Inammissibilità Ricorso per Spaccio: La Cassazione Conferma i Limiti del Giudizio di Legittimità
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, chiarendo i criteri per l’inammissibilità del ricorso e i limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione delle sentenze di merito. La decisione sottolinea come la valutazione sulla gravità del fatto e sulla concessione delle attenuanti generiche rientri ampiamente nel potere discrezionale del giudice di merito, a meno di vizi logici evidenti.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la responsabilità penale di un individuo per il reato di detenzione ai fini di spaccio di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti, precisamente 6.336 dosi medie singole. L’imputato, tramite il suo difensore, aveva impugnato la decisione lamentando una motivazione carente su diversi punti: la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (ex art. 131-bis c.p.), il diniego delle attenuanti generiche e, più in generale, il trattamento sanzionatorio applicato.
L’Inammissibilità del Ricorso secondo la Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la pronuncia impugnata fosse, al contrario di quanto dedotto dal ricorrente, sorretta da una motivazione appropriata, logica e basata su elementi probatori significativi. La Cassazione ribadisce che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti del processo, ma di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica della decisione del giudice di merito.
La Valutazione sulla Particolare Tenuità del Fatto
Uno dei motivi centrali dell’inammissibilità del ricorso riguarda la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha stabilito che la detenzione di un quantitativo così elevato di stupefacente (oltre seimila dosi) è logicamente incompatibile con la nozione di ‘particolare tenuità’. La gravità del fatto, desumibile dall’enorme numero di dosi pronte per la vendita, esclude a priori la possibilità di considerare l’offesa come minima, rendendo corretta la decisione della Corte d’Appello di negare tale beneficio.
Il Giudizio sulle Attenuanti e la Dosimetria della Pena
La Corte ha inoltre respinto le censure relative al diniego delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena. Richiamando la propria giurisprudenza consolidata, ha specificato che la motivazione del giudice di merito su questi punti può essere anche implicita o sintetica. Formule come ‘si ritiene congrua’ sono ammesse, purché il ragionamento sottostante non sia palesemente arbitrario o illogico. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato e aveva commisurato una pena di poco superiore al minimo, ritenendola adeguata alla gravità del reato. Tale valutazione, secondo la Cassazione, è incensurabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Cassazione si fondano sul principio secondo cui il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Il ricorrente, secondo la Corte, non ha evidenziato vizi logico-giuridici nella sentenza impugnata, ma ha tentato di proporre una diversa valutazione dei fatti già esaminati dai giudici di merito. La Corte ha chiarito che il suo compito è verificare che la sentenza d’appello abbia fornito una giustificazione coerente delle proprie conclusioni. In questo caso, la motivazione è stata ritenuta adeguata sia nel negare la particolare tenuità del fatto, data l’oggettiva gravità della condotta, sia nel giudizio di comparazione tra circostanze e nella determinazione della pena, basato sui criteri dell’art. 133 c.p.
Le Conclusioni
In conclusione, l’ordinanza stabilisce l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Questa decisione riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la valutazione dei fatti e la discrezionalità nella determinazione della pena sono prerogative del giudice di merito. Il controllo della Cassazione è limitato alla verifica della legalità e della logicità della motivazione, escludendo ogni possibilità di rivalutare le prove o sostituire il proprio giudizio a quello dei gradi precedenti, a meno che la decisione non risulti palesemente viziata da arbitrio o illogicità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza d’appello fosse adeguatamente motivata, immune da vizi logico-giuridici e basata su acquisizioni probatorie definite e significative. Il ricorrente non ha sollevato censure ammissibili in sede di legittimità.
La detenzione di un grande quantitativo di droga può essere considerata un ‘fatto di particolare tenuità’?
No. Secondo la Corte, la detenzione di 6.336 dosi medie singole di stupefacente è un fatto di non particolare tenuità, la cui gravità è tale da escludere l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.
È sufficiente una motivazione sintetica o implicita da parte del giudice d’appello per negare le attenuanti generiche?
Sì. La Cassazione ha ribadito che, in tema di attenuanti generiche e dosimetria della pena, la giurisprudenza ammette la cosiddetta motivazione implicita o l’uso di formule sintetiche (es. ‘pena congrua’), purché il giudizio del giudice di merito non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27344 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MASSA DI SOMMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/09/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata recante l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’imputazione inammissibile.
Infatti, contrariamente a quanto dedotto, la pronunzia impugnata reca appropriata motivazione, basata su definite e significative acquisizioni probatorie ed immune da vizi logico-giuridici.
L’art. 131-bis cod. pen. è stato motivatamente negato in ragione della detenzione al fine di spaccio di n. 6.336 dosi medie singole di stupefacente, ritenuto logicamente fat di non particolare tenuità. Quanto al trattamento sanzionatorio, il ricorrente non consider che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Sup Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Sez. 6, sent. del 22 settembre 2003 n. 36382, Rv. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Sez. 4, sent del 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferiment ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano fr di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. 3, sent. 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298); tale evenienza non sussiste nel caso di specie, in cui la Corte di appello ha fatt espressa menzione dell’assenza di elementi positivi per la concessione delle attenuanti generiche e ha considerato la misura della pena (di poco superiore al minimo) adeguata alla gravità del fatto.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 giugno 2024
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