Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7714 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 14/04/1973
avverso l’ordinanza del 20/09/2024 del TRIBUNALE di LIVORNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Livorno, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato inammissibile l’istanza formulata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere il riconoscimento GLYPH del vincolo della continuazione tra tre sentenze (1. GIP Tribunale Napoli del 01/07/2010, irr. 07/02/2013; 2. Corte appello Napoli del 13/05/2013, irr. 23/10/2014; 3. Corte appello Napoli del 27/11/2015, irr. 05/04/2017), osservando che l’istanza risultava essere meramente reiterativa di precedente istanza già esaminata dalla Corte di appello di Napoli, quale Giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 05/02/2021 (che aveva riconosciuto la continuazione tra le sentenze 1. e 2., respingendo la richiesta con riferimento alla sentenza 3), e priva di elementi nuovi e diversi che potessero indurre a una rivalutazione del caso.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore avv. NOME COGNOME chiedendo l’annullamento con rinvio dell’impugnata ordinanza, osservando come l’istanza da ultimo avanzata al Tribunale di Livorno conteneva elementi nuovi rispetto alla precedente richiesta di applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen, in relazione alle medesime sentenze, ed in particolare l’inserimento della condotta giudicata con la sentenza sub 3. nell’ambito del medesimo clan camorristico dei COGNOME.
Il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, dott. NOME COGNOME ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Questa Corte di legittimità ha infatti chiarito che il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto formalmente irrevocabile preclude, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., una nuova pronuncia sul medesimo “petitum” finché non si prospettino elementi che, riguardati per il loro significato sostanziale e non per l’apparente novità della veste formale, possono essere effettivamente qualificati come nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della
precedente decisione (Sez. 3, n. 50005 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 261394 01).
3. Nel caso di specie, il G.E. ha evidenziato che la Corte di appello di Napoli, con ordinanza del 05/02/2021 aveva già provveduto su una identica istanza di continuazione in executivis formulata dai difensori del condannato, riconoscendo la continuazione tra le sentenze di cui ai nn. 1. (GIP Tribunale Napoli del 01/07/2010, irr. 07/02/2013) e 2. (Corte appello Napoli del 13/05/2013, irr. 23/10/2014), respingendola con riferimento ai reati di cui alla sentenza sub 3. (Corte appello Napoli del 27/11/2015, irr. 05/04/2017) sul presupposto che la vicenda criminosa ivi giudicata non fosse ricollegabile al clan COGNOME, trattandosi di sentenza avente ad oggetto un’associazione finalizzata al narcotraffico, promossa ed organizzata da COGNOME, completamente avulsa dal territorio cui fanno parte le altre associazioni ex art. 74 d.P.R. 309 del 1990, di cui alle altre due sentenze.
Nel provvedimento oggi impugnato il G.E. evidenzia come nell’istanza in esame, riproposta dal difensore, sia ravvisabile una critica alla decisione della Corte d’appello già pronunciatasi con ordinanza del 05/02/2021, che avrebbe sottovalutato la rilevanza di alcuni dati risultanti dalle motivazioni delle sentenze, da cui si poteva desumere che anche i reati di cui alla sentenza sub 3. fossero espressione dell’adesione dell’Imparato al clan COGNOME.
Il G.E. ha quindi osservato come le argomentazioni svolte nell’istanza in esame fossero le medesime già sottoposte e già vagliate nel precedente provvedimento della Corte d’appello partenopea, concludendo nel senso dell’inammissibilità, non essendo stato proposto alcun elemento di valutazione sopravvenuto ma solo una diversa lettura delle medesime sentenze di merito già vagliate dalla Corte di appello di Napoli, né essendo stato o formulato alcun motivo nuovo, rispetto alla questione di fatto, ovvero la perdurante appartenenza dell’COGNOME al clan COGNOME già nnotivatamente esclusa dal giudice di esecuzione napoletano.
Da quanto sinora esposto, consegue che è stata fatta corretta applicazione dell’art. 666, connma 2, cod. proc. pen. secondo cui la declaratoria di inammissibilità dell’incidente di esecuzione consegue, tra l’altro, alla mera riproposizione di una richiesta già rigettata. Il giudice dell’esecuzione ha infatti fatto giusta applicazione al caso di specie del principio di diritto secondo il quale una precedente pronuncia di rigetto della richiesta di applicazione della continuazione preclude la riproposizione della richiesta, con riferimento ai reati per cui è stato escluso il riconoscimento del reato continuato (Sez. 1, n. 12823 del 03/03/2011, COGNOME, Rv. 249913).
Gli argomenti sviluppati dal ricorrente per sostenere l’avvenuta deduzione del novum si risolvono in affermazioni del tutto generiche: va infatti osservato, in linea generale, come un mero spunto argomentativo, o una diversa prospettazione dei medesimi argomenti, svolti a sostegno dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. riproposta in relazione alle medesime sentenze, non possa integrare quell’elemento di novità necessario per superare la censura di inammissibilità derivante dal chiaro disposto di cui all’art. 666 comma 2 cod. proc. pen..
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, anche di una somma di denaro da versare alla Cassa delle Ammende, che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 17 dicembre 2024 Il Consigliere estensore Tl Presidente