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Inammissibilità ricorso: quando è manifestamente infondato

Un’imputata ricorre in Cassazione contro una condanna per reati minori, lamentando vizi di motivazione e travisamento della prova. La Corte Suprema dichiara l’inammissibilità del ricorso, stabilendo che le doglianze erano mere richieste di un nuovo esame dei fatti, non consentito in sede di legittimità. La decisione sottolinea come un ricorso manifestamente infondato comporti la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità Ricorso: la Cassazione Spiega i Limiti dell’Impugnazione

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sui criteri che determinano l’inammissibilità del ricorso per Cassazione. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere la valutazione delle prove. Quando i motivi di impugnazione si limitano a proporre una lettura alternativa dei fatti, senza evidenziare reali vizi di legge, la sanzione processuale è, appunto, l’inammissibilità. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che, pur riformando parzialmente la pronuncia di primo grado e assolvendo l’imputata da un’accusa più grave, ne confermava la condanna per i reati di cui agli articoli 660 (molestia o disturbo alle persone) e 674 (getto pericoloso di cose) del codice penale. Insoddisfatta della decisione, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a tre specifici motivi.

I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità

L’imputata ha cercato di smontare la decisione della Corte territoriale attraverso tre doglianze, tutte respinte dalla Cassazione perché ritenute inammissibili.

Primo Motivo: Vizio di Motivazione e Travisamento della Prova

La ricorrente lamentava un presunto vizio nella motivazione della sentenza d’appello, sostenendo che la sua responsabilità fosse stata affermata sulla base di una valutazione errata delle prove testimoniali. La Cassazione ha prontamente rigettato questa censura, qualificandola come un tentativo di sollecitare un diverso apprezzamento del compendio probatorio, attività preclusa in sede di legittimità. Inoltre, la Corte ha sottolineato che il cosiddetto ‘travisamento della prova’ non può essere dedotto con un semplice richiamo parcellizzato a singole dichiarazioni, ma richiede una dimostrazione rigorosa dell’errore percettivo del giudice di merito.

Secondo Motivo: Mancata Applicazione della Particolare Tenuità del Fatto

Il secondo motivo verteva sulla violazione dell’art. 131-bis c.p., ovvero la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Anche in questo caso, la Corte ha giudicato il motivo manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva infatti fornito una spiegazione logica per la sua decisione, facendo riferimento al contesto complessivo dell’agire illecito dell’imputata. Il ricorso, invece, si limitava a perorare un ‘alternativo apprezzamento’ senza evidenziare vizi logici o giuridici nel ragionamento dei giudici di merito.

Terzo Motivo: Diniego delle Attenuanti Generiche e della Sospensione Condizionale

Infine, la ricorrente deduceva un vizio di motivazione per la mancata concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena. La Cassazione ha liquidato anche questo motivo come generico e assertivo, poiché non indicava alcun elemento positivo rilevante che sarebbe stato illegittimamente ignorato dalla Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in quanto i motivi proposti non rappresentavano censure di legittimità, bensì tentativi di rimettere in discussione il giudizio di fatto. Il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione delle sentenze impugnate. I motivi del ricorso erano ‘versati in fatto’ e ‘manifestamente infondati’, poiché si limitavano a contrapporre una propria valutazione a quella, immune da vizi, espressa dai giudici di merito. La Corte ha inoltre ravvisato una colpa nella proposizione dell’impugnazione, data l’evidente infondatezza dei motivi, giustificando così la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per Cassazione è uno strumento straordinario, destinato a correggere errori di diritto e non a ottenere una terza revisione del merito della causa. Proporre un’impugnazione basata su motivi palesemente infondati e generici non solo è inutile ai fini del processo, ma comporta anche conseguenze economiche significative per il ricorrente. La decisione conferma la necessità di una rigorosa selezione dei motivi di ricorso, che devono concentrarsi su reali violazioni di legge o vizi logici manifesti, pena una secca declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare vizi di legittimità (errori di diritto o motivazione illogica), si limita a proporre un diverso apprezzamento delle prove e dei fatti, chiedendo di fatto un nuovo giudizio di merito, non consentito in quella sede.

Perché il motivo sul ‘travisamento della prova’ è stato respinto?
È stato respinto perché la ricorrente non ha dimostrato un errore percettivo da parte del giudice di merito, ma si è limitata a richiamare parzialmente alcune dichiarazioni. Per configurare il travisamento, è necessario provare che il giudice abbia fondato la sua decisione su una prova inesistente o palesemente fraintesa nel suo contenuto.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile per colpa evidente?
Quando l’inammissibilità è dovuta a motivi palesemente infondati, come in questo caso, la legge (art. 616 c.p.p.) prevede che il ricorrente sia condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, qui quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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