Inammissibilità ricorso prescrizione: quando il tempo non basta
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale n. 7565/2024, offre un chiarimento fondamentale su un tema procedurale di grande rilevanza: il rapporto tra l’inammissibilità ricorso prescrizione. In particolare, la Suprema Corte ribadisce un principio consolidato: se un ricorso è inammissibile, il giudice non può dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata. Analizziamo questa decisione per comprenderne la logica e le conseguenze pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato sosteneva che il reato a lui ascritto, previsto dall’art. 349 del codice penale, si fosse estinto per prescrizione. Tuttavia, il ricorso è stato giudicato dalla Cassazione come generico e, soprattutto, manifestamente infondato.
La questione dell’inammissibilità ricorso e della prescrizione
Il punto centrale della controversia ruota attorno alla tempistica. Il reato era stato commesso il 10 agosto 2013. A causa della recidiva specifica e reiterata contestata all’imputato, il termine massimo di prescrizione era di dieci anni, con scadenza fissata per il 10 agosto 2023. La sentenza della Corte d’Appello era stata emessa il 30 maggio 2023, quindi prima che la prescrizione si compisse.
Il ricorrente, nel presentare il suo gravame, sperava che la Cassazione, nel decidere, prendesse atto della prescrizione maturata nel frattempo. Tuttavia, la Corte ha rilevato che il ricorso era inammissibile, in quanto manifestamente infondato e generico. Questa valutazione preliminare ha bloccato sul nascere ogni ulteriore esame del merito, inclusa la verifica della prescrizione.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un principio giurisprudenziale consolidato, richiamando una storica sentenza delle Sezioni Unite (n. 32 del 2000). Secondo tale principio, l’inammissibilità del ricorso per cassazione impedisce la formazione di un valido rapporto processuale di impugnazione. Di conseguenza, preclude al giudice di legittimità la possibilità di rilevare e dichiarare eventuali cause di estinzione del reato, come la prescrizione, che siano sopraggiunte dopo la data della sentenza impugnata.
In altre parole, un ricorso palesemente infondato non “apre la porta” a un riesame della posizione dell’imputato. La Corte, accertata l’inammissibilità, si ferma lì, senza poter considerare gli eventi successivi, come il decorso del tempo necessario a prescrivere il reato. Inoltre, i giudici hanno sottolineato che non vi erano elementi per ritenere che il ricorrente fosse senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità. Per questo motivo, oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, è stata disposta una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza un concetto cruciale: il diritto all’impugnazione deve essere esercitato con serietà e fondatezza. La presentazione di un ricorso palesemente infondato non solo non porta al risultato sperato, ma ha conseguenze negative per il ricorrente. La decisione chiarisce che l’inammissibilità ricorso prescrizione è un binomio in cui il primo termine preclude il secondo. La declaratoria di inammissibilità crea una barriera invalicabile che cristallizza la situazione giuridica al momento della sentenza impugnata, rendendo irrilevante la prescrizione maturata successivamente. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici e giuridicamente sostenibili, pena la condanna a sanzioni economiche e l’impossibilità di beneficiare di eventuali cause estintive del reato.
 
Cosa succede se la prescrizione di un reato matura dopo la sentenza di appello e prima della decisione della Cassazione?
Se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile (ad esempio, perché manifestamente infondato), la Corte non può dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. L’inammissibilità impedisce la formazione di un valido rapporto di impugnazione e cristallizza la situazione alla data della sentenza impugnata.
Perché un ricorso può essere dichiarato ‘manifestamente infondato’?
Un ricorso è manifestamente infondato quando i motivi presentati sono palesemente privi di qualsiasi base giuridica. Nel caso specifico, il ricorso era anche generico, in quanto il ricorrente non aveva nemmeno indicato la data precisa in cui, a suo avviso, sarebbe maturata la prescrizione.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
Il ricorrente la cui impugnazione è dichiarata inammissibile per sua colpa (come nel caso di manifesta infondatezza) viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, il cui importo è determinato dal giudice in via equitativa. In questo caso, la sanzione è stata di 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7565 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 7565  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso promosso nell’interesse di NOME COGNOME, che deduce violazione di legge in relazione all’art. 157 cod. pen. per essere il delitto di cui all’art pen., contestato al capo B), estinto per prescrizione, è inammissibile in quanto generico, p che il ricorrente nemmeno indica la data in cui il reato si sarebbe prescritto, e, comun manifestamente infondato; invero, posto che il reato è stato commesso il 10 agosto 2013 e che è stata ritenuta la contestata recidiva specifica e reiterata, il termine mass prescrizione, ai sensi degli art. 157, comma 2, cod. pen. e 161, comma 2 cod. pen., è pari dieci anni ed è decorso il 10 agosto 2023, quindi dopo la pronuncia impugnata, che è stat emessa il 30 maggio 2023;
rilevato che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, possibilità di rilevare la prescrizione del reato maturata successivamente alla sente impugnata con il ricorso (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266);
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvis assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024.