Inammissibilità del Ricorso per Espulsione: La Cassazione Conferma la Pericolosità Sociale
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione valuti l’inammissibilità del ricorso quando le censure sollevate sono manifestamente infondate e ripetitive di questioni già adeguatamente decise nei gradi di merito. Il caso riguarda un cittadino straniero condannato per non aver ottemperato a un ordine di espulsione, il quale ha tentato di contestare la sentenza d’appello adducendo vizi di motivazione.
I Fatti del Caso: Violazione Persistente dell’Ordine di Espulsione
Il ricorrente era stato destinatario di un provvedimento di espulsione emesso dal Magistrato di sorveglianza, qualificato come misura di sicurezza a causa della sua accertata pericolosità sociale. Nonostante l’ordine, l’uomo non ha mai lasciato il territorio italiano. Anzi, nei due anni successivi all’espulsione, disposta nel 2021, ha continuato a delinquere, accumulando una condanna per resistenza, oltraggio a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e violazione della normativa sull’immigrazione.
La Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la sua responsabilità, respingendo le richieste della difesa.
I Motivi del Ricorso e l’Inammissibilità
Il difensore ha presentato ricorso in Cassazione lamentando tre principali vizi:
1. Vizio di motivazione sull’identificazione dell’imputato: Si contestava la certezza sull’identità fisica del condannato.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si richiedeva una riduzione di pena.
3. Mancata esclusione della recidiva: Si contestava l’applicazione dell’aggravante della recidiva.
La Corte Suprema ha rigettato tutte le censure, dichiarando l’inammissibilità del ricorso perché le doglianze erano mere riproposizioni di argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello.
L’Identità dell’Imputato: Nessun Dubbio per la Corte
La Cassazione ha sottolineato che non esisteva alcuna incertezza sull’identità dell’imputato. Le sue generalità erano state confermate non solo dagli atti di polizia giudiziaria e dal provvedimento di espulsione, ma anche dall’autorità consolare tunisina. Inoltre, lo stesso imputato, durante l’interrogatorio di convalida dell’arresto, aveva ammesso di essere il destinatario del provvedimento violato.
Il Diniego delle Attenuanti e la Conferma della Recidiva
Anche su questo punto, la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito. Non vi erano margini per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. L’imputato, definito ‘socialmente pericoloso’, non solo non si era mai allontanato dall’Italia, ma aveva continuato a delinquere. Questo comportamento è stato interpretato come sintomatico di una ‘accresciuta pericolosità’ e di una ‘sostanziale indifferenza verso il rispetto delle decisioni dell’Autorità giudiziaria’.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione della Cassazione si fonda sul principio che un ricorso non può essere accolto quando si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già vagliate nei precedenti gradi di giudizio, senza individuare vizi logici o giuridici evidenti nella sentenza impugnata. La Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale dell’imputato e la sua persistente condotta illecita giustificavano pienamente sia il diniego delle attenuanti sia la conferma della recidiva pluriaggravata. La violazione prolungata dell’ordine di espulsione, unita alla commissione di nuovi reati, è stata vista come una prova inequivocabile di indifferenza verso l’ordinamento giuridico e il suo effetto deterrente.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le censure devono riguardare vizi di legittimità e non possono limitarsi a una rilettura delle prove. La decisione di dichiarare l’inammissibilità del ricorso ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale. La sentenza sottolinea l’importanza del rispetto dei provvedimenti giudiziari e le gravi conseguenze per chi, con la propria condotta, dimostra un totale disprezzo per le leggi dello Stato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate erano doglianze di fatto, riproduttive di profili già adeguatamente esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, e non presentavano validi vizi di legittimità.
Quali elementi hanno impedito la concessione delle attenuanti generiche?
La concessione delle attenuanti generiche è stata impedita dalla accertata pericolosità sociale dell’imputato, dal fatto che non si è mai allontanato dall’Italia dopo l’ordine di espulsione e dalla commissione di ulteriori reati, dimostrando una persistente volontà di delinquere.
Come ha giustificato la Corte la conferma della recidiva pluriaggravata?
La Corte ha giustificato la recidiva ritenendola sintomatica di una ‘accresciuta pericolosità’ e di una ‘sostanziale indifferenza verso il rispetto delle decisioni dell’Autorità giudiziaria’. La violazione prolungata dell’ordine di espulsione, unita a precedenti condanne, ha reso corretta l’applicazione di tale aggravante.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28841 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28841 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 10/12/1978
avverso la sentenza del 13/12/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore, deduce vizio di motivazione con riguardo all’identificazione dell’imputato e violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva – sono inammissibili, perché doglianze in fatto, altresì riproduttive di profili di censura già del tutto adeguatamente vagliati dalla Corte di appello di Bologna.
Invero, detta Corte osserva che: – nessuna incertezza investe l’identità fisica dell’imputato, generalizzato negli atti di P.g. e nel provvedimento di espulsione come NOME (generalità confermate anche dall’autorità consolare tunisina), nulla deducendo al riguardo lo stesso imputato all’interrogatorio reso all’udienza di convalida dell’arresto , confermando anzi di essere destinatario del provvedimento di espulsione violato; – il provvedimento di espulsione fu a suo tempo adottato dal Magistrato di sorveglianza come misura di sicurezza in ragione della sua accertata pericolosità sociale; – l’imputato, socialmente pericoloso, come dallo stesso ammesso, non si è mai allontanato dall’Italia nei due anni successivi all’espulsione (disposta nel 2021), tornando anzi a delinquere (a suo carico risulta anche una sentenza di applicazione della pena per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e violazione d. Igs. n. 286 del 1998, commessi il 17 dicembre 2021) sicché non vi sono margini per il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; – per analoghe ragioni correttamente è stata ritenuta la recidiva pluriaggravata nei confronti dell’imputato, essendo sintomatica la violazione del provvedimento di espulsione per un lungo periodo di accresciuta pericolosità, perché espressione di sostanziale indifferenza verso il rispetto delle decisioni dell’Autorità giudiziaria, tanto più grave perché si coniuga con l’altrettanto conclamata indifferenza al pur auspicabile effetto deterrente connesso alle precedenti condanne. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 luglio 2025.