Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22420 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22420 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLANA GROTTE il 26/02/1990
avverso la sentenza del 24/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
b
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e difetto di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di rapina, in particolare lamentando l’insussistenza degli elementi costitutivi e la mancata riqualificazione nel delitto di furto, non è consentito poiché, oltre ad essere reiterativo esponendo doglianze già adeguatamente disattese nell’impugnata sentenza, è privo di specificità in quanto non si confronta con quanto affermato, con corretti argomenti logici e giuridici, dal giudice di merito a pag. 4 della sentenza impugnata dove correttamente si ritiene sussistente l’elemento della violenza contestuale alla sottrazione che consente di ritenere integrato il delitto di cui all’art. 628 cod. pen. in luogo di quello di cui all’art. 624 cod. pen. Va, in proposito, rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità;
osservato, inoltre, che il suddetto motivo non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento;
che esule, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. 1J, n. 6402, del 30/4/1997, COGNOME, Rv. 207944);
considerato che, con riguardo al secondo motivo di ricorso che lamenta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., la Corte d’appello ha motivato (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata dove si fa riferimento alla modalità di sottrazione della res all’interno dell’abitazione della persona offesa) in termini coerenti con la costante ed assolutamente prevalente giurisprudenza di questa Corte secondo cui la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza del reato, senza
che rilevi, invece, la capacità del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 28269 del 31/05/2023,
Conte, Rv. 284868 – 01; Sez. 2, n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, COGNOME
Rv. 280615-01; Sez. 4, n. 6635 del 19/01/2017, Sicu, Rv. 269241-01). Ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale
tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di
legittimità, se immune da vizi logico-giuridici (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015,
COGNOME, Rv. 265685-01; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, COGNOME, Rv. 247363-
01);
pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con rilevato,
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18 marzo 2025.