Inammissibilità ricorso in Cassazione: Analisi di un caso pratico
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio dei limiti del giudizio di legittimità e delle ragioni che portano alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso per Cassazione. Attraverso l’analisi di un caso concreto, la Suprema Corte ribadisce principi fondamentali sia in materia processuale che sostanziale, in particolare riguardo al reato di furto e alla valutazione delle prove. Comprendere queste dinamiche è cruciale per capire perché non tutte le contestazioni possono essere portate all’attenzione della Corte Suprema.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato da due imputate contro una sentenza di condanna della Corte d’Appello. Le accuse riguardavano un reato commesso in concorso, caratterizzato da minacce e dall’impossessamento di un bene. Le ricorrenti, attraverso i loro difensori, hanno sollevato diverse doglianze. Una delle imputate contestava la sussistenza delle minacce, la configurabilità del reato di furto data la presunta minima durata dell’impossessamento, e il bilanciamento delle circostanze del reato. L’altra ricorrente, invece, sosteneva l’errata ricostruzione dei fatti, affermando di non dover rispondere delle azioni delle coimputate.
La Decisione della Suprema Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza, ma si concentra sulla correttezza formale e sostanziale dei motivi di ricorso. La Corte ha stabilito che le argomentazioni presentate erano inidonee a superare il vaglio di legittimità. Di conseguenza, le ricorrenti sono state condannate al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha respinto le argomentazioni difensive.
Per la prima ricorrente, i giudici hanno evidenziato tre punti critici:
1. Genericità e Ripetitività: Le contestazioni sulla sussistenza delle minacce sono state giudicate una mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti nei due precedenti gradi di giudizio (la cosiddetta “doppia conforme”). Il ricorso non si confrontava con la motivazione della sentenza d’appello, che aveva chiarito come tutte le imputate avessero proferito frasi intimidatorie. Chiedere alla Cassazione di rivalutare le prove è un’attività non consentita, poiché il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge, non ricostruire i fatti.
2. Manifesta Infondatezza sul Furto: La Corte ha liquidato come manifestamente infondata la tesi secondo cui la breve durata del possesso del bene escluderebbe il reato. Citando un proprio precedente (sentenza n. 7500/2017), ha ribadito un principio consolidato: l’impossessamento si realizza nel momento in cui l’agente acquisisce la disponibilità esclusiva della cosa, instaurando una relazione diretta con essa e sottraendola alla vittima. La durata di tale possesso è irrilevante ai fini della consumazione del reato.
3. Correttezza della Motivazione: Anche la critica sul bilanciamento delle circostanze è stata respinta, poiché la Corte d’Appello aveva adempiuto al proprio onere motivazionale richiamando e condividendo le valutazioni del giudice di primo grado.
Per quanto riguarda la seconda ricorrente, la sua richiesta di una “rilettura del compendio istruttorio” è stata giudicata impossibile. La Corte ha sottolineato la natura concorsuale del reato: quando si agisce insieme, le azioni di un correo, se rappresentano uno sviluppo prevedibile del piano criminoso condiviso, si estendono a tutti i partecipanti. Le minacce e la violenza perpetrate da una delle imputate erano, secondo i giudici di merito, un’evoluzione prevedibile della condotta criminosa.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma con forza il ruolo della Corte di Cassazione come giudice di legittimità, non di merito. L’inammissibilità del ricorso scatta quando i motivi sono generici, si limitano a ripetere argomenti già esaminati, o tentano di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove. Questo provvedimento serve da monito: un ricorso per Cassazione deve basarsi su vizi di legge o difetti di motivazione evidenti e specifici, non su una semplice insoddisfazione per l’esito dei giudizi precedenti. Inoltre, consolida un importante principio sul reato di furto, chiarendo che la sua consumazione è istantanea e legata al solo impossessamento, a prescindere dalla sua durata.
Perché i ricorsi sono stati dichiarati inammissibili?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché i motivi erano generici, ripetitivi delle argomentazioni già respinte nei gradi di merito e miravano a una nuova ponderazione delle prove, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione.
Quando si considera consumato il reato di furto secondo la Corte?
Secondo la Corte, il reato di furto si consuma non appena l’agente ottiene la disponibilità materiale ed esclusiva della cosa sottratta, privando la vittima del suo potere di controllo. La durata, anche se minima, di tale impossessamento è irrilevante.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove del processo?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza poter procedere a una nuova valutazione delle prove o a una ricostruzione dei fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10295 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10295 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato.a FROSINONE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME PESCARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo del ricorso di COGNOME reitera le doglianze sulla sussistenza delle minacce da parte della ricorrente, non confrontandosi con la doppia conforme motivazione che sottolinea come tutte e tre le coimputate proferissero frasi intimidatorie in lingua sinti, e risulta dunque non consentito, mirando a una nuova ponderazione delle prove e insuperabilmente generico;
che il secondo motivo di COGNOME è manifestamente infondato, poiché la condotta di impossessamento si realizza non appena l’agente abbia la disponibilità materiale della cosa sottratta, intesa come passaggio nella propria esclusiva detenzione, instaurando una relazione diretta con la res, con conseguente privazione per la vittima della detenzione, del potere di dominio e di vigilanza sulla cosa stessa e a nulla rileva che l’impossessamento abbia avuto durata minima (Sez. 2, n. 7500 del 26/01/2017, NOME, Rv. 269576);
che il terzo motivo di COGNOME contesta il giudizio di comparazione ex art. 69 cod. pen., ma la Corte abruzzese ottempera al proprio onere motivazionale richiamando e condividendo le congrue valutazioni di primo grado (p. 7, Trib.);
considerato che l’unico motivo dedotto da COGNOME postula un’impossibile rilettura del compendio istruttorio e non tiene conto del corretto riferimento dei giudici di appello alla natura concorsuale del reato, alle minacce da parte di tutte le corree e alla violenza perpetrata da COGNOME, sviluppo chiaramente prevedibile;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la +q*, condanna dell-ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 20 febbraio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente