Inammissibilità ricorso Cassazione: Le Conseguenze di Motivi Generici
L’accesso alla Corte di Cassazione, ultimo grado del sistema giudiziario italiano, è soggetto a regole precise e rigorose. Una recente ordinanza ci offre lo spunto per analizzare il concetto di inammissibilità del ricorso in Cassazione, specialmente quando i motivi addotti sono generici o non pertinenti. Questo provvedimento sottolinea come non sia sufficiente dissentire da una decisione, ma sia necessario formulare critiche specifiche e legalmente fondate per ottenere una revisione dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso: Dall’Appello alla Cassazione
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’imputato, condannato nei precedenti gradi di giudizio, ha deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre distinti motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso e l’inammissibilità in Cassazione
L’analisi dei motivi del ricorso è cruciale per comprendere la decisione della Corte.
Primo Motivo: Critiche alla Motivazione della Responsabilità
Il ricorrente contestava la correttezza della motivazione con cui i giudici di merito avevano affermato la sua responsabilità penale. In particolare, si lamentava della valutazione negativa circa la sussistenza di un suo presunto diritto di credito nei confronti della vittima. La Corte di Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile perché non costituiva una critica argomentata alla sentenza d’appello, ma si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in secondo grado. In sostanza, il motivo era ‘apparente’ e non ‘specifico’, mancando di assolvere alla funzione tipica del ricorso di legittimità: censurare vizi di legge e non riesaminare i fatti.
Secondo e Terzo Motivo: L’Eccessività della Pena
Con gli altri due motivi, l’imputato lamentava l’eccessività della pena inflitta e dell’aumento applicato per la continuazione del reato. Anche queste censure sono state respinte come manifestamente infondate. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente giustificato la loro decisione, rendendo la doglianza inammissibile.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte, con la sua ordinanza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione nella sua interezza. La motivazione di questa decisione si articola su due pilastri fondamentali della procedura penale. In primo luogo, la Corte ha sottolineato la natura del giudizio di legittimità, che non è un ‘terzo grado’ di merito. Non è possibile chiedere alla Cassazione di rivalutare i fatti o le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. La riproposizione pedissequa dei motivi d’appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata, rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.
In secondo luogo, è stato riaffermato il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena. Finché il giudice si muove all’interno dei limiti edittali e fornisce una motivazione congrua basata sugli elementi del caso, la sua scelta non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione. L’onere argomentativo del giudice di merito era stato, secondo la Corte, pienamente assolto.
Conclusioni
La decisione in esame è un monito importante sull’importanza della tecnica redazionale del ricorso per Cassazione. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è indispensabile che i motivi non siano una mera ripetizione di difese precedenti, ma si configurino come una critica specifica, puntuale e argomentata delle violazioni di legge o dei vizi di motivazione presenti nella sentenza impugnata. L’esito del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, evidenzia le conseguenze negative di un’impugnazione non adeguatamente preparata.
 
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché è stato ritenuto una semplice reiterazione di argomenti già presentati e respinti nel giudizio di appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, risultando così un motivo non specifico ma solo apparente.
È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, non come una valutazione nel merito. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione su questo punto non è consentito, a meno che la motivazione del giudice sia totalmente assente, contraddittoria o manifestamente illogica, circostanze non riscontrate nel caso di specie.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4500 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4500  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO IE IN DIRITTO
t -V-
Letto il ricorso di NOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità, è inammissibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (si veda pag. 4 in ordine alla insussistenza di un diritto credito nei confronti della vittima della condotta) , dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Ritenuto che il secondo e il terzo motivo di ricorso che contestano l’eccessività della pena e dell’aumento per continuazione non sono consentite dalla legge in sede di legittimità ed sono manifestamente infondati perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai princi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argementativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 4 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende
Roma 9/01/24