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Inammissibilità ricorso per motivi generici: la Cassazione

Un soggetto condannato per reati di droga ha presentato appello alla Corte di Cassazione, contestando l’aumento di pena. La Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso, affermando che i motivi erano generici e una mera ripetizione di quanto già sostenuto e respinto in appello. La sentenza ribadisce che un ricorso è inammissibile se non critica specificamente le motivazioni della decisione impugnata e conferma la legittimità del potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena, se adeguatamente motivato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità del ricorso in Cassazione: Perché i motivi non possono essere generici?

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale del processo penale: l’inammissibilità del ricorso quando i motivi presentati sono generici e si limitano a ripetere questioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Questa decisione offre spunti importanti sulla necessità di specificità nelle impugnazioni e sul corretto esercizio del potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena.

I fatti del processo

Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in via definitiva dalla Corte di Appello per un reato previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990 in materia di stupefacenti. L’imputato lamentava un vizio di motivazione riguardo al trattamento sanzionatorio, in particolare contestando l’aumento di pena di due anni di reclusione e 10.000 euro di multa, applicato per la continuazione con un precedente reato accertato con un’altra sentenza. Tale aumento era stato giustificato dai giudici di merito in relazione alla detenzione illecita di oltre 187 grammi di cocaina e alla presenza di gravi precedenti penali, anche specifici, a carico dell’imputato.

La decisione della Corte di Cassazione: la regola della specificità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il punto centrale della decisione risiede nella constatazione che il ricorrente non ha fatto altro che riproporre le medesime questioni già devolute in appello e puntualmente respinte dai giudici di secondo grado con una motivazione coerente e adeguata.

La giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza, stabilisce che un ricorso per cassazione è inammissibile quando i motivi sono privi di specificità. Questa mancanza non si manifesta solo con la genericità e l’indeterminatezza, ma anche con l’assenza di una reale correlazione tra le argomentazioni della decisione impugnata e le critiche mosse dal ricorrente. In altre parole, non è sufficiente ripetere le proprie tesi; è necessario attaccare specificamente il ragionamento logico-giuridico del giudice che ha emesso la sentenza contestata.

L’inammissibilità del ricorso come sanzione processuale

L’articolo 591, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, prevede proprio l’inammissibilità dell’impugnazione quando mancano i motivi specifici. La Corte sottolinea come ignorare le esplicitazioni del giudice censurato e ripresentare doglianze identiche conduca inevitabilmente a questo vizio procedurale, impedendo alla Corte di Cassazione di entrare nel merito della questione.

Il potere discrezionale del Giudice e la congruità della pena

L’ordinanza affronta anche il tema del potere discrezionale del giudice nella commisurazione della pena. La Corte ribadisce che tale potere deve essere motivato, ma solo nei limiti necessari a far emergere il percorso logico seguito dal giudicante per adeguare la sanzione alla gravità del reato e alla personalità del reo.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente giustificato l’aumento della pena richiamando elementi concreti: l’ingente quantità di sostanza stupefacente e i precedenti penali dell’imputato. Il giudice d’appello, inoltre, non è tenuto a un’analitica valutazione di ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole dedotto dalle parti. È sufficiente che, in una visione globale del caso, indichi gli elementi ritenuti rilevanti e decisivi, superando implicitamente tutti gli altri.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su due pilastri. Il primo è il principio di specificità dei motivi di ricorso, violato dal ricorrente che si è limitato a una sterile riproposizione delle argomentazioni già respinte in appello. Secondo la Corte, un ricorso è ammissibile solo se instaura un dialogo critico con la sentenza impugnata, evidenziandone le presunte falle logiche o giuridiche. Il secondo pilastro è il rispetto del potere discrezionale del giudice di merito nella determinazione della pena. La motivazione fornita dalla Corte d’Appello è stata ritenuta esaustiva, congrua e non manifestamente illogica, in quanto ha ancorato l’aumento di pena a elementi oggettivi e pertinenti, come la gravità del fatto e la pericolosità sociale del reo desunta dai suoi precedenti.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la prassi legale. Conferma che il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione. Per superare il vaglio di ammissibilità, è indispensabile formulare censure specifiche, pertinenti e critiche nei confronti della decisione impugnata, evitando la semplice riproposizione di argomenti già noti. La decisione sottolinea altresì la solidità del principio secondo cui la valutazione della congruità della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, la quale, se sorretta da una motivazione logica e aderente ai criteri di legge, non è sindacabile in sede di legittimità.

Quando un ricorso in Cassazione è considerato inammissibile per genericità?
Un ricorso è inammissibile per genericità quando si limita a riproporre le stesse questioni già discusse e respinte nel grado precedente, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata. Manca la correlazione tra le ragioni della decisione e i motivi dell’impugnazione.

Qual è il limite al potere discrezionale del giudice nel decidere la pena?
Il giudice ha un potere discrezionale nel determinare la pena, ma deve motivare la sua scelta. La motivazione deve essere sufficiente a far comprendere il ragionamento seguito per adeguare la pena alla gravità del reato e alla personalità del reo, senza dover analizzare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole.

Cosa significa che i motivi di ricorso devono essere ‘specifici’?
Significa che i motivi non possono essere vaghi o astratti, ma devono indicare con precisione le parti del provvedimento impugnato che si contestano, le ragioni giuridiche della critica e le conseguenze desiderate, dimostrando un nesso diretto con la decisione del giudice precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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