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Inammissibilità ricorso: quando i motivi sono infondati

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per violazione di misure preventive. I motivi dell’appello sono stati giudicati manifestamente infondati e meramente reiterativi di argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, che aveva correttamente motivato la sua decisione, inclusa la certa identificazione del soggetto. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del Ricorso: L’Analisi della Cassazione

L’inammissibilità del ricorso per Cassazione rappresenta uno degli esiti più severi per chi impugna una sentenza, poiché preclude l’esame nel merito della questione. Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte ribadisce i principi che portano a tale declaratoria, in particolare quando i motivi proposti sono manifestamente infondati o meramente ripetitivi di doglianze già esaminate. Analizziamo il caso per comprendere le ragioni dietro questa decisione.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Cagliari, alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione. Le accuse riguardavano la violazione delle prescrizioni imposte da una misura di prevenzione (ai sensi dell’art. 75 del D.Lgs. 159/2011) e un ulteriore reato previsto dal codice penale. La difesa, non accettando la pronuncia della Corte territoriale, ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, articolando diverse censure contro la sentenza impugnata.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità

Il difensore del ricorrente ha basato l’impugnazione su tre principali motivi:
1. Errata applicazione della legge e valutazione delle prove: Si contestava la ricostruzione dei fatti e la riconducibilità delle condotte all’imputato.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto: Si lamentava l’omessa concessione del beneficio previsto dall’art. 131-bis c.p.
3. Vizio di motivazione: La critica era rivolta al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva.

Questi motivi, tuttavia, non hanno superato il vaglio preliminare della Corte di Cassazione, che li ha ritenuti manifestamente infondati, conducendo a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha fornito una motivazione chiara e precisa per la sua decisione. In primo luogo, ha giudicato ineccepibile il ragionamento della Corte d’Appello riguardo all’identificazione dell’imputato. Quest’ultimo era stato fermato durante un controllo notturno, aveva fornito generalità false e la sua identità era stata accertata senza ombra di dubbio attraverso il riconoscimento fotografico da parte di un agente di polizia giudiziaria e successivi controlli presso la sua abitazione, dove non era stato trovato.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Cassazione ha osservato che essi erano semplicemente “reiterativi del gravame”, ovvero una riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte territoriale. Quest’ultima, secondo gli Ermellini, aveva già risposto in modo logico e coerente, con un “ragionamento ineccepibile e immune da illogicità manifesta”. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un giudice di legittimità che valuta la corretta applicazione del diritto. Riproporre le medesime questioni senza sollevare specifici vizi di legittimità rende il ricorso privo di fondamento.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione

La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze negative per il ricorrente. In primo luogo, la condanna è divenuta definitiva. In secondo luogo, in applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale, è stato condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, tenuto conto della colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (un ricorso palesemente infondato), la Corte ha disposto il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende. Questa ordinanza serve da monito: il ricorso per Cassazione deve essere fondato su vizi specifici della sentenza impugnata e non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già valutate nei gradi di merito.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile, come nel caso di specie, quando i motivi sono considerati manifestamente infondati, ovvero palesemente privi di pregio giuridico. Ciò accade anche quando il ricorso si limita a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte con motivazione logica dalla Corte d’Appello.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso inammissibile?
La parte che propone un ricorso dichiarato inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso (ad esempio, per manifesta infondatezza), può condannare il ricorrente al pagamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

È sufficiente ripetere i motivi dell’appello nel ricorso per Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mera reiterazione dei motivi già presentati in appello, ai quali la corte territoriale ha già risposto con un ragionamento logico e corretto, non è sufficiente per un valido ricorso. Tale pratica porta alla dichiarazione di inammissibilità perché non solleva una vera questione di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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