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Inammissibilità ricorso: quando è meramente riproduttivo

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità del ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sul fatto che i motivi di ricorso erano meramente ripetitivi di argomenti già vagliati e respinti in secondo grado, riguardanti la continuazione tra reati e il bilanciamento tra attenuanti e recidiva. Tale inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso in Cassazione Inammissibile: La Condanna per Motivi Ripetitivi

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi, sanzionando la prassi di presentare motivi meramente ripetitivi di doglianze già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La decisione sottolinea come l’inammissibilità del ricorso non sia solo una questione formale, ma una barriera fondamentale per garantire l’efficienza del sistema giudiziario e il ruolo di legittimità della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte di Appello di Torino. Il ricorrente lamentava due specifiche violazioni di legge. In primo luogo, il mancato riconoscimento del cosiddetto “vincolo della continuazione esterna” tra i reati per i quali era stato condannato. In secondo luogo, contestava il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche, già concesse, rispetto alla recidiva contestata. L’imputato, in sostanza, chiedeva alla Corte di Cassazione di rivalutare questioni già decise in senso a lui sfavorevole dalla Corte territoriale.

La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La Corte non è entrata nel merito delle questioni sollevate (continuazione e bilanciamento delle circostanze), poiché ha rilevato un vizio preliminare e assorbente: la natura puramente riproduttiva dei motivi di appello.

Secondo i giudici di legittimità, il ricorso si limitava a riproporre le stesse censure già adeguatamente valutate e respinte, con corretti argomenti giuridici, dalla sentenza impugnata. Questa pratica rende il ricorso privo della specificità richiesta, trasformandolo in un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, funzione che non spetta alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un principio consolidato della procedura penale. Il ricorso per Cassazione deve contenere una critica specifica e puntuale alla decisione impugnata, evidenziando errori di diritto o vizi logici manifesti nel ragionamento del giudice precedente. Non può, invece, consistere in una semplice riproposizione delle argomentazioni difensive già presentate e disattese.

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che i due motivi di ricorso erano “meramente riproduttivi” e che le questioni erano state “già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla sentenza impugnata”. Di conseguenza, mancando una reale critica al provvedimento della Corte d’Appello, il ricorso non superava il vaglio di ammissibilità.

La Corte ha inoltre applicato il principio, derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000, secondo cui all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende. Ciò avviene quando si ritiene che il ricorso sia stato proposto “in colpa”, ovvero senza la necessaria diligenza nel valutarne le reali possibilità di accoglimento. In questo caso, la natura palesemente ripetitiva dei motivi ha integrato tale profilo di colpa, giustificando la sanzione pecuniaria di tremila euro.

Le Conclusioni

La decisione in commento ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve essere uno strumento di critica mirata e non una sterile ripetizione. L’inammissibilità del ricorso per genericità o riproduzione dei motivi è una conseguenza diretta della violazione di questo principio. Per il ricorrente, le implicazioni sono severe: non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta di ulteriori oneri economici. Questa ordinanza serve da monito sulla necessità di un approccio rigoroso e tecnicamente fondato nell’impugnare le sentenze davanti alla Suprema Corte, il cui compito è garantire l’uniforme interpretazione della legge e non riesaminare il merito delle decisioni.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una mera riproduzione di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, mancando quindi della specificità richiesta per un’impugnazione di legittimità.

Quali erano i motivi principali del ricorso presentato dall’imputato?
I due motivi principali erano il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione esterna tra i reati e il diniego della prevalenza delle attenuanti generiche già concesse rispetto alla recidiva contestata.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile in Cassazione?
La conseguenza diretta dell’inammissibilità è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, qualora la Corte ritenga che il ricorso sia stato proposto per colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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