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Inammissibilità ricorso: quando il motivo è infondato

Un soggetto, condannato per tentato furto, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.). La Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ritenendo il motivo manifestamente infondato. La decisione sottolinea che un vizio di motivazione, per essere valido, deve consistere in un contrasto logico interno alla sentenza o con massime di esperienza, presupposto non riscontrato nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: Quando un Motivo è Manifestamente Infondato?

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi per Cassazione, in particolare quando si contesta un vizio di motivazione. Comprendere i confini di questo motivo di impugnazione è cruciale per evitare una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con le relative conseguenze economiche. Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda un tentato furto e la pretesa, respinta, di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

I Fatti del Processo

Il procedimento ha origine da una condanna per il delitto di tentato furto, ai sensi degli articoli 56 e 624 bis del codice penale. La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, bilanciandole in un giudizio di equivalenza con la recidiva contestata e rideterminando la pena. Tuttavia, aveva confermato la condanna nel resto.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge in relazione al diniego della causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis del codice penale, che esclude la punibilità per i reati di particolare tenuità.

Il Vizio di Motivazione e l’Inammissibilità del Ricorso

Il cuore della questione risiede nella corretta interpretazione del vizio di motivazione, come delineato dall’articolo 606, comma 1, lettera e) del codice di procedura penale. Il ricorrente sosteneva, in sostanza, che la motivazione della Corte d’Appello nel negare la particolare tenuità del fatto fosse illogica o contraddittoria.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato tale prospettazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato: il vizio di motivazione censurabile in sede di Cassazione non è un’illogicità qualsiasi, ma solo quella che emerge in modo palese dal testo del provvedimento impugnato. Deve trattarsi di un contrasto insanabile tra l’argomentazione della sentenza e le massime di esperienza consolidate o altre affermazioni contenute nella stessa decisione.

I Limiti del Sindacato di Legittimità

La Suprema Corte ha precisato che la motivazione della sentenza della Corte d’Appello non presentava alcun vizio riconducibile alla nozione specifica dell’art. 606, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale. L’argomentazione del ricorrente, in realtà, mirava a una rivalutazione del merito della decisione, un’operazione preclusa al giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione, non riesaminare i fatti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. La motivazione è chiara: non è sufficiente dissentire dalla valutazione del giudice di merito per poter validamente sostenere un vizio di motivazione. È necessario, invece, individuare una specifica e riconoscibile frattura logica all’interno del percorso argomentativo della sentenza. Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione coerente per non applicare l’art. 131 bis c.p., e tale motivazione non entrava in conflitto con altre parti della sentenza né con principi logici o di esperienza comune. Pertanto, non sussistevano i presupposti per un annullamento.

Le Conclusioni

La decisione si conclude con una dichiarazione di inammissibilità e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e giuridicamente fondati, che non si traducano in una semplice richiesta di riconsiderazione del giudizio di fatto. Un ricorso basato su una percezione soggettiva di ingiustizia, senza individuare un vizio tecnico secondo le strette maglie del codice di procedura penale, è destinato all’inammissibilità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza?
Quando i motivi proposti sono palesemente privi di fondamento giuridico, come nel caso in cui la critica alla motivazione della sentenza impugnata non corrisponde ai vizi specificamente previsti dalla legge (art. 606 c.p.p.).

Quali sono i limiti del vizio di motivazione come motivo di ricorso in Cassazione?
Il vizio di motivazione deve emergere dal testo stesso della sentenza, manifestandosi come un contrasto evidente tra l’argomentazione e le massime di esperienza o altre parti del provvedimento. Non permette un riesame dei fatti o una nuova valutazione delle prove.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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