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Inammissibilità ricorso stupefacenti: i motivi

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La decisione si basa sulla manifesta infondatezza dei motivi di appello, che contestavano la responsabilità, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e l’eccessività della pena. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito, che aveva escluso la tenuità del fatto a causa delle modalità esecutive e della notevole quantità di sostanza ceduta.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Stupefacenti: Quando la Tenuità del Fatto non si Applica

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di spaccio di sostanze stupefacenti, fornendo importanti chiarimenti sui criteri che portano alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso stupefacenti. La decisione si concentra in particolare sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, quando le circostanze del reato non lo consentono.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dalla condanna di un giovane da parte della Corte d’Appello per il reato di concorso in detenzione e vendita di sostanze stupefacenti, in violazione degli articoli 110 del codice penale e 73 del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). L’imputato, ritenendo ingiusta la sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità Ricorso Stupefacenti

La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su tre argomenti principali, tutti volti a smontare l’impianto accusatorio e la decisione dei giudici di merito.

Primo Motivo: Contestazione della Responsabilità

Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione riguardo alla sua effettiva responsabilità penale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente provato il suo apporto concorsuale nell’attività di spaccio.

Secondo Motivo: La Mancata Applicazione dell’Art. 131-bis c.p.

Un punto centrale del ricorso era la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La difesa sosteneva che le circostanze del reato fossero tali da poter essere considerate di lieve entità, giustificando così l’esclusione della pena.

Terzo Motivo: L’Eccessività della Pena

Infine, l’imputato contestava la congruità della pena inflitta, ritenendola eccessiva rispetto alle concrete modalità del fatto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato ciascun motivo, ritenendoli tutti manifestamente infondati e dichiarando, di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso.

Sul primo punto, i giudici hanno stabilito che la Corte d’Appello aveva, in realtà, motivato in modo chiaro e puntuale, sottolineando l’effettivo contributo del ricorrente all’attività di vendita della sostanza illecita. Non vi era quindi alcun vizio di motivazione sulla sua responsabilità.

Per quanto riguarda il secondo motivo, cruciale per comprendere i limiti dell’art. 131-bis, la Cassazione ha confermato la correttezza della decisione di merito. I giudici di secondo grado avevano escluso la tenuità dell’offesa basandosi su due elementi specifici e oggettivi: le modalità di esecuzione del reato e la notevole quantità della sostanza oggetto di cessione. Questi fattori, valutati complessivamente, sono stati ritenuti incompatibili con il concetto di ‘particolare tenuità’.

Infine, anche il terzo motivo relativo all’eccessività della pena è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la sanzione fosse stata determinata in maniera logica, coerente e puntuale, tenendo conto di tutte le circostanze del fatto. La motivazione del giudice di merito è stata quindi giudicata immune da vizi.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di reati di droga: la valutazione sulla particolare tenuità del fatto non è automatica, ma richiede un’analisi approfondita di tutti gli elementi concreti del reato. La quantità della sostanza e le modalità con cui viene gestita l’attività di spaccio sono indicatori decisivi che possono precludere l’accesso a questo beneficio di legge. La decisione di dichiarare l’inammissibilità del ricorso stupefacenti ha comportato per l’imputato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della manifesta infondatezza delle sue pretese.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto tutti e tre i motivi presentati (sulla responsabilità, sulla tenuità del fatto e sull’eccessività della pena) come manifestamente infondati, ovvero privi di qualsiasi fondamento giuridico evidente.

Per quale motivo non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La sua applicazione è stata esclusa perché la Corte ha ritenuto che l’offesa non fosse di lieve entità, basandosi su due elementi specifici: le modalità con cui è stato commesso il reato e la notevole quantità della sostanza stupefacente ceduta.

Cosa ha stabilito la Corte riguardo alla responsabilità dell’imputato?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano motivato in modo logico e coerente l’apporto concorsuale dell’imputato, ovvero il suo contributo attivo e consapevole all’attività di vendita della sostanza illecita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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