Inammissibilità del Ricorso: La Cassazione Ribadisce i Limiti
L’ordinanza n. 7494 del 2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in sede di legittimità. Il caso analizzato evidenzia come la genericità e la mancanza di specificità dei motivi portino inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, confermando il ruolo della Suprema Corte come giudice di diritto e non di merito. Questo principio è cruciale per comprendere i limiti dell’impugnazione in Cassazione.
Il Contesto del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello che confermava la sua responsabilità penale. I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti principali: una critica all’affermazione della responsabilità penale, basata su una presunta inattendibilità della persona offesa, e la contestazione della mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
I Motivi dell’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile sulla base di argomentazioni procedurali molto nette. L’analisi della Suprema Corte si è concentrata non sul merito delle accuse, ma sulla struttura e sul contenuto dell’atto di impugnazione.
La Genericità e la Mancanza di Correlazione
Un primo vizio riscontrato è stata la mancanza di specificità. Il ricorso non si confrontava criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre le stesse doglianze già presentate e respinte in appello. La Corte ha sottolineato che un ricorso è inammissibile non solo quando è indeterminato, ma anche quando manca una reale correlazione tra le ragioni esposte nella decisione contestata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione. L’impugnazione non può ignorare le motivazioni del giudice precedente, ma deve attaccarle specificamente.
Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti
Il secondo e fondamentale motivo di inammissibilità risiede nel tentativo del ricorrente di ottenere dalla Cassazione una nuova valutazione delle prove. Contestare l’attendibilità della persona offesa o proporre una ricostruzione alternativa dei fatti sono attività tipiche del giudizio di merito. La Corte di Cassazione non è un “terzo grado” di giudizio dove si possono riesaminare le prove, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Il ricorso, pertanto, tendeva a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie, estranea al sindacato di legittimità.
La Decisione della Corte di Cassazione
Alla luce di queste considerazioni, la Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Questa decisione ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che il ricorso era privo di concreta specificità. In primo luogo, l’atto tendeva a sollecitare una rivalutazione delle fonti di prova e una ricostruzione dei fatti diversa da quella operata dai giudici di merito, un’operazione preclusa in sede di legittimità. In secondo luogo, i motivi di ricorso risultavano essere una mera riproduzione delle argomentazioni difensive già ampiamente esaminate e disattese, con motivazione logica e coerente, dalla Corte d’Appello. La Corte ha richiamato il proprio orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui la mancanza di specificità si apprezza anche per l’assenza di correlazione tra le ragioni della decisione impugnata e quelle dell’impugnazione. Anche la doglianza relativa alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata ritenuta inammissibile, in quanto i giudici di merito avevano correttamente argomentato le ragioni della sua esclusione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame riafferma con forza un principio cardine del processo penale: il ricorso per cassazione deve essere un atto tecnicamente preciso, volto a denunciare vizi di legittimità (violazioni di legge o vizi di motivazione) e non a rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un monito a redigere ricorsi specifici, che si confrontino puntualmente con la sentenza impugnata, evitando di trasformare il giudizio di legittimità in un improprio terzo grado di merito. Per i cittadini, chiarisce che l’accesso alla Corte di Cassazione è subordinato al rispetto di regole rigorose che ne preservano la funzione di garante dell’uniforme interpretazione della legge.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile principalmente per mancanza di specificità, ovvero quando è generico, non si confronta con le motivazioni della sentenza impugnata, o quando propone questioni di fatto anziché di diritto, come la rivalutazione delle prove.
Cosa significa che un motivo di ricorso è “aspecifico”?
Significa che il motivo non indica chiaramente le parti della sentenza che si contestano e le ragioni giuridiche della critica. È considerato aspecifico anche un motivo che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente, senza criticare la motivazione con cui sono state respinte.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e l’attendibilità dei testimoni?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o valutare l’attendibilità dei testimoni. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito dell’accertamento dei fatti, che è di competenza esclusiva dei giudici di primo e secondo grado.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7494 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7494 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a CHIARAVALLE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/03/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’inte r resse di NOME COGNOME COGNOME la memoria trasmessa a ” mezzo p.e.c. in data 8 novembre 2023, con la quale si chiede genericamente di rivalutare la determinazione di manifesta inammissibilità del ricorso;
ritenuto che il ricorso, con il quale si contesta l’affermazione in ordine alla penale responsabilità, sia in punto di prova degli elementi costitutivi del reato, con particolare riguardo all’attendibilità della persona offesa, sia in relazione all’art. 131-bis cod. pen., privo di concreta specificità e tende a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che la mancanza di specificità del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, queste non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità;
che, invero, i giudici del merito hanno ampiamente vagliato e disatteso, con argomentazione esente da criticità giustificative manifeste, le doglianze difensive dell’appello, meramente riprodotte in questa sede (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 in tema di uso improprio e sine titulo della res altrui affidata per ragioni diverse), dovendo sul punto darsi continuità all’orientamento giurisprudenziale uniforme di questa Sezione (Sez. 2, n. 44650 del 24/09/2015, Rv. 264899; Sez. 2, n. 47665 del 27/11/2009, Rv. 245370); altrettanto è a dirsi per la correttamente argomentata esclusione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.IM.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.