Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 127 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 127 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato ad Agrigento il 03/07/1990
avverso la sentenza del 13/12/2022 della Corte d’appello di Palermo
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 603 cod. proc. pen., la mancata assunzione di una prova decisiva e il vizio della motivazione, è manifestamente infondato, atteso che – posto che, nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria e che tale accertamento è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 26262001; Sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 228353-01; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229666-01) – la Corte d’appello ha motivatamente ritenuto la completezza dell’indagine dibattirnentale svolta in primo grado e, perciò, di potere decidere allo stato degli atti e, in particolare, l’irrilevanza della fattura di cui si chiedeva l’acquisizione non solo perché recante
una data anteriore ai fatti sub iudice, circostanza che è contestata dal ricorrente, ma anche perché di importo ben inferiore alla somma di cui alla contestata appropriazione indebita;
considerato che il secondo motivo, con il quale si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla conferma dell’affermazione di responsabilità per il reato di appropriazione indebita e della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 11), cod. pen., non è consentito, atteso che, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che risulta priva di contraddizioni e illogicità manifeste (se vedano, in particolare, le pagine da 2 a 4 della stessa sentenza), esso si traduce, sostanzialmente, nella sollecitazione di una diversa valutazione degli elementi di prova, per giungere a conclusioni differenti in ordine alla significato e alla valenza probatoria degli stessi, il che no è consentito in sede di legittimità;
considerato che il terzo motivo, con il quale si lamenta la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al diniego della non punibilità per particolare tenuità del fatto, ex art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato, atteso che la Corte d’appello ha negato la sussistenza di tale causa di non punibilità con la motivazione, del tutto logica, che l’ammontare non ridotto della somma oggetto di appropriazione (€ 1(1.960,00) escludesse l’esiguità del danno e, quindi, l’applicabilità dell’invocata causa di non punibilità;
ritenuto che il quarto motivo, con il quale si deduce la prescrizione del reato anteriormente alla pronuncia dell’impugnata sentenza di appello, è manifestamente infondato, atteso, posto che il reato di appropriazione indebita, considerata l’esistenza di atti interruttivi del corso della prescrizione, si prescrive in sette anni e mezzo, poiché il reato attribuito all’imputato è stato commesso, secondo l’imputazione, «in epoca anteriore e prossima al 21.10.2015», esso si prescriveva, salve le sospensioni del corso della prescrizione, nell’aprile del 2023, cioè dopo la pronuncia dell’impugnata sentenza di appello;
ritenuto, altresì, che l’inammissibilità del ricorso, per le ragioni che si sono dette, non consentendo il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, preclude, perciò, la possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D.L., Rv. 217266-01; Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME Rv. 256463-01; Sez. 4, n. 18641 del 20/01/2004, COGNOME, Rv. 228349-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, in data 21 novembre 2023.