Inammissibilità ricorso per spaccio: la Cassazione conferma la condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato il tema dell’inammissibilità del ricorso per spaccio, fornendo chiari principi sulla corretta formulazione dei motivi di impugnazione e sui criteri utilizzati per accertare la destinazione di sostanze stupefacenti alla vendita. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una sanzione. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.
I fatti del processo
Il caso trae origine da una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. La Corte d’Appello, pur riducendo la pena iniziale attraverso l’eliminazione dell’aumento per la continuazione e riconoscendo le attenuanti generiche, aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato. La difesa aveva quindi proposto ricorso per Cassazione, articolando la propria impugnazione su tre motivi principali: l’errata qualificazione del fatto come unico reato, la contestazione della destinazione allo spaccio della sostanza e la critica al trattamento sanzionatorio applicato.
L’analisi della Cassazione e l’inammissibilità ricorso per spaccio
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, ritenendo i motivi presentati dalla difesa affetti da genericità. Esaminiamo punto per punto la valutazione dei giudici:
1. Concorso di reati vs. unico reato: Il primo motivo, con cui si chiedeva l’assoluzione per una parte del quantitativo detenuto, è stato giudicato inammissibile perché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva già escluso il concorso di reati, qualificando il fatto come un’unica condotta di detenzione e, di conseguenza, riducendo la pena. La censura è stata quindi ritenuta del tutto generica.
2. Destinazione allo spaccio: La Suprema Corte ha confermato la logicità del ragionamento seguito dai giudici di merito per accertare la finalità di spaccio. Tale conclusione non era basata su un singolo elemento, ma su una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti, tra cui il dato ponderale (la quantità della sostanza), l’assenza di redditi adeguati a giustificarne il possesso per uso personale, le circostanze di luogo e di tempo del controllo e l’accertata attività di spaccio.
3. Trattamento sanzionatorio: Anche le censure relative alla determinazione della pena sono state considerate generiche. La Corte d’Appello, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, aveva fornito una motivazione congrua, spiegando che gli elementi difensivi erano già stati positivamente valutati attraverso il riconoscimento delle attenuanti generiche. Non vi erano quindi margini per un’ulteriore revisione in sede di legittimità.
Le motivazioni della decisione
La decisione della Cassazione si fonda su un principio cardine del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi di ricorso devono essere specifici e puntuali, dialogando criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata. In questo caso, i motivi sono stati giudicati ‘generici’ perché non riuscivano a scalfire la coerenza e la completezza del ragionamento della Corte d’Appello. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso ha portato all’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce l’importanza di basare l’accertamento della destinazione allo spaccio su una valutazione complessiva di più elementi fattuali. La semplice negazione da parte dell’imputato non è sufficiente se contrastata da un quadro indiziario solido e logicamente argomentato dal giudice di merito. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia sottolinea la necessità di formulare ricorsi per Cassazione che non si limitino a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, ma che individuino specifici vizi di legittimità o palesi illogicità nella motivazione della sentenza impugnata. In assenza di tali requisiti, l’esito più probabile è una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze economiche per l’assistito.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti ‘generici’, ovvero non si confrontavano in modo specifico e critico con le argomentazioni logiche e ben fondate della sentenza della Corte d’Appello.
Quali elementi sono stati considerati sufficienti per provare la destinazione allo spaccio della droga?
La destinazione allo spaccio è stata provata sulla base di una pluralità di elementi: il dato ponderale (la quantità della sostanza), l’assenza di redditi adeguati dell’imputato, le circostanze di luogo e tempo del controllo e la verificata attività di spaccio.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 454 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 454 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a VERONA il 12/05/1948
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il primo motivo dedotto è inammissibile perché non si confronta con le valutazioni operate dalla Corte di appello di Venezia che ha escluso il concorso di reati, ritenendo provata la responsabilità per un unico reato di detenzione, riducendo la pena, attraverso l’eliminazione dell’aumento per continuazione, sicchè del tutto generica è la censura con cui si invoca l’assoluzione per una parte del quantitativo di sostanza stupefacente detenuto per lo spaccio;
ritenuto che l’accertamento della destinazione allo spaccio è stata motivatamente desunta da una pluralità di elementi di fatto, costituiti dal dato ponderale, dall’assenza di redditi adeguati, dalle circostanze di luogo e di tempo del controllo e dalla verificata attività di spaccio, quindi sulla base di argomenti non illogici;
ritenuto che in ordine al trattamento sanzionatorio le censure articolate dal ricorrente sono affette da genericità rispetto alla motivazione della Corte di appello che, contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, ha motivato in merito alla determinazione della pena ritenendo che gli elementi prospettati dalla difesa sono stati sufficientemente valorizzati in sede di riconoscimento delle attenuanti generiche;
ritenuto che da quanto precede deriva la inammissibilità del ricorso dalla quale consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 2 dicembre 2024
Il Co GLYPH gliere estensore
GLYPH
Il Pres’ ente