Inammissibilità Ricorso: Quando i Motivi sono Generici e Ripetitivi
L’ordinanza della Corte di Cassazione che analizziamo oggi offre uno spunto fondamentale sulla tecnica di redazione degli atti di impugnazione. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso presentato da un imputato, condannato per furto, ribadendo un principio cardine: un ricorso non può essere una semplice fotocopia dei motivi d’appello, ma deve contenere una critica argomentata e specifica rivolta alla sentenza che si intende contestare.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dalla condanna di un individuo da parte della Corte di Appello, che aveva riqualificato il reato contestato in furto ai sensi dell’art. 624 del codice penale. La pena era stata fissata in otto mesi di reclusione e 200 euro di multa. Insoddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali: la presunta mancanza di una condizione di procedibilità (l’assenza di una querela valida) e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente le censure mosse dall’imputato, arrivando a una conclusione drastica ma giuridicamente ineccepibile: l’inammissibilità del ricorso nella sua interezza. Vediamo nel dettaglio le ragioni che hanno portato a questa decisione.
La Carenza della Querela: un Motivo Apparente
Il primo motivo di doglianza riguardava un vizio procedurale: secondo la difesa, mancava agli atti una querela valida, elemento indispensabile per poter procedere per il reato di furto. La Corte ha liquidato rapidamente questa argomentazione, definendola “indeducibile”.
Il motivo, infatti, non faceva altro che riproporre le stesse identiche questioni già sollevate e correttamente respinte dalla Corte di Appello. Gli Ermellini hanno sottolineato che un motivo di ricorso è “apparente” quando omette di assolvere la sua funzione tipica, ovvero quella di una critica puntuale e motivata contro la sentenza impugnata. In aggiunta, la Corte ha specificato che la querela della persona offesa conteneva l’esplicita richiesta di punizione del responsabile, fugando ogni dubbio sulla sua validità.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche e la corretta motivazione
Anche il secondo motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è stato giudicato manifestamente infondato. La difesa lamentava una carenza di motivazione da parte della Corte di Appello nel negare questo beneficio.
La Cassazione, al contrario, ha ritenuto la motivazione della corte di merito adeguata e sufficiente. I giudici d’appello avevano infatti basato la loro decisione su precisi indici di natura personale e fattuale che sconsigliavano la concessione di un trattamento di favore. Citando la propria consolidata giurisprudenza, la Corte ha ricordato che il giudice, nel negare le attenuanti generiche, non è obbligato a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma può limitarsi a valorizzare quelli ritenuti decisivi.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Il cuore della decisione risiede nel principio della specificità dei motivi di ricorso. La Suprema Corte ha ribadito che la “pedissequa reiterazione” di argomenti già esaminati e disattesi nel grado precedente rende il ricorso non specifico e, quindi, inammissibile. L’impugnazione deve instaurare un dialogo critico con la decisione impugnata, evidenziandone gli errori di diritto o i vizi logici, e non può limitarsi a riproporre le medesime tesi difensive. La mancanza di questa critica argomentata svuota il ricorso della sua funzione, trasformandolo in un atto meramente dilatorio.
Per quanto riguarda le attenuanti, la Corte conferma un orientamento pragmatico e funzionale: il giudice di merito ha un ampio potere discrezionale nella valutazione e, purché la sua decisione sia logicamente motivata sulla base di elementi concreti, essa è insindacabile in sede di legittimità. Pretendere un’analisi parcellizzata di ogni singolo dettaglio sarebbe contrario ai principi di economia processuale.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
L’ordinanza si conclude con una dichiarazione di inammissibilità e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione invia un messaggio chiaro agli operatori del diritto: un ricorso per Cassazione deve essere un atto tecnicamente elaborato, che si confronta specificamente con le ragioni della sentenza impugnata. Insistere su motivi generici, ripetitivi o manifestamente infondati non solo è inutile ai fini del giudizio, ma comporta anche conseguenze economiche negative per l’assistito. La via per la Suprema Corte richiede argomenti nuovi, pertinenti e capaci di incrinare la tenuta logico-giuridica della decisione contestata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i suoi motivi erano una mera e pedissequa reiterazione di argomenti già presentati e correttamente respinti dalla Corte di Appello, senza contenere una specifica critica argomentata contro la sentenza impugnata.
Come ha giustificato la Corte il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto che la Corte di Appello avesse adeguatamente motivato il diniego facendo riferimento a specifici indici di natura personale e fattuale. Ha ribadito che il giudice non è tenuto a esaminare tutti gli elementi, ma può basare la sua decisione su quelli ritenuti decisivi.
La presunta assenza di una querela valida era un motivo fondato?
No, la Corte ha ritenuto questo motivo infondato. Ha specificato che la querela presentata dalla persona offesa conteneva una chiara ed espressa richiesta di punizione del responsabile, elemento sufficiente a renderla pienamente valida ai fini della procedibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31468 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31468 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/01/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Messina, ha riqualificato il fatto come ipotesi di furto ex art. 624 cod. pen. ed ha rideterminato la pena in mesi otto reclusione ed euro 200,00 mi multa;
Rilevato che il primo motivo di ricorso -con cui il ricorrente denunzia violazione di legge vizio di motivazione in relazione al difetto di condizione di procedibilità, stante l’assenz querela in atti- è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente e correttamente disattesi dalla cort di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Considerato, in aggiunta a quanto già sostenuto dalla Corte di appello, che la querela della persona offesa contiene l’espressa richiesta di punizione del responsabile, il che sgombera il campo anche dai dubbi agitati dal ricorrente;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta il diniego del circostanze attenuanti generiche – è manifestamente infondato giacché la Corte di appello ha adeguatamente motivato sul punto, facendo riferimento agli indici di natura personale e fattuale che hanno imposto di non accedere al trattamento di favore (cfr. pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata). Tale interpretazione è ispirata alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il giudice, quando nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma può limitarsi a fare riferimento a quelli decisivi o comunque rilevanti (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME e altri, Rv. 248244);
Considerato che la doglianza sul trattamento sanzionatorio è del tutto generica;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2024.