Inammissibilità ricorso: quando è manifestamente infondato
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla disciplina dell’inammissibilità ricorso in Cassazione, specialmente in relazione all’istituto della prescrizione. La Suprema Corte ha chiarito che un ricorso palesemente infondato non può essere utilizzato come strumento per attendere il decorso dei termini di prescrizione del reato. Questa decisione ribadisce la rigorosità dei requisiti di accesso al giudizio di legittimità e le conseguenze negative per chi presenta impugnazioni prive di fondamento.
I Fatti del Caso: Reati Tributari e Condanna nei Primi Gradi
Il caso riguarda un imputato condannato in primo e secondo grado per reati tributari previsti dal D.Lgs. 74/2000. In particolare, le contestazioni si riferivano a due violazioni commesse rispettivamente nel dicembre 2014 e nel dicembre 2015. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sentenza di condanna del Tribunale di Termini Imerese.
L’imputato ha quindi presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. La presunta estinzione dei reati per intervenuta prescrizione.
2. La nullità della sentenza d’appello per mancanza di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza di entrambi i motivi di ricorso presentati dalla difesa.
Le Motivazioni: Analisi sull’Inammissibilità Ricorso
La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, fornendo chiarimenti cruciali sulla procedura penale.
Il Calcolo della Prescrizione e il Ruolo della Sentenza d’Appello
Il primo motivo, relativo alla prescrizione, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che, per i reati contestati, il termine massimo di prescrizione è di dieci anni. Per il reato più risalente, commesso il 18 dicembre 2014, la prescrizione sarebbe maturata solo il 18 dicembre 2024.
La sentenza della Corte d’Appello era stata emessa il 28 ottobre 2024, quindi in un momento in cui il reato non era ancora prescritto. I giudici hanno sottolineato un principio fondamentale: l’eventuale maturazione della prescrizione in un momento successivo alla sentenza impugnata non può essere rilevata se il ricorso è inammissibile. L’inammissibilità ricorso crea una barriera processuale che impedisce l’instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione e, di conseguenza, preclude al giudice la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato.
La Manifesta Infondatezza e le Conseguenze Processuali
Anche il secondo motivo, basato sulla presunta mancanza di motivazione, è stato ritenuto palesemente infondato. La Corte ha osservato che la censura era del tutto generica e non si confrontava minimamente con le specifiche argomentazioni logico-giuridiche contenute nella sentenza d’appello, che avevano portato alla conferma della responsabilità penale dell’imputato.
Un motivo di ricorso è generico quando non indica in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che lo sostengono, limitandosi a una critica astratta e non pertinente della decisione impugnata. Tale genericità conduce inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità.
Conclusioni: L’Impatto della Decisione
Questa ordinanza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Presentare motivi generici o manifestamente infondati non solo porta a una pronuncia di inammissibilità ricorso, ma comporta anche conseguenze economiche per il ricorrente, come la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria. Soprattutto, questa decisione chiarisce che l’inammissibilità del ricorso prevale sulla potenziale prescrizione del reato maturata dopo la sentenza di secondo grado, impedendo di fatto all’imputato di beneficiare del semplice trascorrere del tempo.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato ‘manifestamente infondato’?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è manifestamente infondato quando i motivi presentati sono palesemente privi di fondamento giuridico o sono generici, cioè non si confrontano in modo specifico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
Cosa succede se la prescrizione di un reato matura dopo la sentenza di appello ma prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso presentato in Cassazione viene dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, la Corte non può dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. L’inammissibilità del ricorso impedisce la valida instaurazione del giudizio di impugnazione e cristallizza la situazione giuridica al momento della sentenza d’appello.
Qual è la conseguenza principale della dichiarazione di inammissibilità ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35743 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35743 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Palermo del 28 ottobre 2024, che ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Termini Imerese il 23 giugno 2022, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi cinque di reclusione, in quanto ritenuto colpevole dei reati, unificati dal vincolo della continuazione, d agli art. 4 (capo A) e 5 (capo B) del d. Igs. n. 74 del 2000; fatti commessi in Ciminna, rispettivamente, il 18 dicembre 2014 (capo A) e il 29 dicembre 2015 (capo B).
Rilevato che il primo motivo di ricorso, con il quale ci si duole della mancata declaratoria di e dei reati contestati per prescrizione, è manifestamente infondato, dovendosi considerare che prescrizione massima dei due reati contestati si computa in 10 anni ai sensi dell’art. 17 comma bis del d. Igs. n. 74 del 2000, introdotto dal decreto legge n. 138 del 13 agosto 2011, convertit legge n. 148 del 14 settembre 2011. Dunque, avuto riguardo alla violazione tributaria più risal ovvero quella di cui al capo A, commessa il 18 dicembre 2014, il termine decennale è maturato il dicembre 2024, ossia in epoca successiva alla data (28 ottobre 2024) di emissione della senten impugnata (per il reato di cui al capo B la prescrizione matura il 29 dicembre 2025). Né ril circostanza che la prescrizione per il reato di cui al capo A sia intervenuta in epoca successi sentenza della Corte territoriale, essendo la declaratoria di estinzione del reato comunque impe dal rilievo della manifesta infondatezza delle doglianze sollevate, non consentendo l’inammissib originaria dei ricorsi per cassazione la valida instaurazione dell’ulteriore fase di impugnazio ex multis, Sez. 7, n. 6935 del 17/04/2015, dep. 2016, Rv. 266172).
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si è eccepita la nullità della senten per mancanza di motivazione, è anch’esso manifestamente infondato, in quanto palesemente generico, non confrontandosi in alcun modo la censura difensiva con le pertinenti argomentazioni della sentenza impugnata, poste a fondamento del giudizio di responsabilità dell’imputato.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.