere il ricorso privo di qualsiasi fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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