Inammissibilità Ricorso: la Cassazione boccia le impugnazioni generiche
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi sono generici e non si confrontano specificamente con la decisione impugnata. Questo principio è cruciale per garantire l’efficienza della giustizia, evitando che i gradi di giudizio superiori vengano intasati da impugnazioni meramente ripetitive e prive di un reale contenuto critico.
I fatti del caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente contestava la decisione dei giudici di secondo grado sotto due profili: il mancato riconoscimento di un’esimente (nello specifico, lo stato di necessità previsto dall’art. 54 del codice penale) e l’applicazione di una misura di sicurezza, ovvero l’espulsione dal territorio nazionale ai sensi dell’art. 235 del codice penale.
Il ricorso, tuttavia, non introduceva nuovi elementi di analisi o critiche puntuali alla sentenza d’appello, limitandosi a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte nel precedente grado di giudizio.
La decisione della Corte e l’inammissibilità ricorso
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’attenta analisi della specificità dei motivi di impugnazione, un requisito essenziale previsto dal codice di procedura penale. I giudici hanno rilevato che i motivi presentati dal ricorrente erano del tutto generici.
Le ragioni dell’inammissibilità
Il cuore della decisione risiede nella constatazione che il ricorso era privo di una critica argomentata e specifica alla motivazione della sentenza impugnata. Invece di contestare punto per punto il ragionamento dei giudici d’appello, la difesa si è limitata a una mera riproposizione di tesi già vagliate e motivatamente respinte. Questo approccio rende l’impugnazione non specifica e, di conseguenza, inammissibile.
Le motivazioni: la mancanza di correlazione come vizio fatale
La Corte di Cassazione ha chiarito che l’inammissibilità del ricorso deriva direttamente dalla mancanza di correlazione tra le ragioni addotte nell’atto di impugnazione e quelle sviluppate nella decisione contestata. Secondo l’art. 591, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale, l’appello deve contenere motivi specifici. Tale specificità non si esaurisce nella semplice enunciazione di una doglianza, ma richiede un confronto critico e argomentato con la sentenza che si intende censurare. Ripetere le stesse argomentazioni, senza spiegare perché il giudice precedente abbia errato nell’applicare la legge o nel valutare i fatti, equivale a non presentare un motivo valido. L’impugnazione diventa così un atto sterile, incapace di innescare un reale controllo di legittimità da parte della Corte Suprema.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza rafforza un principio cardine del diritto processuale: un ricorso per Cassazione non è una terza istanza di giudizio sul merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Per attivare efficacemente tale controllo, è indispensabile che i motivi di ricorso siano puntuali, specifici e direttamente pertinenti alla motivazione del provvedimento impugnato. La decisione serve da monito per i difensori: un’impugnazione efficace non può essere una semplice fotocopia degli atti precedenti, ma deve evolvere in una critica ragionata e mirata. In caso contrario, le conseguenze sono la declaratoria di inammissibilità, con la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Per quale motivo un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi sono generici, ovvero se si limitano a riproporre le stesse ragioni già discusse e respinte dal giudice precedente, senza una specifica correlazione con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Cosa significa che i motivi di ricorso sono “generici”?
Significa che non contestano in modo specifico e critico la motivazione della sentenza impugnata, ma si limitano a ripetere argomenti già esaminati e disattesi, risultando quindi non idonei a portare a un riesame del caso.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19815 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19815 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto da NOME COGNOME;
ritenuto che motivi di ricorso, che contestano l’illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dell’esimente di cui all’art. 54 cod. pen. e all’applicazion della misura di sicurezza dell’espulsione di cui all’art. 235 cod. pen., sono generic poiché fondati su argomenti che ripropongono le stesse ragioni già discusse e disattese dal giudice del gravame e, pertanto, non specifici (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata);
che, invero, la mancanza di specificità del motivo, dalla quale, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), deriva l’inammissibilità, si desume dalla mancanza di correlazione tra le ragionì argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20/02/2024
Il Consigliere Estensore