Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5834 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VIBO VALENTIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/06/2023 del TRIBUNALE di VIBO VALENTIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Vibo Valentia, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile l’istanza proposta da NOME COGNOME, osservando che la doglianza, formulata dall’istante, circa il difetto di correlazione tra la “richiesta” e la “sentenza” di patteggiamento, emessa dal Tribunale di Vibo Valentia in data 28 ottobre 2020 (irrevocabile il 17 maggio 2023), avrebbe dovuto essere veicolata quale motivo di ricorso per cassazione.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore AVV_NOTAIO, deducendo, con un unico motivo, violazione degli artt. 666, 671 cod. proc. pen., 81, cpv., cod. pen. e 137, comma 2, disp. att. cod. proc. pen., nonché “errata quantificazione della pena per effetto della richiesta di patteggiamento in continuazione tra i reati oggetto della sentenza n. 622/2014 già passata in giudicato e quelli di cui ai procedimenti n. 1786/2015 R.G.N.R. – 827/2017 R.G. Trib., al quale successivamente sono stati riuniti il proc. pen. n. 369/2014 R.G.N.R. – 385/2015 R.G. Trib. e il proc. pen. n. 5934/2013 R.G.N.R. – 208/2015 R.G. Trib.”.
In sintesi, il ricorrente si duole che il giudice dell’esecuzione, adito quale giudice competente a “correggere l’errore commesso dal giudice di primo grado nel calcolo della pena”, abbia erroneamente ricondotto l’oggetto della sua richiesta a una questione di difetto di correlazione tra istanza e sentenza di patteggiamento.
L’errore contestato al giudice della cognizione sarebbe stato quello di aver applicato una pena “ulteriore” rispetto a quella oggetto di una precedente sentenza di patteggiamento passata in giudicato (n. 622/2014).
Il Procuratore generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Per un più preciso inquadramento del caso, va premesso:
che, con istanza in data 30 settembre 2020, NOME COGNOME, imputato nei tre procedimenti riuniti n. 1786/2015 R.G.N.R., n. 369/2014 R.G.N.R. e n. 5934/2013 R.G.N.R., aveva chiesto, previo riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti sub iudice e quelli giudicati con la sentenza n. 622/2014, applicarsi, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena complessiva di 2 anni, 5 mesi di reclusione e 300,00 euro di multa;
che il Pubblico ministero aveva apposto il proprio consenso in calce all’istanza;
che il Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza resa in data 28 ottobre 2020, aveva accolto in toto l’istanza del COGNOME, determinando la pena come segue:
“ritenuta più grave l’ipotesi di cui al procedimento n. R.G.N.R. 369/14 R.G.T. 208/15, pena base anni quattro e mesi tre di reclusione ed euro 540,00, ridotta per la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle contestate aggravanti, alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione; aumentata ex art. 81 cpv. c.p. ad anni tre e mesi sette di reclusione ed euro 450,00 di multa, in relazione sia ai reati di cui ai capi 2) e 3) sia al reato di cu all’art. 624 bis, co. 1 e 3 e 625 co. 1 nn. 2 e 7, giudicato con la sentenza n. 622/14 emessa dal Tribunale di Vibo Valentia in data 8.5.2014, ridotta per la scelta del rito fino alla misura finale” (di anni due e mesi cinque di reclusione ed euro 300,00 di multa, n.d.e.).
Tanto premesso, rileva il Collegio che il giudice della cognizione ha ratificato l’accordo tra le parti applicando esattamente la pena da costoro concordata, con sentenza sulla quale si è, ormai, formato il giudicato per effetto della intervenuta declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione pronunciata con ordinanza della Settima Sezione di questa Corte n. 28608 del 17 maggio 2023.
Preme sottolineare che tale pronuncia ha affermato che «secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza», ed ha rilevato che «nel caso in esame il ricorrente ha dedotto la errata quantificazione della pena che invece, secondo quanto riportato nella stessa sentenza, appare del tutto conforme a quella concordata».
Del tutto correttamente, pertanto, il giudice dell’esecuzione ha dichiarato inammissibile l’istanza proposta dall’interessato nei termini prima precisati.
Conseguentemente, va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione in quanto manifestamente infondato in diritto per avere ad oggetto una questione ormai preclusa dal giudicato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di
esonero, al versamento di un’ulteriore somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente