Inammissibilità Ricorso: la Cassazione chiarisce quando non opera la prescrizione
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia processuale: la declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di far valere la prescrizione del reato maturata dopo la sentenza impugnata. Questa decisione offre spunti importanti sulle strategie processuali e sulle conseguenze di un’impugnazione priva dei requisiti di legge.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa era l’intervenuta prescrizione del reato. Secondo il ricorrente, il tempo massimo previsto dalla legge per perseguire il reato contestatogli era ormai trascorso, rendendo la condanna non più applicabile.
La Decisione della Corte e l’Inammissibilità del Ricorso
La Corte di Cassazione ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno basato la loro decisione su due pilastri argomentativi distinti ma collegati.
In primo luogo, la Corte ha verificato i calcoli relativi ai termini di prescrizione. Tenendo conto delle interruzioni del processo e dell’aggravante della recidiva (specificamente quella prevista dall’art. 99, secondo comma, del codice penale), i giudici hanno concluso che, al momento della pronuncia della sentenza d’appello, il termine prescrizionale non era ancora interamente decorso. Già questo elemento rendeva infondata la pretesa del ricorrente.
Le Motivazioni
Il cuore della decisione, tuttavia, risiede nel richiamo a un consolidato principio giurisprudenziale, espresso dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 32 del 2000). Secondo tale orientamento, l’inammissibilità del ricorso “cristallizza” la situazione giuridica al momento della sentenza impugnata. In altre parole, se il ricorso non può essere esaminato nel merito perché privo dei presupposti di legge, il giudice dell’impugnazione non può prendere in considerazione eventi successivi, come il maturare della prescrizione.
L’inammissibilità agisce come una barriera processuale che impedisce di rilevare cause di estinzione del reato sopravvenute. Di conseguenza, anche se la prescrizione fosse maturata il giorno dopo la sentenza d’appello, un ricorso inammissibile non permetterebbe di farla valere. Il ricorso è stato quindi giudicato manifestamente infondato, portando a una dichiarazione di inammissibilità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la presentazione di un ricorso in Cassazione non è uno strumento per guadagnare tempo e sperare nella prescrizione. Se l’impugnazione è viziata da inammissibilità, essa non solo non produrrà gli effetti sperati, ma comporterà anche conseguenze negative per il ricorrente. La Corte, infatti, ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa decisione serve da monito: le impugnazioni devono essere fondate su motivi solidi e validi, poiché un ricorso temerario o infondato viene sanzionato, cristallizzando la condanna precedente e aggiungendo ulteriori oneri economici.
Se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile, si può ancora far valere la prescrizione del reato maturata dopo la sentenza d’appello?
No, l’ordinanza chiarisce che l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo dell’eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata, conformemente a un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità.
Perché il motivo di ricorso sulla prescrizione è stato ritenuto infondato?
Perché, sulla base dei calcoli effettuati dalla Corte, che hanno tenuto conto delle interruzioni e dell’aumento di pena per la recidiva, il termine prescrizionale non era ancora decorso al momento della decisione della Corte d’Appello.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30796 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30796 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME,
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso che deduce la intervenuta prescrizione del reato è manifestamente infondato in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, COGNOME Luca, Rv. 217266);
considerato che, come si evince da pagina 5 della sentenza impugnata ove il giudice ritiene sussistente la recidiva di cui all’art. 99, comma II cod. pen. (non comma quarto come erroneamente riportato sia in sentenza che nei motivi di ricorso), il termine prescrizionale non era interamente decorso al momento della decisione di appello impugnata, tenuto conto delle interruzioni del corso della prescrizione e del limite legale di cui all’art. 161, comma secondo, cod. pen. (8 anni, più la metà, 12 anni, più la metà, 18 anni quale limite insuperabile per effetto ì delle intervenute prescrizionU cui si aggiungono i periodi di sospensione del corso della prescrizione diligentemente calcolati dal difensore e riportati in ricorso;
ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.