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Inammissibilità ricorso recidiva: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per lesioni personali aggravate. Il ricorrente contestava la mancata esclusione della recidiva, ma la Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di merito era corretta, in quanto non basata solo sulla gravità dei fatti ma su un’analisi concreta del legame tra il reato attuale e i precedenti. La questione centrale è l’inammissibilità ricorso recidiva quando la censura è manifestamente infondata. La Corte ha inoltre specificato che l’uso di formule motivazionali standard non inficia la validità della decisione se la valutazione risulta, in concreto, personalizzata.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso Recidiva: Quando la Motivazione Standard è Valida

Con l’ordinanza n. 11708/2024, la Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale: la valutazione della recidiva e i limiti del sindacato di legittimità. Il caso in esame ha portato a una dichiarazione di inammissibilità ricorso recidiva, offrendo spunti importanti sulla corretta applicazione dei criteri di valutazione da parte del giudice di merito e sulla irrilevanza di motivazioni apparentemente standardizzate.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Macerata per il reato di lesione personale, aggravato dalla partecipazione di più persone e dall’uso di un oggetto atto a offendere. La Corte di Appello di Ancona, in parziale riforma della prima sentenza, aveva concesso le circostanze attenuanti generiche, ritenendole equivalenti alle aggravanti contestate, e aveva rideterminato la pena in sei mesi di reclusione.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito alla mancata esclusione della recidiva.

Il Ricorso e la questione dell’inammissibilità ricorso recidiva

Il ricorrente lamentava che i giudici di merito non avessero correttamente motivato la decisione di non escludere la recidiva. Secondo la difesa, la valutazione si sarebbe basata su presupposti errati, senza un’analisi concreta e personalizzata della situazione dell’imputato.

Un aspetto peculiare sollevato nel ricorso era che la motivazione della Corte d’Appello appariva identica a quella contenuta in un’altra pronuncia relativa a un soggetto diverso. Questo, secondo il ricorrente, sarebbe stato sintomo di una valutazione spersonalizzata e, quindi, illegittima.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. I giudici hanno chiarito diversi punti fondamentali.

In primo luogo, hanno ribadito che la valutazione sulla recidiva, ai sensi dell’art. 133 del codice penale, non può basarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso dai precedenti penali. Il giudice deve, invece, esaminare in concreto il rapporto tra il reato per cui si procede e le condanne passate. Lo scopo è verificare se la precedente condotta criminosa sia indicativa di una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che abbia agito come fattore criminogeno nella commissione del nuovo reato. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva seguito correttamente questo principio.

In secondo luogo, la Cassazione ha smontato l’argomento della ‘motivazione fotocopia’. I giudici hanno affermato che l’utilizzo di determinate formule giustificative, che rispecchiano i criteri elaborati dalla stessa giurisprudenza di legittimità, non significa di per sé che la valutazione non sia stata svolta in maniera personalizzata. Ciò che conta è che l’analisi, al di là della forma espositiva, sia stata effettivamente condotta con riferimento al caso specifico. Nel caso concreto, il ricorrente non è riuscito a dimostrare vizi concreti nel ragionamento della Corte d’Appello che potessero metterne in dubbio la correttezza.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio importante: un ricorso per cassazione non può limitarsi a criticare la forma della motivazione, ma deve attaccare la sostanza del ragionamento del giudice. L’inammissibilità ricorso recidiva scatta quando le censure sono astratte e non evidenziano un errore logico-giuridico concreto nell’applicazione dei criteri normativi. La decisione ribadisce che il giudizio sulla recidiva è una valutazione di merito ampiamente discrezionale, sindacabile in sede di legittimità solo in caso di vizi macroscopici della motivazione, che qui non sono stati ravvisati. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso sulla valutazione della recidiva è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che il giudice di merito avesse correttamente applicato i principi di legge. La valutazione della recidiva era basata su un’analisi concreta del rapporto tra il reato attuale e le condanne precedenti, e non solo sulla gravità dei fatti, rendendo il motivo di ricorso manifestamente infondato.

L’uso di una motivazione identica a quella di un altro caso la rende invalida?
No. Secondo l’ordinanza, l’utilizzo di formule giustificative standard, che riflettono i principi consolidati dalla giurisprudenza, non significa automaticamente che la valutazione non sia stata personalizzata. Ciò che conta è che l’analisi sostanziale sia stata condotta sul caso specifico, e il ricorrente non ha dimostrato il contrario.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso ritenuto privo di fondamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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