Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12451 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12451 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/10/2018
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo in data 1/09/1990, avverso la sentenza del Tribunale di Palermo in data 29/11/2017; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore genera NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essersi il reato estinto per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Tribunale di Palermo in data 29/11/2017, NOME COGNOME era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 300,00 euro di ammenda in quanto riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. cpv. e 660 cod. pen., ascrittigli al capo B) dell’imputazione, per avere, petulanza o per altro biasimevole motivo, effettuato 11 chiamate all’utenza NOME COGNOME, fatti accertati in Palermo da! 30/7/2012 al 28/8/2012. Con stesso provvedimento l’imputato era stato assolto dal reato previsto dall’art. cod. pen., a lui ascritto al capo A) della rubrica, perché il fatto non è pr dalla legge come reato, venendo, altresì, condannato al risarcimento dei danni favore della parte civile, liquidati in via equitativa in 2.000,00 euro, o pagamento delle spese processuali dalla stessa sostenute.
Avverso la sentenza di primo grado aveva proposto appello lo stesso COGNOME per mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME Nondimeno, con ordinanza in data 28/2/2018, la Corte di appello di Palermo aveva disposto la trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, rilevando ch predetta sentenza non rientrava tra quelle per le quali è ammesso l’appello sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., trattantosì di pronuncia co quale era stata inflitta la sola pena dell’ammenda.
L’impugnazione deduce quattro distinti motivi di ricorso.
3.1. Con il primo di essi si lamenta la nullità del decreto di citazione dire giudizio ai sensi dell’art. 552, commi 1, lett. c) e 2, cod. proc. pen., il quale prevede che il decreto di citazione a giudizio contenga l’enunciazione del fatt forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che posso comportare l’applicazione di misure di sicurezza, con l’indicazione dei rela articoli di legge. Nel caso di specie, tale norma non sarebbe stata applicat quanto l’enunciazione del fatto si presenterebbe alquanto generica e imprecisa riproducendo il testo dell’art. 660 cod. pen., senza indicare il contenuto telefonate, il tenore di tali conversazioni, i giorni e gli orari in cui sarebb effettuate e il numero di telefono da cui esse provenivano.
3.2. Con il secondo motivo, la difesa di COGNOME censura la mancata assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto o per insufficienza contraddittorietà della prova ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen Giudice di primo grado si sarebbe basato esclusivamente su quanto dichiarato, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, da NOME COGNOME, madre del compagna dell’imputato, la quale avrebbe riferito di aver ricevuto diver telefonate dal contenuto offensivo e ingiurioso ad opera di COGNOME, del quale ella avrebbe riconosciuto la voce e che, a volte, si sarebbe presentato prìm proferire le frasi offensive. Nondimeno, la Procura non avrebbe mai richiesto tabulati telefonici, né il Giudice di primo grado ne avrebbe mai dispo l’acquisizione. Inoltre, non avrebbe stato verificato se l’utenza fosse intes COGNOME o se la stessa fosse in uso al medesimo, né se l’interlocutore foss effettivamente, l’imputato.
3.3. Con il terzo motivo, viene dedotto che il Giudice di primo grado avrebb dovuto dichiarare non punibile COGNOME ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. per “particolare tenuità del fatto”, tenuto conto sia dell’esiguità del danno arr sia della particolare tenuità dell’offesa e, infine, della non abitua comportamento al medesimo ascritto.
2.4. Con il quarto motivo, si deduce, infine, che il reato sarebbe estinto intervenuta prescrizione, trattandosi di contravvenzione che, secondo quant previsto dall’art. 157 cod. pen., si prescrive in cinque anni, ormai decor quanto il reato si sarebbe consumato tra il 30/7/2012 e il 28/8/2012.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, ritiene il Collegio che le censure dedotte con l’appell non involgano esclusivamente profili di merito; così come deve ritenersi pacific che, con tale atto, l’odierno imputato abbia inteso provocare un giudiz impugnatorio volto all’intervento demolitorio del provvedimento gravato.
Ne consegue che, non sussistendo ostacoli formali alla proposizione del ricorso per cassazione e non potendo dubitarsi della voluntas impugnationis dell’imputato, l’appello, secondo il disposto dell’art. 568, comma 5, cod. p pen., deve essere convertito in ricorso per cassazione, restando del tu irrilevante la qualificazione data all’impugnazione dalla parte che l’ha proposta
Nel merito il ricorso è, però, inammissibile.
Muovendo dall’analisi del primo motivo, rileva il Collegio che le censure difensive sono manifestamente infondate, atteso che, diversamente da quanto opinato in sede di impugnazione, il fatto ascritto all’imputato è stato delin con sufficiente chiarezza già in sede di decreto di citazione a giudizio medesimo è stato successivamente dettagliato grazie alle dichiarazioni rese dibattimento dalla persona offesa, con possibilità di un pieno esercizio dei di di difesa. In ogni caso, va ricordato che la generica enunciazione dei fatto int una ipotesi di nullità relativa del decreto di citazione a giudizio, che resta qualora non venga eccepita prima dell’apertura del dibattimento (Sez. 5, 28512 del 14/5/2014, Novara, Rv. 262508); eccezione che la difesa di COGNOME non ha dedotto di avere tempestivamente formulato.
Quanto, poi, al secondo motivo di ricorso, il Tribunale ha posto in luc come dalle dichiarazioni di NOME COGNOME fosse pacificamente emerso che, dopo la rottura della relazione sentimentale con la figlia, NOME COGNOME NOME COGNOME, attraverso l’utenza telefonica a lui in uso (NUMERO_DOCUMENTO, aveva più volte chiamato la persona offesa, anche in orario notturno rivolgendole espressioni dai contenuto offensivo, talvolta addiritt presentandosi prima di parlarle. A fronte dell’univoco significato di dichiarazioni, la difesa si è limitata a sottolineare la mancata acquisizion tabulati telefonici e il mancato accertamento dell’intestazione dell’utenza, s peraltro confrontarsi con la puntuale valutazione del materiale istrutto compiuta dal tribunale, che ha anche posto in luce come la persona offesa avesse dichiarato di avere pacificamente riconosciuto la voce del su interlocutore.
Il motivo è, dunque, aspecífico oltre che manifestamente infondato.
Inammissibile è anche il terzo motivo, con il quale la difesa di COGNOME lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’a 131-bis cod. pen.. In argomento, infatti, va ricordato che la disposizione
esame richiede che il comportamento non sia abituale ovvero che l’autore non “sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza”, n “abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatt isolatamente considerato, sia di particolare tenuità”, o ancora che non “si trat reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate”.
Sul punto, l’opinione giurisprudenziale ormai consolidata, ritiene che causa di esclusione non possa essere applicata in presenza di più reati legati vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configur un’ipotesi di “comportamento abituale”, ostativa al riconoscimento del benefici (Sez. 3, n. 43816 del 1/7/2015, COGNOME, Rv. 265084; Sez. 3, n. 29897 del 28/5/2015, Gau, Rv. 264034).
Nel caso di specie, la continuazione è stata correttamente ritenuta d Giudice di merito essendosi pacificamente in presenza di una pluralità d condotte commissive di molestie. Ne consegue, dunque, la manifesta infondatezza anche del terzo motivo di ricorso.
Manifestamente infondata è, infine, la doglianza, dedotta con il quarto motivo, relativa alla estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Ci quanto l’inammissibilità dei precedenti motivi di ricorso impedisce la vali instaurazione del rapporto processuale, sicché la maturazione della prescrizion successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata impedisce la declaratoria di non doversi procedere ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. ( U, n. 32 del 22/11/2000, D., Rv. 217266; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, Rv. 256463). Nel caso di specie, infatti, per effetto della sospensi del termine dal 3/5/2017 al 15/9/2017 conseguente alla adesione del difensore all’astensione dalle udienze indetta dall’Unione Camere Penali italiane, l’origin termine quinquennale, previsto per le contravvenzioni, era scaduto non già i 28/8/2017, quanto il 9/1/2018, ovvero dopo la pronuncia della sentenza impugnata. Ne consegue la manifesta infondatezza anche del quarto motivo di ricorso.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussis elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declarator dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamel2to della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
La natura non particolarmente complessa della questione e l’applicazione di principi giurisprudenziali consolidati consente di redigere la motivazione de decisione in forma semplificata.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della cassa dell ammende.
Così deciso il 12/10/2018
Il Consigliere estensore NOME COGNOME R.kncld i
COGNOME Il Presidente
NOME COGNOME