Inammissibilità ricorso pubblico ufficiale: La Cassazione chiarisce i limiti dell’appello
L’ordinanza in esame offre un importante spunto di riflessione sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione, in particolare quando questi si limitano a riproporre argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La vicenda riguarda un dipendente postale e la corretta qualificazione giuridica di un reato commesso nell’esercizio delle sue funzioni, evidenziando l’importanza di una difesa tecnica che affronti specificamente le motivazioni della sentenza impugnata. L’inammissibilità del ricorso del pubblico ufficiale è stata la conseguenza diretta di una strategia difensiva non adeguata ai requisiti del giudizio di legittimità.
I Fatti del Caso: La Condotta del Dipendente Postale
Un dipendente di un ufficio postale, in qualità di incaricato di pubblico servizio, era stato condannato per essersi appropriato di somme di denaro durante la riscossione di tributi. La sua condotta consisteva nell’occultare la sottrazione di denaro attraverso la falsificazione delle attestazioni di pagamento (i cosiddetti moduli F24) rilasciate ai cittadini. In pratica, l’impiegato incassava l’importo corretto, ma rilasciava una ricevuta per una somma inferiore, intascando la differenza.
La difesa dell’imputato aveva tentato, sia in appello che in Cassazione, di far qualificare il fatto come truffa, una tesi che però non ha mai trovato accoglimento presso i giudici di merito.
La Decisione della Corte: Focus sull’Inammissibilità del Ricorso Pubblico Ufficiale
La Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta. Il motivo principale del rigetto risiede nel fatto che il ricorrente non ha fatto altro che riproporre la medesima tesi difensiva già presentata e respinta dalla Corte d’Appello. Questo modo di procedere, secondo la giurisprudenza consolidata, rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile.
La Corte ha sottolineato che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Non è compito della Cassazione rivalutare i fatti o la logicità delle motivazioni della sentenza impugnata, se queste sono state esposte in modo coerente e adeguato. L’appello deve contenere una critica specifica e puntuale al ragionamento del giudice precedente, non una semplice ripetizione di argomenti già sconfessati.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Stato Respinto
La motivazione della Corte si basa su due pilastri fondamentali della procedura penale:
1. La Manifesta Infondatezza e Genericità del Motivo
Il ricorso è stato giudicato “manifestamente infondato” perché la tesi sulla qualificazione del reato come truffa era già stata analizzata e motivatamente respinta dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano aderito a un orientamento giurisprudenziale consolidato, fornendo una spiegazione puntuale e aderente ai fatti ricostruiti.
2. L’Assenza di un Confronto Effettivo con la Sentenza Impugnata
La Cassazione ha evidenziato come il ricorso mancasse di un confronto reale e critico con le argomentazioni della sentenza d’appello. Invece di contestare specifici passaggi logici o giuridici della decisione precedente, la difesa si è limitata a ripresentare la propria visione dei fatti. Questo approccio è inammissibile perché non denuncia un errore logico o giuridico specifico, ma tenta surrettiziamente di ottenere una nuova valutazione del merito della vicenda, compito che esula dalle funzioni della Suprema Corte.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chi si appresta a presentare un ricorso per cassazione: non è sufficiente essere in disaccordo con la decisione precedente. È necessario strutturare un’impugnazione che identifichi e contesti in modo preciso i vizi logici o le errate applicazioni della legge presenti nella sentenza impugnata. La mera riproposizione di tesi già valutate e respinte porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta, come previsto dall’art. 616 c.p.p., non solo la condanna al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata quantificata in 3.000 euro.
Perché il ricorso del dipendente è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato giudicato manifestamente infondato e generico. La difesa si è limitata a riproporre la stessa tesi sulla qualificazione del reato già correttamente valutata e respinta dalla Corte d’Appello, senza un confronto effettivo con le motivazioni della sentenza impugnata.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare i fatti o le prove, ma assicurare che la legge sia stata applicata correttamente dai giudici dei gradi precedenti. Non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito se la loro motivazione è adeguata e priva di vizi logici.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15046 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15046 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a AGRIGENTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo unico dedotto dal ricorrente è manifestamente infondato perché ripropone una tesi in merito alla qualificazione del fatto a titolo di truffa che è stata correttamente valutata e respinta dalla Corte di appello, in ossequio ai criteri dettati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 6, n. 46799 del 20/06/2018, Pieretti, Rv. 274282) con motivazione puntuale, aderente alla ricostruzione delle modalità di acquisizione del possesso del denaro, e della sua sottrazione dal parte dell’imputato quale dipendente dell’ufficio postale, occultata attraverso la falsificazione delle attestazioni rilasciate dall’imputato per un importo inferiore a quello effettivamente versato, nella sua qualità di incaricato di pubblico servizio (peraltro non oggetto di censure, trattandosi della riscossione di versamenti tributari attestati dal rilascio dei relativi moduli F 24);
ritenuto che la riproposizione della medesima prospettazione di parte in assenza di un confronto effettivo con le valutazioni del giudice di merito, non è ammissibile in sede di legittimità, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determiNOME (Sez. 3, n. 44882 del 18.7.2014, COGNOME e altri, Rv. 260608);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 22 marzo 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente