LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso: quando i motivi sono generici

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso contro un’ordinanza di custodia cautelare. I motivi sono stati ritenuti generici perché non contestavano adeguatamente il pericolo di recidiva, ma solo la scelta della misura. La Corte ha sottolineato che la gravità dei fatti, inseriti in un contesto associativo, rende attuale il rischio di reiterazione del reato, giustificando la decisione e portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: La Genericità dei Motivi e le Misure Cautelari

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31773/2025, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di specificità dei motivi di impugnazione, dichiarando l’inammissibilità del ricorso presentato da un indagato avverso un’ordinanza che applicava la custodia in carcere. Questa pronuncia evidenzia come la genericità delle censure, soprattutto in materia di misure cautelari, conduca a una pronuncia sfavorevole, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali. Approfondiamo i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: Dalle Misure Cautelari al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Salerno, che aveva disposto la custodia cautelare in carcere per un soggetto indagato per gravi reati, tra cui la partecipazione a un’associazione per delinquere, trasferimento fraudolento di valori, reati fiscali, truffa aggravata e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’associazione era ritenuta dedita alla commissione di truffe ai danni dello Stato e al riciclaggio di profitti illeciti.

Il Tribunale del Riesame aveva confermato l’ordinanza, pur riconoscendo l’interesse del ricorrente. Avverso tale decisione, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

1. Mancanza assoluta di motivazione sulla necessità della custodia in carcere, sostenendo che il Tribunale si era limitato a richiamare una presunzione di legge senza spiegare perché misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari, non fossero adeguate.
2. Omessa valutazione di elementi favorevoli, quali le difficoltà economiche, lo stato di incensuratezza e il notevole lasso di tempo trascorso dall’ultimo fatto contestato.

Nel frattempo, la misura cautelare in carcere era stata sostituita con una non detentiva, ma il ricorrente ha mantenuto l’interesse all’impugnazione, avendo richiesto in origine la revoca totale di ogni misura.

La Decisione della Cassazione e l’Inammissibilità del Ricorso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione della genericità dei motivi proposti. Secondo i giudici, sia la richiesta di riesame originaria sia il successivo ricorso per cassazione non hanno affrontato in modo specifico e puntuale le ragioni che avevano portato il giudice di merito a ritenere sussistente un concreto e attuale pericolo di recidiva.

L’impugnazione si era concentrata quasi esclusivamente sulla contestazione della scelta della misura più grave (il carcere) rispetto a quella degli arresti domiciliari, senza però smontare il ragionamento logico-giuridico alla base della valutazione del pericolo di reiterazione dei reati.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che il Tribunale del Riesame aveva adeguatamente motivato la sua decisione, sottolineando la particolare gravità dei fatti. Le condotte illecite non erano episodi isolati, ma si inserivano in un contesto associativo fortemente strutturato e operativo. Questa circostanza, secondo il Tribunale, era sufficiente a superare elementi altrimenti favorevoli come lo stato di incensuratezza del ricorrente.

In sostanza, la partecipazione a un sodalizio criminale stabile e organizzato è stata considerata un fattore determinante per ritenere attuale il pericolo di recidiva. Il ricorso è risultato generico proprio perché non ha contestato questa specifica valutazione, limitandosi a sollevare questioni sulla proporzionalità della misura senza prima scalfire il presupposto principale per la sua applicazione: il pericolo concreto che l’indagato potesse commettere altri reati.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale penale: un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere motivi specifici che si confrontino criticamente con la motivazione del provvedimento impugnato. Non è sufficiente sollevare doglianze generiche o astratte. L’inammissibilità del ricorso comporta, come in questo caso, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle Ammende. Questa decisione serve da monito sull’importanza di redigere atti di impugnazione dettagliati e pertinenti, capaci di mettere in discussione il nucleo argomentativo della decisione contestata, pena l’impossibilità di ottenere un esame nel merito.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato ‘generico’?
Un ricorso è considerato generico quando non contesta in modo specifico le argomentazioni centrali del provvedimento impugnato, ma si limita a censure astratte o a criticare aspetti marginali, come la scelta tra due diverse misure cautelari senza prima mettere in discussione il presupposto (il pericolo di recidiva) che le giustifica entrambe.

Perché il ricorso è stato esaminato nonostante la misura cautelare fosse già stata modificata?
Perché l’interesse del ricorrente a impugnare non era venuto meno. La sua richiesta originale non era solo di ottenere una misura meno grave, ma di ottenere la revoca totale di qualsiasi misura cautelare, ritenendo insussistenti i presupposti per la sua applicazione. Questo interesse legittimava l’esame del ricorso.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, in questo caso fissata in tremila euro, da versare alla Cassa delle Ammende. Ciò avviene perché si ritiene che il ricorrente abbia attivato il sistema giudiziario senza validi motivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati