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Inammissibilità ricorso spaccio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6161/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per spaccio presentato da un imputato. La decisione si fonda sul principio che la valutazione delle prove è di competenza dei giudici di merito e non della Cassazione. È stata inoltre rigettata la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a causa dell’abitualità della condotta dell’imputato.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Spaccio: La Cassazione Conferma i Limiti del Proprio Giudizio

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di inammissibilità ricorso spaccio, riaffermando principi consolidati sui limiti del suo sindacato. La decisione evidenzia come la valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti siano di competenza esclusiva dei giudici di merito e come la reiterazione di censure già respinte in appello non possa trovare accoglimento in sede di legittimità. Vediamo nel dettaglio la vicenda processuale e le ragioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Un individuo, condannato per spaccio di sostanze stupefacenti dalla Corte d’Appello di Genova, decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso erano principalmente due:

1. Un’errata ricostruzione e valutazione dei fatti e del materiale probatorio da parte dei giudici di secondo grado.
2. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

L’imputato contestava, in sostanza, le conclusioni a cui era giunta la Corte d’Appello, ritenendo che le prove non fossero sufficienti a dimostrare la destinazione della sostanza allo spaccio.

L’Analisi della Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandoli entrambi inammissibili.

Il Limite della Cassazione sulla Valutazione dei Fatti

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio cardine del nostro ordinamento: la Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono rivalutare le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “congrua, adeguata ed esente da vizi logici”. La destinazione allo spaccio era stata desunta da una serie di elementi concreti e non illogici, quali:

* Il dato ponderale della sostanza.
* La suddivisione in più involucri.
* La diversa qualità e tipologia delle sostanze detenute.
* Le modeste condizioni economiche dell’imputato, non compatibili con un mero uso personale.

Tentare di rimettere in discussione questi elementi fattuali davanti alla Cassazione costituisce un motivo di ricorso inammissibile.

La Non Applicabilità della “Tenuità del Fatto” e l’Inammissibilità Ricorso Spaccio

Anche il secondo motivo, relativo alla tenuità del fatto, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che le censure erano “aspecifiche” e “reiterative” di quelle già proposte e rigettate in appello. La Corte territoriale aveva motivato in modo logico il diniego di tale beneficio, sottolineando l'”abitualità delle condotte di spaccio” e la “maggiore intensità del dolo”, desunta dalla reiterazione del reato. Questi elementi ostano all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che richiede, tra l’altro, la non abitualità del comportamento.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte d’Appello aveva costruito un ragionamento probatorio solido, basato su massime di esperienza condivisibili e convergenti con la valutazione del Tribunale di primo grado. L’insieme degli indizi (quantità, confezionamento, varietà delle sostanze e situazione economica) era stato ritenuto sufficiente a provare la finalità di spaccio in modo logico e coerente. Qualsiasi tentativo di offrire una lettura alternativa dei fatti in sede di Cassazione è destinato a fallire se la motivazione dei giudici di merito non presenta palesi illogicità o violazioni di legge. Parimenti, la valutazione sulla tenuità del fatto è stata correttamente ancorata a elementi specifici (l’abitualità della condotta), che per legge ne impediscono l’applicazione, rendendo il relativo motivo di ricorso infondato e, nella sua riproposizione, inammissibile.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma che il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato. Le valutazioni fattuali, se logicamente motivate, sono insindacabili in sede di legittimità. L’esito per il ricorrente è la declaratoria di inammissibilità del ricorso, che rende definitiva la condanna, e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di ricorso inammissibile.

Perché la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso?
Perché i motivi presentati dall’imputato riguardavano la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove, aspetti di esclusiva competenza dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non rivalutabili in sede di Cassazione, a meno di palesi vizi logici che in questo caso non sono stati riscontrati.

Quali elementi hanno usato i giudici per confermare l’accusa di spaccio?
I giudici hanno basato la loro decisione su una pluralità di elementi: la quantità della sostanza detenuta (dato ponderale), la sua suddivisione in più dosi, la presenza di diverse tipologie di stupefacenti e le modeste condizioni economiche dell’imputato, ritenute incompatibili con un semplice consumo personale.

Per quale motivo non è stata riconosciuta la ‘particolare tenuità del fatto’?
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non è stata applicata perché la Corte d’Appello ha riscontrato l’abitualità delle condotte di spaccio e una maggiore intensità del dolo, elementi che per legge impediscono il riconoscimento di tale beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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