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Inammissibilità ricorso: quando l’appello è generico

La Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per violazione delle prescrizioni. Il motivo è che l’appello era generico e non affrontava le ragioni specifiche per cui i giudici di merito avevano escluso l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: la Cassazione ribadisce l’importanza della specificità

Con l’ordinanza n. 5261 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso quando questo si rivela generico e ripetitivo. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere perché non basta semplicemente riproporre le proprie tesi in ogni grado di giudizio, ma è necessario un confronto puntuale con le motivazioni dei giudici. La decisione chiarisce che un ricorso non può ignorare le argomentazioni della sentenza che impugna, pena la sua immediata archiviazione processuale con condanna alle spese.

I fatti del processo

Un individuo, già condannato per la violazione delle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria ai sensi del d.lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), vedeva la sua condanna confermata anche dalla Corte d’Appello. La sua difesa aveva incentrato l’appello sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, sostenendo che la condotta fosse episodica, di scarsa offensività e caratterizzata da una bassa intensità del dolo.

La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva tale richiesta con una motivazione precisa, evidenziando elementi concreti che deponevano in senso contrario: un significativo scostamento dall’orario consentito e la totale assenza di giustificazioni per una violazione protrattasi per diverse ore. Questi fatti, secondo i giudici di secondo grado, dimostravano un’intolleranza del soggetto al rispetto delle regole, rendendo l’offesa tutt’altro che tenue.

Nonostante ciò, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, ripresentando lo stesso identico motivo, senza però contestare nel merito le argomentazioni utilizzate dalla Corte d’Appello per rigettare la sua istanza.

Le motivazioni della Cassazione sull’inammissibilità del ricorso

La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile con una motivazione tanto sintetica quanto netta. I giudici sottolineano due difetti capitali dell’impugnazione: la sua natura a-specifica e reiterativa. In pratica, il ricorrente si è limitato a copiare e incollare il motivo d’appello, ignorando completamente il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte territoriale per arrivare alla sua decisione.

La Cassazione spiega che un ricorso, per essere ammissibile, deve instaurare un “dialogo” con la sentenza impugnata. Deve cioè attaccare specificamente le ragioni del diniego, evidenziandone eventuali vizi logici o errori di diritto. Limitarsi a riaffermare la propria tesi (in questo caso, la tenuità del fatto) senza smontare quella avversaria (l’intolleranza alle regole dimostrata dai fatti) equivale a non presentare un vero motivo di ricorso.

L’inammissibilità del ricorso e il principio di specificità

Questa pronuncia rafforza un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i motivi di impugnazione devono essere specifici. Non si può chiedere a un giudice superiore di riesaminare l’intera vicenda da capo; bisogna indicargli con precisione dove e perché il giudice precedente avrebbe sbagliato. La Corte di Cassazione, in particolare, non è un terzo grado di merito, ma un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non rivalutare i fatti.

L’ordinanza in commento è un monito per chiunque intenda impugnare una sentenza: è indispensabile un’analisi critica e puntuale della decisione contestata. Un ricorso pigro, che si limita a ripetere argomenti già vagliati e respinti con una motivazione logica, è destinato all’inammissibilità del ricorso.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione economica deriva proprio dalla colpa nell’aver presentato un’impugnazione “irrituale”, ovvero non conforme alle regole procedurali. La decisione serve a scoraggiare ricorsi dilatori o palesemente infondati, garantendo l’efficienza del sistema giudiziario e riaffermando che il diritto di impugnazione deve essere esercitato con serietà e competenza tecnica.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando manca dei requisiti richiesti dalla legge. Nel caso specifico, perché era “a-specifico” e “reiterativo”, ovvero non contestava in modo puntuale le ragioni della decisione impugnata ma si limitava a ripetere argomenti già respinti.

Cosa significa che un motivo di ricorso è “a-specifico” e “reiterativo”?
Significa che il motivo è generico, non individua con precisione l’errore del giudice precedente e si limita a riproporre le stesse difese già presentate nel grado di giudizio anteriore, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza che si sta impugnando.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile per colpa viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per l’uso improprio dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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