LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Inammissibilità ricorso: quando è un “non motivo”

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per tentato furto. La decisione si fonda sul fatto che il ricorso era basato su un “non motivo”, ovvero una censura generica che non si confrontava specificamente con la motivazione della sentenza d’appello. Questa pronuncia ribadisce che per l’ammissibilità del ricorso è necessario articolare critiche precise e pertinenti alla decisione impugnata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso in Cassazione: la necessità di motivi specifici

Presentare un ricorso in Cassazione richiede un’attenzione meticolosa ai requisiti di forma e sostanza. Una recente ordinanza della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’inammissibilità del ricorso quando questo si basa su un cosiddetto “non motivo”, ovvero una critica generica che non si confronta con la reale motivazione della sentenza impugnata. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come strutturare un’impugnazione efficace ed evitare una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce dalla condanna per tentato furto inflitta a un individuo, condanna confermata anche dalla Corte d’Appello di Venezia. L’imputato, non rassegnato, ha proposto ricorso per Cassazione, chiedendo di “riformare senza rinvio la sentenza impugnata”. Il motivo principale addotto era la presunta mancata applicazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che la Corte territoriale non avesse “indicato espressamente i motivi” per cui tale norma non fosse stata ritenuta applicabile.

La Decisione della Cassazione sull’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le doglianze del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione è netta: il motivo presentato non era un vero motivo di impugnazione, ma un “non motivo”. Non articolava, infatti, un vizio specifico della sentenza, come una contraddittorietà, una manifesta illogicità o una violazione di legge, come richiesto dall’articolo 606 del codice di procedura penale.

Il Confronto Mancato con la Ratio Decidendi

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte risiede nell’assenza di un confronto diretto con la ratio decidendi della sentenza d’appello. Il ricorrente si è limitato a postulare una mancata spiegazione da parte dei giudici di secondo grado, senza però analizzare e criticare il percorso logico-giuridico che li aveva portati a confermare la condanna. I giudici di appello, come evidenziato dalla Cassazione, avevano invece motivato la loro decisione in modo completo, escludendo difetti di procedibilità (data la presenza della querela) e rigettando le censure su responsabilità, trattamento sanzionatorio, circostanze attenuanti e recidiva. Il ricorso, ignorando completamente queste argomentazioni, ha perso la sua unica funzione, ovvero quella di criticare puntualmente la decisione impugnata.

Il Principio del “Non Motivo” e l’inammissibilità ricorso

La Corte ha richiamato una consolidata giurisprudenza per spiegare il concetto di “non motivo”. Un motivo di ricorso è tale solo se si confronta con la motivazione della sentenza che si intende appellare. Se l’atto di impugnazione si limita a riproporre le stesse argomentazioni del grado precedente o a formulare critiche generiche e astratte, senza un legame specifico con il ragionamento del giudice, esso perde la sua funzione e diventa inammissibile. In questo caso, l’inammissibilità del ricorso è stata la conseguenza diretta di questa carenza strutturale.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il ricorso era privo del requisito essenziale di specificità. La censura del ricorrente era meramente assertiva e non si misurava con il contenuto effettivo della sentenza d’appello. Quest’ultima aveva chiaramente esposto le ragioni della conferma della condanna, basandosi sull’accertata sussistenza della querela e valutando tutti gli aspetti relativi alla responsabilità penale e alla pena. Il ricorso, non affrontando nessuno di questi punti, si è rivelato un atto sterile, incapace di innescare una reale valutazione di legittimità da parte della Suprema Corte. L’assoluta genericità del motivo ha quindi determinato l’impossibilità di esaminare il merito della questione.

Le conclusioni

La pronuncia in esame rappresenta un importante monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. Non è sufficiente lamentare un errore, ma è indispensabile dimostrare, attraverso un’argomentazione puntuale e specifica, come tale errore si sia concretizzato nel ragionamento del giudice di merito. Un ricorso che non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La specificità dei motivi non è un mero formalismo, ma l’essenza stessa del diritto di impugnazione.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile quando si fonda su motivi generici, astratti o che non si confrontano specificamente con il percorso logico-giuridico (ratio decidendi) della sentenza impugnata, configurandosi così come un “non motivo”.

Cosa significa presentare un “non motivo” di ricorso?
Significa articolare una censura che non individua un vizio specifico della sentenza, come una contraddittorietà, illogicità o violazione di legge, ma si limita a postulare una presunta mancanza senza argomentare perché e come essa incida sulla correttezza della decisione.

Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità del ricorso comporta la sua reiezione senza un esame nel merito. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati