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Inammissibilità ricorso reiterativo: Cassazione chiarisce

La Cassazione conferma l’inammissibilità del ricorso reiterativo in fase esecutiva. Un condannato aveva riproposto una richiesta di continuazione tra reati, già rigettata, senza addurre elementi nuovi e sostanziali, ma solo una diversa interpretazione dei fatti. La Corte ha ribadito che la mera riproposizione di una richiesta già decisa, in assenza di un ‘novum’ genuino, è preclusa ai sensi dell’art. 666 c.p.p., rendendo il ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Reiterativo: Quando una Richiesta è Davvero Nuova?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7714 del 2025, torna a pronunciarsi su un principio cardine della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso reiterativo. La decisione offre un’importante lezione su quando un’istanza, già rigettata in passato, possa essere riproposta al giudice dell’esecuzione. Il caso analizzato riguarda la richiesta di riconoscimento della continuazione tra reati, un istituto che può incidere significativamente sulla pena da scontare. La Suprema Corte chiarisce la distinzione fondamentale tra la presentazione di ‘elementi nuovi’ e una semplice rilettura critica di una decisione precedente.

I Fatti di Causa: La Richiesta di Continuazione

Un soggetto condannato presentava al Tribunale di Livorno, in funzione di giudice dell’esecuzione, un’istanza per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tre diverse sentenze definitive. Tuttavia, una richiesta identica era già stata esaminata e parzialmente respinta dalla Corte di Appello di Napoli. Quest’ultima aveva riconosciuto il legame tra i reati delle prime due sentenze, ma lo aveva escluso per la terza, relativa a un’associazione finalizzata al narcotraffico, ritenendola completamente slegata dal contesto criminale delle altre.

L’interessato, nel riproporre l’istanza, sosteneva di aver addotto un elemento nuovo: l’inserimento della condotta giudicata nella terza sentenza all’interno del medesimo clan camorristico. Il Tribunale di Livorno, però, ha dichiarato l’istanza inammissibile, qualificandola come meramente reiterativa e priva di reali elementi di novità.

La Decisione sulla Inammissibilità del Ricorso Reiterativo

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del giudice dell’esecuzione, rigettando il ricorso del condannato. Il fulcro della decisione si basa sull’applicazione dell’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale. Secondo questa norma, un provvedimento del giudice dell’esecuzione, una volta divenuto irrevocabile, preclude una nuova pronuncia sulla stessa richiesta (petitum).

L’Assenza di un ‘Novum’ Sostanziale

La Suprema Corte ha sottolineato che per superare questa preclusione non è sufficiente presentare una diversa prospettazione argomentativa o una critica alla decisione precedente. È indispensabile che vengano introdotti elementi effettivamente nuovi, sia in fatto che in diritto, che non siano già stati oggetto di valutazione. Nel caso di specie, l’argomento relativo all’appartenenza al medesimo clan era già stato esaminato e motivatamente escluso dalla Corte di Appello di Napoli. La nuova istanza si limitava a una diversa lettura delle sentenze di merito, senza apportare alcun dato di fatto sopravvenuto o preesistente non conosciuto in precedenza. Di conseguenza, la richiesta è stata correttamente giudicata come una mera riproposizione di una questione già decisa.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Cassazione è chiara e rigorosa. Un semplice spunto argomentativo o una diversa interpretazione non possono integrare quell’elemento di novità richiesto dalla legge per superare la censura di inammissibilità. Il principio di diritto applicato è che una precedente pronuncia di rigetto sulla richiesta di continuazione preclude la riproposizione della stessa domanda per i reati per cui tale riconoscimento era stato escluso. Dichiarare il contrario significherebbe consentire un numero indefinito di impugnazioni sulla stessa questione, minando la stabilità delle decisioni giudiziarie in fase esecutiva.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale per la corretta gestione del processo esecutivo. Le parti non possono riproporre all’infinito istanze già rigettate sperando in una diversa valutazione da parte di un nuovo giudice. Per ottenere una rivalutazione, è necessario dimostrare l’esistenza di un novum concreto e sostanziale, non una semplice rielaborazione di argomenti già vagliati. La decisione serve da monito: l’abuso dello strumento processuale, attraverso la presentazione di ricorsi palesemente inammissibili, non solo non porta al risultato sperato, ma comporta anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.

Quando un ricorso in fase di esecuzione penale viene considerato ‘reiterativo’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato reiterativo e inammissibile quando ripropone una richiesta già esaminata e rigettata con un provvedimento divenuto irrevocabile, senza prospettare elementi di fatto o di diritto sostanzialmente nuovi, ma limitandosi a una diversa argomentazione o a una critica della precedente decisione.

Cosa si intende per ‘elemento nuovo’ o ‘novum’ che può giustificare la riproposizione di un’istanza?
Per ‘elemento nuovo’ si intende una nuova questione giuridica o un nuovo elemento di fatto, sopravvenuto o preesistente ma non ancora valutato, che abbia un significato sostanziale e non sia una mera veste formale diversa data ad argomenti già esaminati dal giudice.

Una precedente decisione del giudice dell’esecuzione impedisce sempre di presentare una nuova istanza sullo stesso argomento?
Sì, una precedente decisione divenuta irrevocabile preclude, ai sensi dell’art. 666, comma 2, c.p.p., una nuova pronuncia sulla medesima richiesta, a meno che non vengano prospettati elementi di novità sostanziali (un ‘novum’) che non siano già stati oggetto di valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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