Inammissibilità Ricorso Spaccio: Quando la Cassazione Non Riesamina i Fatti
Con la recente ordinanza n. 6168/2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti, ma di custode della corretta applicazione della legge. Analizziamo una decisione che chiarisce i limiti del ricorso in Cassazione in materia di stupefacenti e le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso per spaccio.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per spaccio di sostanze stupefacenti emessa dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove effettuate dai giudici di merito. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato gli elementi a disposizione, desumendo la destinazione della sostanza allo spaccio anziché all’uso personale e travisando alcuni elementi probatori, come il riferimento al trasporto della droga.
La Decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su un punto cardine: i motivi presentati dall’imputato non denunciavano vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), ma miravano a ottenere una nuova e diversa valutazione del fatto e del materiale probatorio. Questo tipo di valutazione, sottolinea la Corte, è di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), il cui giudizio, se logicamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni: la Valutazione del Giudice di Merito e l’Inammissibilità Ricorso Spaccio
La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza d’appello fosse “congrua e adeguata”, nonché “esente da vizi logici”. I giudici di merito avevano correttamente basato la loro decisione su una pluralità di elementi fattuali convergenti, tra cui:
* Il dato ponderale: la quantità della sostanza sequestrata.
* La mancata prova dello stato di tossicodipendenza: l’imputato non aveva fornito elementi sufficienti a dimostrare che la droga fosse per uso personale.
* L’abitualità della condotta: desunta da precedenti specifici e recenti a carico dell’imputato.
La Cassazione ha inoltre smontato la doglianza relativa al presunto travisamento della prova sul “trasporto fuori dalla propria abitazione”. Secondo i giudici supremi, tale riferimento non era un elemento decisivo e poteva essere ragionevolmente inteso come indicazione del luogo dell’accertamento del reato, senza necessariamente implicare un trasferimento della sostanza dall’abitazione dell’imputato.
Di conseguenza, poiché il ricorso si risolveva in una richiesta di rilettura delle prove, è stato dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza è un monito importante: il ricorso in Cassazione non è una terza istanza per rimettere in discussione i fatti già accertati. Per avere successo, un ricorso deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o su vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una nuova valutazione del merito delle prove non solo è destinato al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche per il ricorrente, come la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La decisione rafforza la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità, pilastri del nostro ordinamento processuale.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, attività che spettano esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione interviene solo per verificare la corretta applicazione della legge, non per riesaminare i fatti.
Su quali elementi si è basata la condanna per spaccio confermata in appello?
La condanna si è basata su una serie di elementi concordanti: la quantità della sostanza detenuta (il dato ponderale), il fatto che l’imputato non avesse dimostrato di essere un tossicodipendente, e la presenza di precedenti penali recenti e specifici per lo stesso tipo di reato.
Quali sono le conseguenze economiche della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una somma aggiuntiva di 3.000,00 euro a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6168 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6168 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che i motivi dedotti concernendo la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello di Roma che ha fornito una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale;
ritenuto che l’accertamento della destinazione allo spaccio è stata motivatamente desunta da una pluralità di elementi di fatto, costituiti dal dato ponderale, dalla mancata allegazione dello stato di tossicodipendenza quale giustificazione resa dall’imputato, dalla abitualità della condotta di spaccio desunta dai precedenti specifici recenti, quindi sulla base di argomenti non illogici, mentre il riferimento al “trasporto fuori dalla propria abitazione”, oltre a non essere elemento decisivo nella valutazione complessiva delle emergenze probatorie può essere inteso come attinente al luogo in cui è avvenuto l’accertamento e non anche al trasferimento della sostanza dall’abitazione (come addotto dalla difesa quale travisamento della prova);
ritenuto che da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso l’ 8 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Pres ente