Inammissibilità Ricorso Prescrizione: L’Impatto della Recidiva sul Termine
L’inammissibilità del ricorso per prescrizione è un esito processuale che si verifica quando i motivi dell’impugnazione sono palesemente infondati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, chiarendo come la presenza di una recidiva qualificata possa modificare radicalmente i termini per l’estinzione del reato. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere il complesso rapporto tra il decorso del tempo e lo status di recidivo nel diritto penale.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Il ricorrente sosteneva che il reato a lui ascritto, commesso nel febbraio 2013, si fosse estinto per prescrizione prima della pronuncia della sentenza di secondo grado, emessa nell’aprile 2023. La tesi difensiva si basava su un calcolo dei termini che, tuttavia, non teneva conto di un elemento cruciale presente nel fascicolo processuale.
La Questione Giuridica: Inammissibilità Ricorso Prescrizione e Ruolo della Recidiva
Il cuore della questione legale risiede nell’interazione tra le norme sulla prescrizione (art. 157 e 161 c.p.) e la disciplina della recidiva (art. 99 c.p.). La difesa dell’imputato aveva calcolato il termine di prescrizione senza considerare gli effetti aggravanti della recidiva che gli era stata contestata. La Corte di Cassazione è stata quindi chiamata a verificare se, alla luce della specifica condizione giuridica dell’imputato, il termine per l’estinzione del reato fosse effettivamente maturato, giustificando così l’accoglimento del ricorso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando la censura sulla prescrizione come ‘manifestamente infondata’. I giudici hanno spiegato che il calcolo corretto del termine massimo di prescrizione doveva tenere conto della contestata e ritenuta recidiva ai sensi dell’art. 99, comma 3, del codice penale.
In applicazione del combinato disposto degli articoli 157 e 161 c.p., il termine massimo per il reato in questione non era quello ordinario, ma un termine più esteso, calcolato in undici anni e tre mesi. Di conseguenza, alla data della sentenza d’appello (aprile 2023), tale termine non era ancora decorso, essendo il reato stato commesso nel febbraio 2013. L’argomento del ricorrente è stato quindi respinto in quanto basato su un presupposto giuridico errato. L’evidente infondatezza del motivo ha portato, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, alla declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
La decisione consolida un principio fondamentale: la recidiva, specialmente nelle sue forme più gravi, non è un mero dettaglio, ma un fattore che incide sostanzialmente sul calcolo della prescrizione, estendendone i tempi. L’ordinanza serve da monito sulla necessità di un’analisi completa di tutti gli elementi giuridici prima di proporre un ricorso, poiché un’impugnazione basata su calcoli errati o su una valutazione parziale della propria posizione processuale è destinata all’inammissibilità del ricorso per prescrizione. Per l’imputato, oltre alla conferma della condanna, ciò ha comportato il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi palesemente infondati.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo all’avvenuta prescrizione del reato, è stato ritenuto manifestamente infondato dalla Corte di Cassazione.
In che modo la recidiva ha influenzato il calcolo della prescrizione nel caso specifico?
La recidiva contestata all’imputato (ai sensi dell’art. 99, comma 3, c.p.), in combinato disposto con gli articoli 157 e 161 c.p., ha comportato un prolungamento del termine massimo di prescrizione, che è stato calcolato in undici anni e tre mesi. Questo termine non era ancora decorso alla data della sentenza d’appello.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
A causa dell’inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24046 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24046 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/04/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe esaminati gli atti e il provvedimento impugNOME;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché la censura prospettata, afferente al intervenuta estinzione del reato per prescrizione, maturata prima della decisione di appello, manifestamente infondata atteso che, in ragione della contestata e ritenuta recidiva ex art 9 comma 3 cp e in applicazione del combiNOME disposto di cui agli artt. 157 e 161 cp, il fatto giudizio, consumato il 16 febbraio 2013, non poteva ritenersi prescritto alla data della senten impugnata (15 maggio 2023), non essendo all’evidenza decorso il termine massimo ( nel caso di anni undici e mesi tre) previsto a tal fine rilevato che all’inamrnissibilità -dei ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 22 aprile 2024.