Inammissibilità del ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti
Presentare un ricorso in Cassazione richiede una profonda conoscenza delle regole procedurali. Un errore nella formulazione dei motivi può portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con conseguenze significative per il ricorrente. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio di quali siano i limiti da non superare, ribadendo la distinzione tra questioni di fatto e questioni di diritto.
I Fatti del Caso
Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catania. La ricorrente, tramite il suo difensore, ha sollevato due principali motivi di censura contro la decisione dei giudici di secondo grado, sperando di ottenere un annullamento della condanna.
La Decisione sull’inammissibilità del ricorso
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2722 del 2024, ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza della ricorrente, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che il ricorso non possedeva i requisiti necessari per essere discusso. Di conseguenza, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su un’analisi attenta dei due motivi presentati. Entrambi sono stati giudicati inadeguati per un giudizio di legittimità, ma per ragioni diverse e complementari.
Il primo motivo: doglianze di mero fatto
Il primo motivo del ricorso è stato qualificato come una serie di ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, la difesa non ha contestato un errore nell’applicazione della legge, ma ha tentato di proporre una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella accertata dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio per rivalutare le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione. Poiché la ricostruzione dei giudici di merito era stata giudicata immune da vizi logici o giuridici e coerente con le prove raccolte, questo motivo è stato ritenuto inammissibile.
Il secondo motivo: genericità e ripetitività
Il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è stato anch’esso respinto. La Corte lo ha definito ‘generico, aspecifico e meramente riproduttivo’ di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione deve contenere critiche specifiche e nuove alla sentenza impugnata, non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e motivate correttamente in secondo grado. La mancanza di specificità ha quindi portato all’inammissibilità del ricorso anche per questo secondo punto.
Conclusioni: Le conseguenze pratiche dell’inammissibilità
Questa ordinanza sottolinea un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione deve essere redatto con rigore tecnico e focalizzarsi esclusivamente su questioni di diritto. Tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o riproporre in modo acritico le stesse argomentazioni già respinte porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Le conseguenze, come visto, non sono solo procedurali, ma anche economiche: la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria, basata sul principio della ‘colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’ (Corte cost. n. 186/2000), serve a scoraggiare ricorsi palesemente infondati che appesantiscono il sistema giudiziario.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a contestare la ricostruzione dei fatti (doglianze in punto di fatto) invece di sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge, oppure quando i motivi sono generici, non specifici e si limitano a ripetere argomenti già valutati e respinti nei gradi precedenti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di primo e secondo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2722 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/10/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenz epigrafe;
esaminati gli atti e il provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso è inammissibile in quanto: a) il primo motivo è costituito da doglíanze in punto di fatto in ordine al giudizio di responsabilità, volte a confutare la ricost effettuata dai Giudici di merito in termini non solo immuni da vizi logici o giuridi soprattutto, strettamente aderenti alle risultanze istruttorie (si vedano le pagine da 4 a 6 secondo motivo è generico, aspecifico e meramente riproduttivo di profili di censura in ordine diniego delle circostanze attenuanti generiche già adeguatamente vagliati e disattesi con corre argomentì giuridici dalla sentenza impugnata (si vedano le pagine 9 e 10);
ritenuto che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che la stessa abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 200
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 22 dicembre 2023.