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Inammissibilità ricorso: quando la prescrizione è bloccata

La Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso contro una condanna per molestie telefoniche. A causa della manifesta infondatezza dei motivi, l’inammissibilità del ricorso impedisce la declaratoria della prescrizione del reato maturata dopo la sentenza di primo grado, con conseguente condanna del ricorrente alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 agosto 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: la Cassazione Spiega Quando Non si Dichiara la Prescrizione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12451 del 2019, affronta un’importante questione procedurale con rilevanti effetti sostanziali. La pronuncia chiarisce che l’inammissibilità del ricorso impedisce al giudice di legittimità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata. Questo principio, consolidato nella giurisprudenza, sottolinea la necessità di presentare motivi di ricorso specifici e fondati per evitare conseguenze pregiudizievoli, inclusa la condanna al pagamento di spese e sanzioni.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Palermo alla pena di 300,00 euro di ammenda per il reato di molestie (art. 660 c.p.). L’accusa riguardava l’aver effettuato, con petulanza, 11 chiamate telefoniche all’utenza della madre della sua ex compagna. Oltre alla pena, l’imputato era stato condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile, liquidati in 2.000,00 euro.

L’imputato proponeva appello, ma la Corte d’Appello, rilevando che la condanna era alla sola pena dell’ammenda, trasmetteva gli atti alla Corte di Cassazione, convertendo l’impugnazione in ricorso ai sensi dell’art. 568, comma 5, c.p.p.

Le Doglianze e l’Inammissibilità del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato basava il ricorso su quattro motivi principali:
1. Genericità dell’imputazione: Si lamentava la nullità del decreto di citazione a giudizio per essere troppo generico, non specificando dettagli come il contenuto delle telefonate e gli orari precisi.
2. Insufficienza della prova: Si contestava la condanna basata unicamente sulla testimonianza della persona offesa, senza riscontri oggettivi come i tabulati telefonici.
3. Mancata applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto: Si sosteneva che il fatto, per l’esiguità del danno e la non abitualità del comportamento, rientrasse nell’ambito dell’art. 131-bis c.p.
4. Estinzione del reato per prescrizione: Si deduceva che il termine di prescrizione di cinque anni fosse ormai decorso.

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso ritenendo tutti i motivi manifestamente infondati o aspecifici.

L’Analisi della Corte e le sue Conseguenze

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, offrendo importanti chiarimenti procedurali.

Sulla Genericità dell’Imputazione e l’Insufficienza della Prova

Il primo motivo è stato rigettato perché l’eventuale nullità del decreto di citazione doveva essere eccepita prima dell’apertura del dibattimento, cosa non avvenuta. Il secondo motivo è stato giudicato aspecifico, in quanto la difesa non si era confrontata con la valutazione del giudice di merito, che aveva ritenuto attendibile la testimonianza della persona offesa, la quale aveva pacificamente riconosciuto la voce del suo interlocutore.

Il Reato Continuato e la Particolare Tenuità del Fatto

Anche il terzo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ribadito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile in presenza di un “comportamento abituale”. Nel caso di specie, le 11 chiamate integravano un reato continuato, considerato dalla giurisprudenza come una forma di comportamento abituale ostativa al beneficio.

Le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del quarto motivo, relativo alla prescrizione. La Corte ha applicato il principio consolidato, stabilito dalle Sezioni Unite (sent. n. 32/2000), secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta a manifesta infondatezza dei motivi, preclude la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione qualora questa sia maturata in un momento successivo alla pronuncia della sentenza impugnata. L’inammissibilità dei primi tre motivi ha impedito la valida instaurazione di un rapporto processuale dinanzi alla Corte di Cassazione. Di conseguenza, la Corte non ha potuto esaminare la questione della prescrizione, che nel caso di specie era maturata dopo la sentenza di primo grado. L’inammissibilità ha, di fatto, “cristallizzato” la situazione al momento della decisione impugnata, rendendo irrilevante il tempo trascorso successivamente.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito sulla necessità di formulare ricorsi solidi e giuridicamente fondati. La proposizione di motivi manifestamente infondati non solo porta a una dichiarazione di inammissibilità, ma impedisce anche di beneficiare di cause di estinzione del reato come la prescrizione. Per l’imputato, ciò si traduce non solo nella conferma della condanna, ma anche nell’ulteriore condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, fissata in questo caso a 3.000,00 euro.

Quando un appello può essere convertito in ricorso per cassazione?
Un appello viene convertito in ricorso per cassazione quando viene proposto contro una sentenza per la quale la legge non ammette l’appello, come nel caso di sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda. In tale ipotesi, l’impugnazione si converte di diritto in ricorso per cassazione, come previsto dall’art. 568, comma 5, c.p.p.

Perché il reato continuato impedisce l’applicazione della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Secondo la giurisprudenza consolidata citata nella sentenza, il reato continuato configura un’ipotesi di ‘comportamento abituale’. L’art. 131-bis c.p. esclude la sua applicazione in presenza di condotte plurime, abituali e reiterate. Pertanto, la pluralità di azioni che integra il reato continuato è ostativa al riconoscimento del beneficio della particolare tenuità del fatto.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione impedisce di dichiarare la prescrizione del reato?
Sì, secondo quanto affermato dalla Corte. Se il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi, non si instaura un valido rapporto processuale. Di conseguenza, la Corte di Cassazione non può rilevare e dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione se il termine è maturato dopo la data della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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