Inammissibilità ricorso spaccio: quando la Cassazione conferma la condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio per riesaminare i fatti. Il caso in questione riguarda una condanna per spaccio di stupefacenti e la pronuncia di inammissibilità del ricorso spaccio offre spunti importanti sulla valutazione della lieve entità del fatto e sui limiti del giudizio di legittimità.
I fatti del caso
Un soggetto veniva condannato in primo grado e in appello per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, era stato trovato in possesso di 14 dosi medie di cocaina e 14 dosi medie di hashish. La particolarità della condotta risiedeva nelle modalità di occultamento: la droga era nascosta in un cespuglio, pronta per essere recuperata e ceduta in futuro. L’identificazione dell’imputato era avvenuta in modo immediato grazie all’uso di un sistema di fotosegnalamento in dotazione ai Carabinieri. Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.
I motivi del ricorso e la valutazione della Corte
Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali:
1. Contestazione sulla responsabilità: Si criticava la ricostruzione dei fatti e l’attribuzione della responsabilità penale.
2. Mancato riconoscimento della lieve entità: Si chiedeva l’applicazione dell’ipotesi attenuata del reato, sostenendo che la condotta e il quantitativo non fossero particolarmente gravi.
3. Trattamento sanzionatorio: Si lamentava la mancata concessione di attenuanti, come quella del lucro di speciale tenuità e le attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile.
Le motivazioni sulla inammissibilità del ricorso spaccio
La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso era inammissibile principalmente perché le censure mosse non erano consentite nel giudizio di legittimità. Il ricorrente, infatti, tentava di ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione del fatto, attività che sono di esclusiva competenza dei giudici di merito (primo grado e appello). La Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello, confermando quella di primo grado (cosiddetta “doppia conforme”), avesse fornito una motivazione congrua, logica e priva di vizi manifesti.
Nello specifico, la Corte ha osservato che:
* Il primo motivo era una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti in appello.
* Il secondo motivo era manifestamente infondato. I giudici di merito avevano logicamente escluso la lieve entità del fatto basandosi su due elementi chiave: le modalità della condotta (il nascondere la droga in un cespuglio per averla a portata di mano denota una certa organizzazione) e il quantitativo (28 dosi totali non sono considerate irrilevanti).
* Il terzo motivo, relativo alla pena, è stato ritenuto inammissibile perché afferente al merito del trattamento sanzionatorio, decisione che i giudici avevano motivato adeguatamente facendo riferimento al numero di dosi e ai precedenti penali specifici dell’imputato.
Le conclusioni della Corte di Cassazione
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso spaccio e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la Corte di Cassazione non è un “terzo giudice” dei fatti. Il suo compito è assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali. Se la motivazione dei giudici di merito è logica e completa, la ricostruzione dei fatti non può essere messa in discussione in sede di legittimità. La valutazione della gravità del reato, inclusa la lieve entità, rimane ancorata a criteri oggettivi come quantità e modalità, la cui interpretazione spetta al giudice che valuta le prove.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché conteneva censure non consentite nel giudizio di Cassazione, come la richiesta di una nuova ricostruzione dei fatti e valutazione delle prove, che sono di competenza esclusiva dei giudici di merito. Inoltre, i motivi erano in parte una riproposizione di argomenti già respinti.
Per quale motivo non è stata riconosciuta l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’?
L’ipotesi di lieve entità è stata esclusa a causa delle modalità della condotta, ovvero l’occultamento dello stupefacente in un cespuglio per averlo a disposizione per future cessioni, che implica una certa organizzazione, e per il quantitativo non trascurabile di sostanza (14 dosi di cocaina e 14 di hashish).
È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello?
No, non è possibile. Il giudizio della Corte di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma solo verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 259 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 259 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso sentenza recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato ascritto è inammissibile, perché contenente censure non consentite nel giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione del fatto nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del giudizio rimessi all esclusiva competenza del giudice di merito che ha fornito, nella c.d. “doppia conforme”, una congrua e adeguata motivazione, immune da censure di manifesta illogicità perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza.
Il ricorrente deduce violazione di legge in ordine alla responsabilità, alla mancata applicazione del 131-bis cod. pen. ed alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma 4, cod. pen.
Il primo motivo è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, considerato che la Cor d’appello ha motivatamente dato atto che gli operanti avevano riconosciuto l’imputato nell’immediatezza del fatto perché osservato in altre occasioni e sottoposto ad immediata identificazione tramite l’applicativo fotosegnalamento Web Lese in dotazione dei carabinieri.
Anche il secondo motivo è reiterativo e manifestamente infondato, atteso che i giudici di merito hanno escluso la possibilità di ricondurre il fatto nella fattispecie di entità per via delle modalità della condotta (nascondimento in un cespuglio dello stupefacente per averlo a portata di mano per la futura cessione, implicante una certa organizzazione dell’illecita attività) e del quantitativo trovato nella disponibilità del prevenuto (pari a 1 singole medie di cocaina e 14 dosi singole medie di hashish).
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto afferente al merito del trattamento sanzionatorio, benché sorretto da idonea e logica motivazione sia in punto di esclusione del lucro di speciale tenuità, stante il numero di dosi trattate, sia, quanto al diniego dell’art. bis cod. pen., in relazione ai precedenti penali, anche specifici, dai quali l’imputato è gravat
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023