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Inammissibilità ricorso: quando è generico e fattuale

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda su due motivi principali: il primo, considerato una mera doglianza sui fatti e non sul diritto; il secondo, giudicato generico e ripetitivo di argomenti già respinti. A causa della conclamata inammissibilità del ricorso, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: la Cassazione chiarisce i limiti

Presentare un ricorso in Cassazione richiede una profonda conoscenza delle regole procedurali. Un errore nella formulazione dei motivi può portare a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con conseguenze significative per il ricorrente. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre un chiaro esempio di quali siano i limiti da non superare, ribadendo la distinzione tra questioni di fatto e questioni di diritto.

I Fatti del Caso

Il caso in esame ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Catania. La ricorrente, tramite il suo difensore, ha sollevato due principali motivi di censura contro la decisione dei giudici di secondo grado, sperando di ottenere un annullamento della condanna.

La Decisione sull’inammissibilità del ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2722 del 2024, ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza della ricorrente, ma si ferma a un livello procedurale, stabilendo che il ricorso non possedeva i requisiti necessari per essere discusso. Di conseguenza, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la sua decisione su un’analisi attenta dei due motivi presentati. Entrambi sono stati giudicati inadeguati per un giudizio di legittimità, ma per ragioni diverse e complementari.

Il primo motivo: doglianze di mero fatto

Il primo motivo del ricorso è stato qualificato come una serie di ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, la difesa non ha contestato un errore nell’applicazione della legge, ma ha tentato di proporre una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella accertata dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio per rivalutare le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche e la logicità della motivazione. Poiché la ricostruzione dei giudici di merito era stata giudicata immune da vizi logici o giuridici e coerente con le prove raccolte, questo motivo è stato ritenuto inammissibile.

Il secondo motivo: genericità e ripetitività

Il secondo motivo, relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è stato anch’esso respinto. La Corte lo ha definito ‘generico, aspecifico e meramente riproduttivo’ di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione deve contenere critiche specifiche e nuove alla sentenza impugnata, non può limitarsi a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e motivate correttamente in secondo grado. La mancanza di specificità ha quindi portato all’inammissibilità del ricorso anche per questo secondo punto.

Conclusioni: Le conseguenze pratiche dell’inammissibilità

Questa ordinanza sottolinea un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione deve essere redatto con rigore tecnico e focalizzarsi esclusivamente su questioni di diritto. Tentare di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti o riproporre in modo acritico le stesse argomentazioni già respinte porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Le conseguenze, come visto, non sono solo procedurali, ma anche economiche: la condanna alle spese e alla sanzione pecuniaria, basata sul principio della ‘colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’ (Corte cost. n. 186/2000), serve a scoraggiare ricorsi palesemente infondati che appesantiscono il sistema giudiziario.

Quando un ricorso in Cassazione viene considerato inammissibile?
Secondo questa ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a contestare la ricostruzione dei fatti (doglianze in punto di fatto) invece di sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge, oppure quando i motivi sono generici, non specifici e si limitano a ripetere argomenti già valutati e respinti nei gradi precedenti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende. Inoltre, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere contestata.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. Non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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