Inammissibilità Ricorso: Lezioni dalla Cassazione su Motivi Generici e Pena
L’esito di un processo non dipende solo dalla fondatezza delle proprie ragioni, ma anche dal modo in cui queste vengono presentate nelle sedi giudiziarie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la genericità e la mancanza di specificità possano portare a una declaratoria di inammissibilità ricorso, vanificando le possibilità di una revisione della condanna. Analizziamo questa decisione per comprendere i requisiti essenziali di un ricorso efficace.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato nei primi due gradi di giudizio per aver violato le prescrizioni di un foglio di via obbligatorio, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il ricorso si basava su due motivi principali. Con il primo, il ricorrente contestava l’irregolarità della notificazione del provvedimento amministrativo, sostenendo che le informazioni sulla notifica fossero state acquisite tramite una semplice consultazione telefonica o telematica, anziché attraverso la visione diretta dell’atto. Con il secondo motivo, si lamentava l’eccessività della pena base, fissata in tre mesi di arresto, ritenendola sproporzionata perché leggermente superiore al minimo edittale di un mese.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto che il ricorrente non avesse fornito elementi sufficienti per escludere la propria colpa nel determinare la causa di inammissibilità.
Le Motivazioni: l’inammissibilità ricorso per motivi generici
La Corte di Cassazione ha analizzato separatamente i due motivi del ricorso, giungendo a conclusioni nette per entrambi.
Il primo motivo è stato qualificato come “generico e privo di autosufficienza”. Secondo i giudici, il ricorrente si è limitato a eccepire una presunta irregolarità senza fornire alcuna prova a sostegno della sua tesi. Per rispettare il principio di autosufficienza, avrebbe dovuto allegare al ricorso la documentazione necessaria (come l’annotazione di servizio) per dimostrare che l’atto di controllo non conteneva i riferimenti alla notifica del provvedimento amministrativo. Senza tale produzione, la Corte non è in grado di verificare la fondatezza della censura, rendendo il motivo inammissibile.
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato, anzi, “manifestamente infondato”. La Cassazione ha ricordato un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la fissazione di una pena base leggermente superiore al minimo edittale non richiede una motivazione specifica e dettagliata da parte del giudice. È sufficiente che la decisione faccia riferimento, anche implicitamente, ai criteri generali di adeguatezza della pena stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, come la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. Nel caso di specie, una pena di tre mesi, a fronte di un minimo di un mese e di una media tra minimo e massimo di tre mesi e quindici giorni, è stata ritenuta del tutto congrua e non meritevole di una giustificazione analitica.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce due importanti lezioni per chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione. In primo luogo, ogni censura deve essere specifica, dettagliata e, soprattutto, autosufficiente: chi contesta un fatto o un documento ha l’onere di fornire alla Corte tutti gli elementi per valutarlo, senza costringerla a ricercare atti nei fascicoli precedenti. In secondo luogo, contestare la misura della pena è un’operazione complessa. Se la sanzione si discosta di poco dal minimo legale, è molto difficile ottenere una riforma della decisione, a meno che non si dimostri una palese irragionevolezza o un’omissione motivazionale totale da parte del giudice di merito. La dichiarazione di inammissibilità ricorso non è un mero tecnicismo, ma la conseguenza diretta di una difesa non adeguatamente strutturata.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando i motivi sono generici, non autosufficienti (cioè non contengono tutti gli elementi per essere valutati) o manifestamente infondati, come nel caso di una critica immotivata alla pena.
È necessario motivare in modo dettagliato una pena di poco superiore al minimo legale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una pena leggermente superiore al minimo edittale non richiede una motivazione specifica e dettagliata, essendo sufficiente il richiamo ai criteri di adeguatezza della pena previsti dalla legge.
Cosa significa che un motivo di ricorso è privo di autosufficienza?
Significa che il motivo, così come formulato, non fornisce alla Corte tutti i documenti e le informazioni necessarie per decidere sulla questione sollevata. Il ricorrente ha l’onere di allegare gli atti che supportano le sue affermazioni, come la documentazione che nel caso specifico si contestava.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30429 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30429 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato che il primo motivo, con il quale si eccepisce l’irritualità dell notificazione del foglio di via obbligatorio le cui prescrizioni si assume essere state violate, è generico e privo di autosufficienza, perché non corredato dalla produzione della documentazione attestante che l’annotazione di servizio redatta all’atto del controllo dell’imputato non conteneva – stando a quanto eccepito dal ricorrente – precisi riferimenti alla notifica del provvedimento amministrativo, eseguita il 24 luglio 2019, e, precipuamente, all’essere stata tale informazione acquisita mediante consultazione telefonica o telematica anziché a seguito della diretta visione dell’atto;
che il secondo motivo è manifestamente infondato, atteso che la fissazione della pena base nella misura di tre mesi di arresto, leggermente superiore al minimo edittale (di un mese di arresto) illo tempore vigente ma, comunque, inferiore alla media tra il minimo ed il massimo (pari a tre mesi e quindici giorni) non richiede una specifica e dettagliata motivazione (in proposito, cfr., tra le tante, Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01), essendo, in tal caso, sufficiente il richiamo – puntualmente operato dal giudice di primo grado, la cui decisione si salda con quella, conforme, qui impugnata – al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283 – 01);
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2024.