Inammissibilità del Ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione
Con l’ordinanza n. 10833/2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale: l’inammissibilità del ricorso quando questo si limita a riproporre questioni già valutate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Questo provvedimento offre spunti importanti per comprendere i requisiti di accesso al giudizio di legittimità e le ragioni che possono portare a una pronuncia sfavorevole per il ricorrente.
I Fatti Processuali
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. L’appellante contestava la decisione dei giudici di merito sotto due profili principali: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale, e il diniego della sostituzione della pena detentiva con una pena pecuniaria.
La Decisione della Suprema Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha stabilito che i motivi presentati non erano consentiti in sede di legittimità, in quanto si configuravano come una mera riproduzione di censure già adeguatamente esaminate e disattese dalla Corte d’Appello. Questo approccio rende il ricorso privo dei requisiti necessari per essere discusso nel merito.
Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Decisione
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni chiare e consolidate. I giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito motivazioni giuridicamente corrette, puntuali e prive di vizi logici nel respingere le richieste della difesa.
In particolare, sono state confermate le valutazioni di merito su due punti cruciali:
1. Non applicabilità dell’art. 131 bis c.p.: La richiesta di riconoscere la particolare tenuità del fatto era stata respinta in ragione del “disvalore oggettivo della condotta” e della “intensità del dolo”. I giudici di merito avevano quindi correttamente ritenuto che la gravità del comportamento e l’intenzione criminale non fossero compatibili con l’istituto della non punibilità.
2. Diniego della sostituzione della pena: La scelta di non sostituire la pena detentiva con una pecuniaria era stata giustificata sulla base della “ritenuta inaffidabilità del ricorrente” riguardo alla prospettiva di un effettivo adempimento. Si tratta di una valutazione discrezionale del giudice di merito, che la Cassazione ha ritenuto insindacabile perché adeguatamente motivata.
La Corte ha concluso che tali valutazioni, essendo ben argomentate e coerenti, non potevano essere messe in discussione in sede di legittimità, dove non è consentito un nuovo esame dei fatti.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chi intende adire la Corte di Cassazione: il ricorso non può essere una semplice riproposizione delle argomentazioni difensive già presentate. Per superare il vaglio di ammissibilità, è necessario evidenziare specifici vizi di legge o palesi incongruenze logiche nella motivazione della sentenza impugnata. Tentare di ottenere una terza valutazione sul merito dei fatti è una strategia destinata all’insuccesso e comporta significative conseguenze economiche, come la condanna alle spese e al pagamento di una sanzione a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una mera riproduzione di censure già esaminate e respinte correttamente dai giudici di merito, senza presentare nuovi profili di violazione di legge.
Per quale motivo i giudici hanno negato l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La non punibilità ex art. 131 bis c.p. è stata negata a causa del significativo disvalore oggettivo della condotta e dell’intensità del dolo che l’ha caratterizzata, elementi ritenuti incompatibili con la nozione di ‘particolare tenuità’.
Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10833 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10833 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PINEROLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
t
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe; esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi prospettati non sono consentiti d legge in sede di legittimità in quanto meramente riproduttivi di profili di censur adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici del merito con argomenti giuridicamente corrett puntuali rispetto al portato delle doglianze difensive, coerenti con riguardo alle emergen acquisite oltre che immuni da manifeste incongruenze logiche tali da rendere i giudizi di meri all’uopo spesi – nel ritenere non applicabile la causa di non punibilità di cui all’ad 131 bis ragione del disvalore oggettivo della condotta e della intensità del dolo che ne ha sorret portato) e nel negare la sostituzione della pena detentiva irrogata con una pena pecuniaria per la ritenuta inaffidabilità del ricorrente quanto alle prospettiva di relativo adempimento) censurabili in questa sede;
rilevato che all’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 5 febbraio 2024.