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Inammissibilità ricorso: quando la Cassazione lo rigetta

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. La decisione si fonda sulla genericità dei motivi presentati, considerati una mera ripetizione di argomenti già respinti, e sull’impossibilità di contestare in sede di legittimità la discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena. Questa ordinanza ribadisce i requisiti di specificità per l’accesso al giudizio di Cassazione, evidenziando le conseguenze dell’inammissibilità ricorso Cassazione, tra cui la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso Cassazione: Le Conseguenze di Motivi Generici

L’accesso alla Corte di Cassazione, ultimo grado del sistema giudiziario italiano, è soggetto a regole precise e rigorose. Una recente ordinanza ci offre lo spunto per analizzare il concetto di inammissibilità del ricorso in Cassazione, specialmente quando i motivi addotti sono generici o non pertinenti. Questo provvedimento sottolinea come non sia sufficiente dissentire da una decisione, ma sia necessario formulare critiche specifiche e legalmente fondate per ottenere una revisione dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: Dall’Appello alla Cassazione

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’imputato, condannato nei precedenti gradi di giudizio, ha deciso di portare la questione dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e l’inammissibilità in Cassazione

L’analisi dei motivi del ricorso è cruciale per comprendere la decisione della Corte.

Primo Motivo: Critiche alla Motivazione della Responsabilità

Il ricorrente contestava la correttezza della motivazione con cui i giudici di merito avevano affermato la sua responsabilità penale. In particolare, si lamentava della valutazione negativa circa la sussistenza di un suo presunto diritto di credito nei confronti della vittima. La Corte di Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile perché non costituiva una critica argomentata alla sentenza d’appello, ma si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in secondo grado. In sostanza, il motivo era ‘apparente’ e non ‘specifico’, mancando di assolvere alla funzione tipica del ricorso di legittimità: censurare vizi di legge e non riesaminare i fatti.

Secondo e Terzo Motivo: L’Eccessività della Pena

Con gli altri due motivi, l’imputato lamentava l’eccessività della pena inflitta e dell’aumento applicato per la continuazione del reato. Anche queste censure sono state respinte come manifestamente infondate. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano adeguatamente giustificato la loro decisione, rendendo la doglianza inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte, con la sua ordinanza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in Cassazione nella sua interezza. La motivazione di questa decisione si articola su due pilastri fondamentali della procedura penale. In primo luogo, la Corte ha sottolineato la natura del giudizio di legittimità, che non è un ‘terzo grado’ di merito. Non è possibile chiedere alla Cassazione di rivalutare i fatti o le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. La riproposizione pedissequa dei motivi d’appello, senza un confronto critico con la sentenza impugnata, rende il ricorso generico e, quindi, inammissibile.

In secondo luogo, è stato riaffermato il principio della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena. Finché il giudice si muove all’interno dei limiti edittali e fornisce una motivazione congrua basata sugli elementi del caso, la sua scelta non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione. L’onere argomentativo del giudice di merito era stato, secondo la Corte, pienamente assolto.

Conclusioni

La decisione in esame è un monito importante sull’importanza della tecnica redazionale del ricorso per Cassazione. Per evitare una declaratoria di inammissibilità, è indispensabile che i motivi non siano una mera ripetizione di difese precedenti, ma si configurino come una critica specifica, puntuale e argomentata delle violazioni di legge o dei vizi di motivazione presenti nella sentenza impugnata. L’esito del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, evidenzia le conseguenze negative di un’impugnazione non adeguatamente preparata.

Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché è stato ritenuto una semplice reiterazione di argomenti già presentati e respinti nel giudizio di appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, risultando così un motivo non specifico ma solo apparente.

È possibile contestare l’entità della pena in Cassazione?
No, non come una valutazione nel merito. La Corte ha ribadito che la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione su questo punto non è consentito, a meno che la motivazione del giudice sia totalmente assente, contraddittoria o manifestamente illogica, circostanze non riscontrate nel caso di specie.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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