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Inammissibilità ricorso: quando è aspecifico

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato condannato per ricettazione. I motivi del ricorso, relativi alla valutazione delle prove, alla sussistenza del dolo e alla concessione di attenuanti, sono stati giudicati generici e meramente ripetitivi di questioni già decise in appello. La Corte ha sottolineato che un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti alla sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso: la Cassazione ribadisce il principio di specificità

L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un importante chiarimento su un aspetto cruciale del processo penale: l’inammissibilità del ricorso per cassazione. La decisione sottolinea come un’impugnazione, per superare il vaglio di ammissibilità, non possa limitarsi a una generica riproposizione di argomenti già esaminati, ma debba contenere critiche mirate e specifiche contro la decisione impugnata. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso per comprendere le implicazioni pratiche di tale principio.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di ricettazione, decideva di presentare ricorso per cassazione. Le sue censure si basavano su tre motivi principali:

1. Errata valutazione della prova: il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, proponendo una rilettura alternativa delle prove raccolte.
2. Insussistenza del dolo: si contestava la presenza dell’intento criminale (dolo) necessario per il reato di ricettazione, chiedendo una riqualificazione del fatto in un’ipotesi meno grave (incauto acquisto, ex art. 712 c.p.).
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: si lamentava il fatto che le circostanze attenuanti non fossero state concesse nella loro massima estensione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto in toto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle questioni sollevate, ma si è fermata a un livello preliminare, quello procedurale. Secondo i giudici, tutti e tre i motivi di ricorso erano affetti da un vizio insanabile: la mancanza di “concreta specificità”.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per i casi di ricorsi inammissibili.

Le Motivazioni: la decisiva mancanza di specificità dei motivi del ricorso

Il cuore della decisione risiede nell’articolo 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, che sancisce l’inammissibilità dell’impugnazione quando mancano i motivi specifici. La Corte ha spiegato che la “specificità” non è un mero requisito formale, ma sostanziale.

I giudici hanno osservato che i motivi presentati dall’imputato erano semplici “apodittiche doglianze”, ovvero affermazioni generiche e non argomentate, che si limitavano a riproporre le medesime questioni già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Il ricorso, per essere ammissibile, avrebbe dovuto instaurare un dialogo critico con la sentenza di secondo grado, evidenziando specifici errori logici o giuridici nel ragionamento del giudice. Invece, si è limitato a una sterile ripetizione, ignorando le argomentazioni della Corte territoriale.

Questa mancanza di correlazione tra le censure del ricorrente e le motivazioni della decisione impugnata ha determinato la carenza di specificità, portando inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito fondamentale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione di un giudice; è necessario articolare le proprie ragioni in modo specifico, puntuale e pertinente. Un ricorso per cassazione non è una terza istanza di giudizio sui fatti, ma un controllo sulla legittimità e sulla coerenza logica della decisione dei giudici di merito. La riproposizione di argomenti già vagliati, senza una critica mirata alla motivazione della sentenza impugnata, è una strategia processuale destinata al fallimento, che comporta non solo la conferma della condanna ma anche ulteriori sanzioni economiche.

Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Sulla base di questa ordinanza, un ricorso è dichiarato inammissibile quando i suoi motivi mancano di specificità, ovvero sono generici, si limitano a ripetere argomenti già esaminati e respinti nei gradi precedenti e non si confrontano criticamente con le motivazioni della sentenza che si sta impugnando.

Cosa significa che i motivi di un ricorso devono essere “specifici”?
Significa che devono individuare in modo preciso e argomentato gli errori di diritto o i vizi logici presenti nella sentenza impugnata. Non basta proporre una propria ricostruzione dei fatti o riaffermare le proprie tesi, ma è necessario dimostrare dove e perché il giudice precedente ha sbagliato nel suo ragionamento.

Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità comporta che la Corte di Cassazione non esamini il merito della questione. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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