Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23655 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CODICE_FISCALE) nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME, il quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza in epigrafe la quale, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Roma, ha rideterminato la pena nei suoi confronti in un anno, mesi otto di reclusione ed euro tremila di multa in relazione a ipotesi di detenzione, con finalità di spaccio, di sostanza stupefacente del tipo cocaina, suddivisa in 56 involucri da cui erano ricavabili 96 dosi singole.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all’affermazione di responsabilità nei suoi confronti, nonché con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., Sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali e non è altresì manifestamente illogico o contraddittorio, tenuto conto delle modalità dell’azione, della presenza di altre persone nei pressi dell’edificio in INDIRIZZO dove si stava svolgendo l’attività di spaccio, nonché difdle modalità di presentazione e di confezionamento dello stupefacente, suddiviso in 56 involucri custoditi sulla persona dell’imputato, preparato per essere ceduto, circostanza che depone per una destinazione diversa da quella del consumo personale, resa ancora più evidente dalla presenza di alcune bustine vuote che, unitamente al denaro contante rinvenuto sulla persona del ricorrente, depongono per una pregressa attività di spaccio.
3.1 Parimenti inammissibile è la censura concernente il trattamento sanzionatorio, il quale è stato determinato sulla base di criteri medi edittali, tenuto altresì conto dei principi regolatori di cui all’art.133 cod.pen., in ragione del numero di dosi ricavabili (circa cento), dell’ottima qualità dello stupefacente in ragione del principio attivo posseduto, delle complessive modalità dell’azione e dei precedenti penali, anche della stessa specie, di cui il ricorrente risulta gravato.
Sul punto la Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così ez. 4, n. 21294 de
20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/05/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv.276288), potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (così Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596). La motivazione del giudice di appello in relazione alla graduazione del trattamento sanzionatorio risulta pertanto sufficientemente argomentata e non presenta travisamenti od errori manifesti tali da richiedere interventi di adeguamento e di correzione del giudice di legittimità anche con riferimento al mancato riconoscimento del beneficio delle circostanze attenuanti generiche in assenza di qualsivoglia profilo di meritevolezza, tenuto conto dei precedenti penali del reo e della recidiva riconosciuta a suo carico.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 22 marzo 2024
Il Consigliere estensore
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Il Pre idente