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Inammissibilità ricorso: quando la Cassazione lo nega

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso di un imputato condannato per danneggiamento. I motivi sono stati ritenuti inammissibili perché uno era una mera riproposizione di censure già respinte in appello, mentre l’altro sollevava una questione, quella della particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.), non precedentemente dedotta come motivo di appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso in Cassazione: Analisi di un Caso Pratico

L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta uno degli esiti più comuni e, allo stesso tempo, più insidiosi del processo penale. Con la recente ordinanza in esame, la Suprema Corte ribadisce due principi fondamentali che ogni avvocato penalista deve tenere a mente: la necessità di formulare critiche specifiche alla sentenza impugnata e il divieto di introdurre per la prima volta in Cassazione questioni non dibattute in appello. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni della decisione e trarne utili insegnamenti pratici.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una condanna per il reato di danneggiamento (art. 635 c.p.) emessa dalla Corte di Appello di Milano. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a due distinti motivi. Con il primo, contestava la valutazione delle prove, sostenendo una violazione di legge e un vizio di motivazione riguardo alla sua effettiva responsabilità. Con il secondo motivo, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131 bis del codice penale.

I Motivi dell’Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle questioni sollevate, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso nella sua interezza. La decisione si fonda su due pilastri procedurali ben consolidati, che hanno portato al rigetto di entrambi i motivi proposti dalla difesa.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha esaminato separatamente i due motivi di ricorso, evidenziandone le criticità che ne hanno determinato l’inammissibilità.

Il primo motivo, relativo alla presunta violazione di legge e al vizio di motivazione sulla prova del danneggiamento, è stato considerato ‘indeducibile’. I giudici hanno sottolineato come le argomentazioni difensive non fossero altro che una riproposizione di censure già adeguatamente esaminate e respinte con motivazioni logiche e giuridicamente corrette dalla Corte di Appello. Il ricorso, infatti, mancava di una critica specifica e puntuale alle argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a replicare doglianze già superate nel merito. Questo atteggiamento rende il motivo generico e, di conseguenza, inammissibile.

Ancora più netta è stata la valutazione sul secondo motivo. La difesa lamentava la mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p., ma la Corte ha rilevato un vizio insanabile: questa specifica richiesta non era mai stata presentata come motivo di appello. L’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione questioni che non siano state proposte nei motivi di appello, a pena di inammissibilità. Poiché né la sentenza impugnata né i verbali di udienza mostravano traccia di tale richiesta nel precedente grado di giudizio, la Corte non ha potuto far altro che dichiararne l’inammissibilità.

Le Conclusioni

La decisione della Cassazione è un monito fondamentale sulla tecnica di redazione dei ricorsi. Per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, è cruciale che i motivi siano specifici e non meramente ripetitivi delle argomentazioni già svolte. Essi devono attaccare in modo mirato la logica giuridica della sentenza di appello. Inoltre, vige il principio della ‘devoluzione’, secondo cui ogni questione deve essere sollevata nel grado di giudizio competente. Introdurre nuove tematiche direttamente in Cassazione è una strategia destinata al fallimento. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, che diventa così definitiva, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Posso riproporre in Cassazione gli stessi motivi già discussi e respinti in Appello?
No, il ricorso è inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte dai giudici di merito, senza una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza impugnata.

Cosa succede se un motivo di ricorso non viene sollevato in Appello?
Secondo l’art. 606, comma 3, c.p.p., quel motivo non può essere sollevato per la prima volta in Cassazione. La questione deve essere stata precedentemente dedotta nei motivi di appello, altrimenti è inammissibile.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa così definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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