Inammissibilità Ricorso Ricettazione: Analisi di una Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali in materia di impugnazioni penali, dichiarando l’inammissibilità di un ricorso per ricettazione. Questa decisione offre spunti cruciali sui requisiti di specificità dei motivi di ricorso e sui limiti del sindacato di legittimità riguardo la determinazione della pena. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per il reato di ricettazione, ai sensi dell’articolo 648 del codice penale, emessa dalla Corte d’Appello. L’imputato, ritenuto responsabile di aver ricevuto beni di provenienza illecita, ha presentato ricorso per Cassazione, affidandolo a due principali motivi di doglianza.
L’Inammissibilità del Ricorso per Ricettazione: I Motivi d’Appello
Il ricorrente ha cercato di smontare l’impianto accusatorio su due fronti: la qualificazione giuridica del fatto e l’eccessività della pena inflitta. Entrambi i motivi, tuttavia, non hanno superato il vaglio di ammissibilità della Suprema Corte.
La Critica alla Qualificazione Giuridica del Fatto
Il primo motivo di ricorso contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla condanna per ricettazione. La difesa sosteneva che i fatti avrebbero dovuto essere inquadrati nella diversa fattispecie di indebito utilizzo di carte di pagamento (art. 55 D.lgs. 231/2007).
La Cassazione ha respinto questa argomentazione, etichettandola come una “pedissequa reiterazione” di motivi già dedotti in appello e puntualmente disattesi dal giudice di secondo grado. Secondo gli Ermellini, il ricorso non presentava una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre le stesse tesi, risultando così solo apparentemente specifico e, di fatto, generico.
La Contestazione sulla Congruità della Pena
Con il secondo motivo, l’imputato lamentava l’eccessività della pena, in particolare il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale prevista dal secondo comma dell’art. 648 c.p., applicabile quando il fatto è di particolare tenuità. Anche questa censura è stata ritenuta manifestamente infondata.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha fondato la sua decisione su principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. In primo luogo, ha sottolineato che un ricorso per Cassazione deve contenere motivi specifici che si confrontino criticamente con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Non è sufficiente riproporre le medesime questioni già esaminate e risolte nel grado di appello.
In secondo luogo, per quanto riguarda la determinazione della pena, la Corte ha ribadito che questa rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere, esercitato nel rispetto dei criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.), non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è adeguata e non manifestamente illogica. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente giustificato il diniego dell’attenuante speciale facendo riferimento al “valore certamente non irrisorio dei beni oggetto di ricettazione”, assolvendo così il proprio onere motivazionale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La pronuncia in esame conferma due importanti lezioni per la pratica forense. La prima è che il ricorso per Cassazione non può essere una semplice riproposizione dei motivi d’appello; deve invece individuare e criticare specifici vizi logici o giuridici della sentenza di secondo grado. La seconda è che le valutazioni di merito, come la quantificazione della pena, sono di competenza esclusiva dei giudici dei primi due gradi di giudizio. La Cassazione interviene solo in caso di vizi macroscopici della motivazione, non per ricalibrare una pena ritenuta semplicemente severa. Di conseguenza, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per ricettazione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati generici. Il primo motivo era una semplice ripetizione delle argomentazioni già respinte in appello, mentre il secondo contestava la misura della pena, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se la decisione è motivata.
È possibile contestare in Cassazione la qualificazione di un reato da ricettazione ad un’altra fattispecie?
Sì, è possibile, ma il ricorso deve contenere una critica specifica, argomentata e nuova rispetto alla motivazione della sentenza impugnata. Non può limitarsi a riproporre le stesse tesi già esaminate e rigettate nel precedente grado di giudizio, altrimenti rischia di essere dichiarato inammissibile per genericità.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
Generalmente no. La graduazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione a sostegno della pena è mancante, palesemente illogica o contraddittoria, non per una semplice valutazione di eccessività. Nel caso specifico, la motivazione è stata ritenuta adeguata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44155 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 11/04/1961
avverso la sentenza del 01/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 648 cod. pen., è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si vedano in particolare le pagine 2,3 della sentenza impugnata dove il giudice del merito ha correttamente ritenuto provata la responsabilità dell’imputato per il delitto di ricettazione non potendosi invece configurare, secondo quanto richiesto dall’imputato, la fattispecie di indebito utilizzo di carte di pagamento di cui all’art. 55 D.Igs. 231/2007) , dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta l’eccessività della pena e, specificatamente, il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648 comma 2 cod. pen., non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti quali, nel caso di specie, il valore certamente non irrisorio dei beni oggetto di ricettazione (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 12/11/2024