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Inammissibilità ricorso: quando la pena è corretta

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso presentato contro una condanna per il reato di percosse. L’imputato lamentava una pena eccessiva e una motivazione carente. La Corte ha stabilito che la multa rientrava nei limiti di legge e che la motivazione del giudice di merito, basata sull’intensità del dolo, era adeguata. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: la Cassazione Chiarisce Limiti di Pena e Obblighi di Motivazione

Presentare un ricorso in Cassazione è un diritto, ma non è un’azione priva di conseguenze se condotta con leggerezza. Una recente ordinanza della Suprema Corte sottolinea come l’inammissibilità del ricorso, quando manifesta, comporti non solo la conferma della condanna, ma anche ulteriori sanzioni pecuniarie. Il caso analizzato riguarda un appello contro una condanna per percosse, basato su una presunta pena eccessiva e una motivazione insufficiente da parte del giudice.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato dal Giudice di Pace di Reggio Calabria per il reato di percosse (art. 581 c.p.), decideva di presentare ricorso per Cassazione. I motivi alla base dell’impugnazione erano due:

1. Violazione di legge penale: il ricorrente sosteneva che la pena pecuniaria inflitta, pari a 600 euro di multa, fosse superiore al massimo edittale previsto dalla legge per quel reato.
2. Mancanza di motivazione: si contestava al primo giudice di non aver adeguatamente spiegato le ragioni che lo avevano portato a determinare quella specifica sanzione.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, rigettandoli e dichiarando l’inammissibilità del ricorso. La decisione si fonda su un’analisi puntuale delle norme applicabili e dei principi consolidati in giurisprudenza. La Corte ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati e, nel caso del secondo, anche generici, evidenziando una carenza di argomentazioni specifiche e pertinenti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha articolato la sua decisione smontando punto per punto le doglianze del ricorrente, offrendo importanti chiarimenti.

Analisi del Primo Motivo: Pena Entro i Limiti Edittali

Il primo motivo è stato considerato manifestamente infondato. La Corte ha specificato che il Giudice di Pace aveva correttamente irrogato una multa di 600 euro. Tale importo rientra pienamente nello “spazio edittale” previsto dall’art. 52, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 274/2000 per i reati di competenza del Giudice di Pace, che va da un minimo di 258 euro a un massimo di 2.582 euro. La lamentela del ricorrente era, quindi, basata su un presupposto giuridico errato.

Analisi del Secondo Motivo e l’Importanza della Motivazione

Anche il secondo motivo, relativo alla presunta mancanza di motivazione, è stato giudicato generico e manifestamente infondato. La Cassazione ha ribadito che il giudice di merito aveva fornito una spiegazione congrua e logica della sua decisione. In particolare, aveva fatto riferimento ai criteri dell’art. 133 del codice penale, considerando preponderante l’intensità del dolo dell’imputato. Secondo la Corte, questo tipo di valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere messo in discussione in sede di legittimità attraverso critiche generiche e assertive come quelle proposte dal ricorrente.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, prima di impugnare una sentenza per eccessività della pena, è fondamentale verificare con precisione i limiti edittali applicabili al caso specifico. In secondo luogo, contestare la motivazione di una sentenza richiede argomentazioni specifiche e non generiche asserzioni di insufficienza. L’ordinanza conferma che un ricorso palesemente infondato non solo viene respinto, ma comporta anche conseguenze economiche significative. La Corte, ravvisando una colpa nell’evidente inammissibilità dell’impugnazione, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. Questo serve da monito: il ricorso in Cassazione è uno strumento serio, da utilizzare con cognizione di causa per evitare di aggravare la propria posizione.

Quando un ricorso per una pena ritenuta eccessiva può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso di questo tipo viene dichiarato inammissibile quando la pena inflitta dal giudice rientra chiaramente nei limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge per quel reato. Nel caso specifico, la multa di 600 euro era compresa nell’intervallo legale (258 – 2.582 euro), rendendo la doglianza manifestamente infondata.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
L’appellante viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è evidente e quindi riconducibile a colpa del ricorrente, quest’ultimo è tenuto a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dal giudice. In questa ordinanza, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

È sufficiente per un giudice motivare la pena facendo riferimento all’intensità del dolo?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, è una motivazione sufficiente se il giudice spiega in modo congruo e logico come ha applicato i criteri dell’art. 133 del codice penale. Evidenziare l’intensità del dolo (l’intenzione criminale) dell’imputato è una valutazione che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere censurata con critiche generiche.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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