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Inammissibilità ricorso: resistenza a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. I motivi sono stati giudicati una mera riproposizione di argomentazioni già respinte nel merito e manifestamente infondati. La Corte ha confermato la non applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) a causa della gravità della condotta e dell’intensità del dolo. L’inammissibilità ricorso comporta la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione: Quando i Motivi Vengono Dichiarati Inammissibili

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, ribadendo principi consolidati in materia. Il caso in esame riguarda un’imputazione per resistenza a pubblico ufficiale e offre lo spunto per analizzare le ragioni che possono portare a una dichiarazione di inammissibilità ricorso, con le conseguenti pronunce a carico del ricorrente. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati dai giudici di legittimità.

I fatti del caso: resistenza a pubblico ufficiale

La vicenda processuale trae origine da una condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale. L’imputato, dopo la conferma della condanna in appello, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, cercando di far valere le proprie ragioni. Tra i motivi di ricorso, la difesa ha contestato la ricostruzione dei fatti e la valutazione della propria responsabilità penale, invocando anche l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis c.p.

La decisione della Corte e l’Inammissibilità del ricorso

La Suprema Corte ha esaminato i motivi presentati e li ha ritenuti non meritevoli di accoglimento, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. Questa decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali, che riflettono i limiti del giudizio di legittimità.

La replica di censure già vagliate

In primo luogo, i giudici hanno osservato che i motivi del ricorso non introducevano reali critiche di legittimità alla sentenza impugnata. Al contrario, si limitavano a riproporre le stesse censure già ampiamente esaminate e respinte dai giudici di merito (primo grado e appello). La Corte ha sottolineato che il giudizio di Cassazione non è una terza istanza di merito dove si possono rivalutare i fatti. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi erano generici, non consentiti dalla legge in sede di legittimità e si basavano su argomentazioni già ritenute infondate con motivazioni giuridicamente corrette, puntuali e prive di vizi logici.

L’inapplicabilità della non punibilità per particolare tenuità del fatto

Un altro punto cruciale della decisione riguarda il rigetto della richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La Corte di merito aveva già escluso questa possibilità, e la Cassazione ha confermato tale valutazione. La motivazione si è concentrata sulla gravità oggettiva della condotta e sull’intensità del dolo dell’imputato. Questi elementi, secondo i giudici, erano incompatibili con il requisito della ‘particolare tenuità dell’offesa’ richiesto dalla norma, rendendo la tesi difensiva ‘manifestamente inconferente’.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione, nel motivare la propria decisione, ha ribadito che il ricorso è inammissibile quando i motivi proposti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità. Questo accade, come nel caso di specie, quando il ricorrente si limita a replicare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito. La sentenza impugnata, infatti, aveva fornito argomenti giuridicamente corretti e coerenti con le prove acquisite. Inoltre, la Corte ha evidenziato che la tesi difensiva sull’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. era manifestamente infondata di fronte alle ‘trancianti considerazioni’ della Corte d’Appello, che aveva sottolineato le connotazioni oggettive e soggettive del fatto, ritenute incompatibili con la causa di non punibilità per la gravità della condotta e l’intensità del dolo.

Le conclusioni

In conclusione, questa ordinanza riafferma un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo giudizio di merito. Per evitare una declaratoria di inammissibilità ricorso, i motivi devono sollevare questioni di puro diritto o vizi logici manifesti nella motivazione della sentenza impugnata, e non limitarsi a riproporre le stesse doglianze già esaminate. La conseguenza diretta dell’inammissibilità, come previsto dall’art. 616 c.p.p., è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in tremila euro.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo la decisione in esame, un ricorso è inammissibile quando i motivi presentati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, ad esempio perché si limitano a riproporre censure già esaminate e respinte dai giudici di merito con motivazioni giuridicamente corrette e prive di vizi logici.

Perché la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non è stata applicata in questo caso di resistenza a pubblico ufficiale?
La non punibilità è stata esclusa perché le caratteristiche del fatto sono state ritenute incompatibili con i requisiti della norma. In particolare, la gravità oggettiva della condotta e l’intensità del dolo (la volontà di commettere il reato) sono state considerate tali da non poter qualificare l’offesa come di ‘particolare tenuità’.

Cosa succede dopo che un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. La sentenza di condanna diventa inoltre definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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