Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44696 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato in TUNISIA il 18/03/1998 COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato in TUNISIA il 19/10/2000 avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE di APPELLO di GENOVA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. udito l’Avv. NOME COGNOME del foro di IMPERIA in difesa di COGNOME e di COGNOME COGNOME che si riporta ai motivi del ricorso e della memoria datata 31 in copia, chiedendo di l’applicazione della attenuante della lieve entità del fatto, in forza della decisione della Corte Costituzionale n agosto 2024 che produce 84/2024.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza con cui il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Imperia ha condannato NOME COGNOME NOME alla pena di giustizia per i reati di rapina e lesioni aggravate.
Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per Cassazione per i seguenti motivi.
2.1 NOME COGNOME con il primo motivo lamenta violazione dell’art.606, lett.c), cod. proc. pen. in relazione al termine previsto dall’art.601 comma 3 cod. proc. pen. con riguardo al termine minimo di comparizione, ora determinato in 40 giorni per gli appelli presentati a decorrere dal 30 dicembre 2022. Il termine di comparizione è stato invece di appena 22 giorni.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art.628 cod. pen. poiché la sottrazione del cellulare è durata pochi secondi, essendo immediatamente seguita la restituzione. La motivazione, che si incentra sulla irrilevanza del profitto economico, a fronte di un vantaggio di qualsivoglia natura per l’autore del reato, non coglie nel segno poiché avrebbe piuttosto dovuto indicare quale fosse stato il vantaggio patrimoniale o morale conseguito dagli imputati.
2.3 Con il terzo motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine alla mancata disapplicazione della recidiva. I precedenti penali dell’imputato hanno comportato condanne miti e non vi sono fatti successivi che possano dimostrare una particolare propensione delinquenziale.
2.4 Con il quarto motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine alla mancata disapplicazione della aggravante dell’art. 61 n.2 cod. pen.. Atteso il nesso temporale tra la rapina e la violenza, il coefficiente di aggravamento rappresentato dal nesso causale è assorbito dalla violenza produttiva delle lesioni.
2.5 Con il quinto motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine alla mancata disapplicazione della aggravante dell’ad. 628, terzo comma, cod. pen.. Non vi è stato il contemporaneo compimento dell’azione violenta da parte dei due imputati, uno dei quali faceva il palo.
2.6 Con il sesto motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante dell’attività riparatoria.
3.1 Jlassi Omar con il primo motivo lamenta violazione dell’art.606 lett. c) cod. proc. pen. in relazione al termine previsto dall’art.601, comma 3, cod. proc. pen. con riguardo al termine minimo di comparizione, ora determinato in 40 giorni per gli appelli presentati a decorrere dal 30 dicembre 2022. Il termine di comparizione è stato invece di appena 22 giorni.
3.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’ad. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’ad. 628 cod. pen. poiché la sottrazione del cellulare è durata pochi secondi, essendo immediatamente seguita la restituzione. La motivazione, che si incentra sulla irrilevanza del profitto economico, a fronte di un vantaggio di qualsivoglia natura per l’autore del reato,
non coglie nel segno poiché avrebbe piuttosto dovuto indicare quale fosse stato il vantaggio patrimoniale o morale conseguito dagli imputati.
3.3 Con il terzo motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine alla mancata disapplicazione della aggravante dell’art. 61 n.2 cod. pen..
3.4 Con il quarto motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine alla mancata disapplicazione della aggravante dell’art. 628, terzo comma, cod. pen..
3.5 Con il quinto motivo si lamentano violazione di legge e motivazione apparente in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante dell’attività riparatoria.
Per l’udienza di discussione, il difensore ha fatto pervenire una memoria, successivamente depositata anche nel corso dell’udienza, con cui ha chiesto, in via eventuale e subordinata, di annullare la sentenza impugnata e di disporre il rinvio alla Corte competente per decidere in merito alla sussistenza o meno dell’attenuante di lieve entità del fatto, riconosciuta anche per il reato di rapina seguito della sentenza della n. 86 del 13 maggio 2024 della Corte Costituzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I due ricorsi, fondati su motivi in gran parte coincidenti o comunque sovrapponibili, possono essere trattati unitariamente, per essere dichiarati inammissibili alla luce della manifesta infondatezza, aspecificità delle ragioni addotte nei motivi formulati, ovvero perché essi si pongono al di fuori dei casi consentiti dall’art. 606, comma 1, cod. proc. pen..
Il primo motivo attiene alla vexata quaestio della data di applicazione del nuovo termine di comparizione previsto dall’art. 601, comma 3, cod. proc. peri.. La questione è stata portata all’attenzione delle Sezioni Unite Penali per la soluzione dell’incertezza interpretativa in ordine all’epoca di applicazione della disposizione impositiva del termine di quaranta giorni. La sentenza (Sez. U, n. 42124 del 26/06/2024, Nafi) ha stabilito che la disciplina dell’art. 601, comma i3, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n 150, che individua in quaranta giorni il termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile agli atti d’impugnazione proposti a far data dal 1 luglio 2024.
Poiché gli atti di appello proposti dagli imputati sono incontestabilmente anteriori, essi non sono soggetti alla disciplina novellata ma a quella anteriore,
con applicazione pertanto del termine di comparizione non inferiore a venti giorni.
La questione sollevata dalle difese degli imputati è pertanto manifestamente infondata.
Il secondo motivo, anch’esso comune ad entrambi i ricorsi, contesi:a la sussistenza della rapina, poiché il cellulare, pur temporaneamente sottratto alla vittima, è stato immediatamente restituito.
La questione è meramente ripetitiva, giacché affrontata nei gradi precedenti e risolta con corretta valutazione delle istanze di merito, incentrate da un lato sulla evidenziazione della superfluità di un profitto economico a giustificazione del dolo specifico (l’appello, a pg. 2, fa riferimento alla pronuncia Sez. U, n 41570 del 25/05/2023, C., Rv. 285145 – 01) e sulla sufficienza della sottrazione della res, a prescindere dalla definitiva acquisizione del possesso (così, la decisione di primo grado, a pg. 3, con citazione dei precedenti Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117 – 01 e Sez. 2, Sentenza n. 11135 del 22/02/2017, Tagaswili, Rv. 269858 – 01). A ciò deve aggiungersi che costituisce principio consolidato, cui questo Collegio intende rifarsi, non ravvisandosi ragione per distanziarsene, che anche la temporanea disponibilità del bene procurata a mezzo della violenza, vale ad integrare il delitto in contestazione, a prescindere dal definitivo impossessamento (Sez. 2, n. 788 del 18/12/2003, COGNOME, Rv. 227805 – 01) e ciò sia che la restituzione avvenga a seguito di una scelta originaria, contestuale alla sottrazione, come nel precedente citato, sia, ed a maggior ragione, nell’ipotesi in cui essa, come nel caso oggi in esame, sia il frutto di un mutato atteggiamento e quindi di una nuova volizione dell’autore, che non ha alcuna idoneità ad elidere il dolo iniziale del reato ormai commesso, ma, piuttosto, lo ‘supera’. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il terzo motivo, esclusivo al ricorso di NOME COGNOME contesta il riconoscimento della recidiva a dispetto della mitezza delle precedenti condanne. Si deve tuttavia considerare che in materia (come, peraltro, per ogni aspetto concernente il trattamento sanzionatorio) vige il principio della discrezionalità del giudice di merito, cui è demandata in via esclusiva la valutazione dei presupposti di fatto per la applicazione degli istituti di volta in volta interessati ( circostanze alla loro comparazione e bilanciamento, dalla entità della pena al riconoscimento della continuazione, e via discorrendo). Ne consegue che a questa Corte è fatto divieto di ingerirsi e di sovrapporre le proprie valutazioni dovendosi rispettare quelle dei giudici di merito, con la sola condizione che esse
si esprimano in una motivazione immune da contraddizioni e da manifeste illogicità.
È bene chiarire che lo standard indicato (la manifesta illogicità) non si risolve in una semplice incongruenza del ragionamento o della forma espressiva in cui esso si manifesti, ma in una frattura della conseguenzialità del ragionamento, della relazione causa-effetto, che sia di tale gravità da essere rilevabile ictu °cuti, cioè immediatamente e con evidenza.
Ebbene, su questa premessa, la valutazione concordemente espressa dai giudici di merito (a pg. 4 e a pg. 3, rispettivamente) di fondare la recidiva sull pluralità dei precedenti e sulla loro severità appare immune da manifesta illogicità, nemmeno indicata in vero (contestandosi piuttosto l’erroneità della decisione). Il motivo risulta, pertanto, formulato al di fuori dei casi consenti dall’ari. 606, comma 1, cod. proc. pen. e quindi soggetto alla sanzione dell’inammissibilità sancita dal comma 3 della stessa disposizione.
Gli ulteriori motivi comuni, riguardanti, sotto diversi profili, le circostan del reato, possono essere trattati unitariamente, osservando quanto segue.
5.1 Quanto alle aggravanti contestate e ritenute in relazione ai due distinti reati (la presenza di più persone per la rapina, la aggravante ‘teleologica’ per le lesioni), già nella sentenza di appello se ne è rilevata la irrilevanza ai fini d computo della pena finale, alla luce del giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti ed aggravanti, che non può essere più favorevole di quello già conseguito dai due imputati, con la prevalenza per lo Jlassi e l’equivalenza per il Mejri (in tal senso, da ultimo, Sez. 5, n. 13628 del 15/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286222 – 01; Sez. 4, n. 15937 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286342 01). Né si può sostenere che gli imputati avrebbero comunque potuto ‘meritare’ una riduzione della pena base, posto che il distacco dal minimo edittale è stato dal giudice di primo grado espressamente (e correttamente) giustificato con riferimento alla gravità della rapina ed alla entità delle lesioni, circostanze quest che nulla hanno a che vedere né con la pluralità degli autori del reato né con il nesso finalistico.
Gli indicati motivi sono pertanto inammissibili per carenza di interesse ad impugnare.
5.2 Infine, entrambi gli imputati, nei rispettivi ricorsi e nella memori depositata per la discussione, contestano il mancato riconoscimento della circostanza attenuante ex art.62 n.6 cod. pen. per aver immediatamente restituito il cellulare, invocando inoltre la applicazione al caso di specie del fat di lieve entità.
In relazione al primo aspetto, esso ha trovato adeguata risposta a pg. 3 della sentenza d’appello, con riferimento tanto alla restituzione del cellulare (in verità, gettato a terra) che all’offerta di € 500,00 sicché la pedissequa riproduzione del motivo come motivo di ricorso per cassazione non può essere considerata una critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello: in questa ipotesi, pertanto, il motivo è necessariamente privo dei requisiti di cui all’art. 581 cod. proc. pen., comma 1, lett. d), che impone la esposizione delle ragioni di fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta, co conseguente aspecificità della doglianza (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, COGNOME, Rv. 259425 – 01).
Infine, in relazione all’applicazione della attenuante del fatto di lieve entità, motivo è stato introdotto in maniera tempestiva in questa sede attesa l’epoca della pronuncia della Sentenza della Corte Costituzionale (n. 86 del 13 maggio 2024), successiva non solo alla pronuncia della sentenza di secondo grado, ma anche all’epoca di proposizione dei ricorsi (che da timbro di Cancelleria risultano depositati il 5 settembre 2023), con memoria ex art. 121 cod. proc. pen. inviata e depositata in udienza (Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, G., Rv. 286536 – 01).
Tuttavia, in tal caso, la Corte di cassazione, apprezzando la circostanza sopravvenuta nell’ambito del complessivo giudizio sull’entità dell’offesa, la può valutare nel solo caso in cui siano immediatamente rilevabili dagli atti i presupposti per la sua applicazione e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali, ed a condizione che i giudici di merito non si siano già espressi sul punto. Nel caso concreto, l’esame e la valutazione del fatto è escluso in radice dalla presenza di un giudizio che fin d’ora sancisce la gravità della condotta in termini che sono del tutto incompatibili con l’applicazione della circostanza invocata.
Infatti, in più passaggi argomentativi, la sentenza di appello evidenzia tanto la gravità della condotta che gli esiti della stessa, parlando di “brutalit dell’aggressione”, di “effetti fisici e psicologici di non poco rilievo” e di “gravità fatto”, del tutto in linea con una aggressione che ha causato alla vittima una doppia frattura. A fronte di tale quadro, già accertato ed affermato dalla sentenza di secondo grado, il motivo sopravvenuto appare da un lato generico, poiché del tutto sfornito di apparato giustificativo che illustri le ragioni della lieve entità soprattutto manifestamente infondato.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.