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Inammissibilità ricorso per cassazione: la guida

La Corte di Cassazione dichiara l’inammissibilità di un ricorso avverso una condanna per un reato edilizio. I motivi, ritenuti generici e non specifici, hanno portato a questa decisione. Di conseguenza, l’inammissibilità del ricorso per cassazione ha impedito la declaratoria di prescrizione del reato e ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inammissibilità ricorso per cassazione: quando i motivi generici costano caro

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante monito sulle conseguenze della presentazione di un ricorso con motivi generici. Il caso analizza l’inammissibilità del ricorso per cassazione e le sue pesanti ripercussioni, come l’impossibilità di far valere la prescrizione del reato e la condanna al pagamento di spese e sanzioni pecuniarie. Approfondiamo la vicenda per comprendere i principi di diritto applicati dalla Suprema Corte.

I fatti del caso: un ricorso contro una condanna per reato edilizio

Un soggetto, condannato per un reato previsto dall’art. 44, comma 1, lettera b), del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello. Le sue lamentele, o doglianze, si basavano su una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente criticava l’insufficienza della motivazione, la forzatura nell’interpretazione dei dati e il richiamo per relationem alla sentenza di primo grado, senza un’autonoma valutazione da parte del giudice d’appello.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione secondo la Corte

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le doglianze erano state formulate in modo meramente enunciativo, risultando prive della specificità richiesta dalla legge e completamente slegate da una critica puntuale e argomentata della motivazione della sentenza impugnata. In sostanza, il ricorso non rientrava in nessuna delle categorie di vizi che possono essere fatti valere in Cassazione, così come elencate nell’articolo 606 del codice di procedura penale.

Prescrizione bloccata: le conseguenze dell’inammissibilità

Una delle conseguenze più significative di questa decisione riguarda la prescrizione. La Corte, richiamando un principio consolidato delle Sezioni Unite (sentenza n. 12602 del 2015), ha ribadito che la declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità per il giudice di rilevare d’ufficio l’estinzione del reato per prescrizione. Questo vale anche se il termine di prescrizione fosse già maturato prima della pronuncia della sentenza d’appello, qualora non fosse stato eccepito in quella sede o dedotto con i motivi di ricorso. L’atto di impugnazione inammissibile è considerato come mai proposto, non potendo quindi produrre alcun effetto giuridico favorevole al ricorrente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. Il primo è la natura del ricorso: per essere ammissibile, un ricorso deve contenere critiche specifiche, pertinenti e argomentate contro la decisione impugnata, non mere affermazioni di principio. Nel caso di specie, il ricorso era talmente generico da non poter essere nemmeno considerato un valido atto di impugnazione. Il secondo pilastro è il consolidato orientamento giurisprudenziale che lega l’inammissibilità all’impossibilità di dichiarare cause di non punibilità come la prescrizione. La Corte ha inoltre citato la sentenza n. 86 del 2000 della Corte Costituzionale, sottolineando che non vi erano elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito ‘senza colpa’ nel determinare la causa di inammissibilità. Pertanto, l’esito non poteva che essere quello previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le conclusioni: condanna alle spese e alla Cassa delle ammende

In conclusione, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso. Questa decisione ha comportato due conseguenze economiche dirette per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese del procedimento e il versamento di una somma, fissata equitativamente in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve come chiaro avvertimento: un ricorso in Cassazione deve essere preparato con rigore e specificità, altrimenti il rischio non è solo quello di vedersi confermata la condanna, ma anche di subire ulteriori sanzioni economiche e perdere la possibilità di beneficiare di cause estintive del reato.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi di doglianza erano meramente enunciati, privi di specificità e slegati da una critica puntuale alla motivazione della sentenza impugnata, non rientrando così nelle categorie previste dall’art. 606 del codice di procedura penale.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione ha impedito di dichiarare la prescrizione del reato?
Sì, la Corte ha confermato che la declaratoria di inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare d’ufficio l’estinzione del reato per prescrizione, anche se questa fosse maturata in una fase precedente del giudizio.

Quali sono le conseguenze economiche per chi propone un ricorso inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità, in assenza di colpa scusabile, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo specifico caso è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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